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Palermo e le coppe maledette

Un trofeo, considerato lo scudetto del meridione, scomparso e mai ritrovato. La cancellazione del torneo anglo-italiano, nell'anno della prima qualificazione, che dissolve sul nascere il sogno Wembley. È il sortilegio tra il Palermo e le Coppe.
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Palermo e la maledizione delle coppe - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Non una scomunica profetizzata da avversari o da protagonisti frustrati; non c’è un Bela Guttmann di turno o una sorta di maledizione dei sette gatti neri divulgata da tifosi rivali. No, non è quello. Si tratta della suggestione di un popolo caloroso e passionale che ha troppe volte accarezzato l’idea di mettere in bacheca un cimelio da mostrare, con orgoglio e rivalsa a tutti, senza mai riuscirci.

La Lipton Cup scomparsa

“Una coppa alta quasi un metro che ribalta ogni luogo comune, il Sud che organizza una competizione che fa invidia…sette edizioni giocate con Palermo campo principale delle fasi finali. Il Palermo l’ha vinta 5 volte; la Coppa mai più ritrovata portava il nome del grande industriale del Tè inglese: Thomas Lipton.” 

Questa la narrazione di Giovanni Tarantino, massimo esponente della storia del calcio in rosanero e direttore del Palermo Museum, che in una puntata del podcast "Pezzi da Museo" racconta l’epopea della Lipton Cup. 

Una competizione avanguardista che assegnava il titolo di squadra regina del meridione, in un tempo in cui il foot-ball, sia per diffusione che per agonismo, divideva in due l’Italia. Le squadre del Nord che snobbavano quelle del Sud vincendo a mani basse i primi titoli nazionali. Proprio per questo il magnate del te’ Sir Thomas Lipton, grande appassionato del gioco che i britannici esportarono dal mare, decise di finanziare una competizione con Napoli e Palermo anime pulsanti del pallone. In palio una Coppa bellissima che, per regolamento, si aggiudicò definitivamente il Palermo con cinque edizioni vinte.

Quel trofeo tutto in argento ad oggi è irreperibile, inghiottito da uno dei tanti misteri di una terra che spesso segna il destino di uomini, storie e successi. Verosimilmente fu letteralmente sciolto durante la raccolta di metalli preziosi per le riserve belliche di guerra. Un po’ come tentato dai nazisti con la Coppa Rimet, salvata dal presidente della Figc Ottolino Barassi che la nascose in una scatola di scarpe.

L’arcano della Lipton fu l’inizio di un granitico incantesimo costantemente presente nel corso dei primi 125 anni di storia del Club.

Il sogno Wembley e le coppe di Serie C

Nell’ultima decade del secolo scorso fu messo di nuovo in piedi il torneo anglo