Maurizio Zamparini, il genio inquieto
Chiude gli occhi, ma non è in pace. Non è mai stato in pace. L'aria di Palermo lo avvolge mentre il taxi sfreccia, senza meta, per le strade che conducono lontano dalla Favorita. È domenica, la sua squadra gioca, ma lui, Maurizio Zamparini, il presidente che ha osato sognare in grande dove regnava la mediocrità, non può assistere. La tensione è troppa, la scaramanzia è un demone che non lo abbandona.
Ascolta la radiocronaca, ma se si spazientisce, ordina al tassista di spegnere tutto e aspetta aggiornamenti via sms dai figli, riservandosi il piacere (o il tormento) di rivedere la partita solo sul divano di casa.
Questo è Zamparini: un visionario in costante fuga da sé stesso e dal suo stesso genio. Oggi, lo raccontiamo in un tempo sospeso, quello in cui la sua figura, ingombrante e romantica, si staglia come un monumento all'ultima grande follia del calcio italiano.
Dalla Pianura Friulana all’utopia del Pallone
L'uomo che maneggia il destino di migliaia di tifosi nasce in Friuli, a Bagnaria Arsa, da una famiglia contadina. Sogna il campo da calcio, un attaccante che arriva fino all'Interregionale prima di capire che il vero destino passa per l'imprenditoria.
È un pioniere. Negli anni Settanta, fonda la EmmeZeta (le sue iniziali), creando in Italia il concetto di "mercatone" a basso costo. A neanche trent'anni, rivoluziona la grande distribuzione commerciale. Poi nel 2001 decide di vendere la EmmeZeta al gruppo francese Conforama per circa 1.000 miliardi di lire. Per Zamparini, il pallone è un richiamo irresistibile, un sogno abortito che deve per forza realizzare.
Il primo assaggio di presidenza è il Pordenone in C2, a metà anni Ottanta. Ma è a Venezia che il suo spirito vulcanico prende fuoco. Rileva il club lagunare, di cui è sponsor, nel 1987, salvandolo dal fallimento e fondendolo, in un atto che desta scandalo e polemiche tra i tifosi, con il Mestre. Ironia della sorte, la fusione tra le due squadre libera un posto in C2 che viene occupato dal Palermo, un club appena fallito e che sarà nel destino del Presidente.
Zamparini in riva alla laguna mantiene la sua promessa iniziale: in quattro anni il Venezia raggiunge la Serie B con Alberto Zaccheroni in panchina. Poi, nel 1997, dopo trent'anni di assenza, la squadra veneta torna in Serie A sotto la guida di Walter Novellino.
In Laguna nasce il suo tratto distintivo di "mangia-allenatori": ben 21 tecnici in 15 anni. Sotto le sue grinfie passano futuri CT azzurri come Gian Piero Ventura, Cesare Prandelli e Luciano Spalletti, quest'ultimo esonerato, sembra, perché colpevole di vestire sempre di nero, un dettaglio che non piace al superstizioso patron.
Il “furto di Pergine” e la nascita del mito rosanero
Il vero capolavoro, la vera epopea che segna la sua storia, arriva con nell'estate del 2002. Zamparini è deluso e arrabbiato. A Venezia la giunta comunale boccia il suo progetto per la costruzione del nuovo stadio sulla terraferma. Non sopporta l'immobilismo e la burocrazia che, come dirà lui stesso, “bloccano lo sviluppo del calcio”. L'idea è matura: lascia la Laguna e acquista il Palermo da Franco Sensi per 15 milioni di euro.
Le modalità di questo trasferimento sono da leggenda picaresca. L'allora allenatore del Venezia, Ezio Glerean, è in ritiro a Pergine Valsugana con la sua squadra. Zamparini, con un colpo di mano degno di un corsaro, carica letteralmente su un pullman lui e 12 calciatori (tra cui il portiere Rossi, i difensori Bilica, Conteh e Modesto, e gli attaccanti Di Napoli e Maniero) trasferendoli in blocco a Longarone, sede del ritiro rosanero. Questo atto, passato alla storia come il "Furto di Pergine," desta scandalo ma prefigura la grandezza e l'imprevedibilità della sua gestione societaria.
A Palermo, una città che sogna il grande calcio e sfiora l'oblio dopo decenni di mediocrità (solo 13 campionati di Serie A tra il 1945 e il 2002), Zamparini porta l'idea di grandezza. In sole due stagioni, la squadra riconquista la Serie A dopo 31 anni, guidata da Francesco Guidolin (subentrato a Silvio Baldini) e trascinata dai 30 gol di Luca Toni, il primo vero grande bomber dell'era Zamparini
Il presidente diventa l'eroe della città tanto che gli viene concessa la cittadinanza onoraria. Con Zamparini, Il Palermo vive i suoi anni d'oro, una squadra che entra stabilmente nel gruppo delle dieci più forti d'Italia qualificandosi per la Coppa UEFA in quattro occasioni e per ben due volte sfiorando la Champions League per una manciata di punti.
In questo periodo glorioso, il Palermo si guadagna il soprannome di "ammazzagrandi," capace di battere le big del calcio italiano. È indimenticabile, nel 2005, la vittoria casalinga, da neopromossa, contro la Juventus.
La fabbrica dei campioni: da Toni a Dybala
Zamparini non guida solo una squadra, crea una fucina di sogni, una vera e propria "fabbrica di campioni". Con l'aiuto di direttori sportivi di talento come Rino Foschi e Walter Sabatini, scova e valorizza gioielli purissimi, generando allo stesso tempo corpose plusvalenze.
La lista dei talenti che vestono negli anni la maglia rosanero è vertiginosa:
- I Campioni del Mondo 2006 che in quel momento o da poco hanno vestito il rosa e il nero: Fabio Grosso, Andrea Barzagli, Cristian Zaccardo e Simone Barone, oltre a Luca Toni
- Edinson Cavani, scoperto in Uruguay prima ancora di compiere 20 anni
- Fabrizio Miccoli, il capitano, il giocatore che segna più gol di chiunque altro con questa maglia (74 reti)
- Javier Pastore, pura classe cristallina, il cui trasferimento al PSG nel 2011 riempie le casse del club con 42 milioni di euro
- Paulo Dybala, "u picciriddu", arrivato per 12 milioni e rivenduto a peso d’oro alla Juventus.
- Franco Vázquez, "El Mudo", l'ultima grande scoperta sudamericana che porta spettacolo al Barbera
La sua grandezza sta proprio in questa capacità, nel saper riconoscere "la scintilla della bellezza" nei giovani calciatori.
Sessantasei esoneri e un solo amore
Se il talento scovato è il suo punto di forza, il suo tallone d'Achille sono gli allenatori. Zamparini detiene il record dell'aver esonerato, in trentadue anni di presidenza, ben 66 allenatori.
La stagione più caotica e falcidiata dagli esoneri fu quella del 2015-2016, quando la panchina del Palermo cambiò guida tecnica per otto volte. In quell'annata si susseguirono Giuseppe Iachini, Davide Ballardini, Fabio Viviani, Giovanni Bosi, la coppia Giovanni Tedesco e Guillermo Barros Schelotto, Walter Novellino (che ha sostituito Iachini tornato per un breve periodo) per poi concludersi nuovamente con Davide Ballardini.
Ormai è nota l'impulsività con cui Zamparini prende le decisioni, spesso "poco razionali", infatti Iachini e Ballardini vengono esonerati entrambi dopo una vittoria in campionato, un fatto più unico che raro. Oppure l’esonero di Stefano Pioli, sollevato dall'incarico addirittura prima dell'inizio del campionato 2011/2012, un record.
A testimonianza del suo carattere tormentato, lui stesso confessò: "Il 70% delle volte me ne pento".
Ma il culmine emotivo della sua presidenza palermitana arriva con la finale di Coppa Italia del 2011, persa contro l'Inter (3-1). Quella notte, oltre 40.000 tifosi rosanero invadono Roma, un'immagine di passione che resterà per sempre la "cartolina più bella della mia avventura in Sicilia".
La malinconia del tramonto
Purtroppo, dopo il 2011, il disimpegno economico diventa evidente. Zamparini inizia a gestire la società prevalentemente attraverso le plusvalenze. Come a Venezia, anche a Palermo, l'impossibilità di realizzare il nuovo stadio acuita dalle difficoltà finanziarie della società segnano un lento e inesorabile declino.
La gestione diventa un peso insostenibile. La storia di Zamparini con il Palermo e il calcio si conclude definitivamente, dopo tanti tentativi falliti di cessione della squadra rosanero, nel 2018. Pochi mesi dopo dalla sua uscita di scena, il Palermo fallisce
La fine di questa grande parabola, però, è avvolta anche da un dolore privato, straziante e troppo umano. Nell’ottobre del 2021 il figlio più giovane Armando muore improvvisamente a soli 23 anni a Londra. Zamparini da quel momento si lascia andare piano piano. Una perdita talmente dolorosa che anche un presidente con la sua tempra non riesce a reggere.
Maurizio Zamparini scompare nel febbraio 2022 all'età di 80 anni lasciando il mondo del calcio come aveva vissuto: tra gioie incredibili, polemiche inaudite e la consapevolezza di aver regalato, seppur nel caos, un periodo di sogni e fasti mai visti prima nelle città che ha amato.
Nonostante il caos, le polemiche, i litigi con la stampa e i 66 allenatori, rivive in noi il ricordo di un presidente atipico, che ha osato sfidare i giganti e che, con la sua passione sregolata, ha regalato un periodo di sogni indimenticabili prima a Venezia e soprattutto a Palermo poi.
Quel calcio ribelle e sentimentale è finito con lui. E forse, la sua assenza, lascia oggi un vuoto incolmabile, proprio come quella panchina che lui non riusciva mai a lasciare tranquilla.
Racconto a cura di Biagio Gaeta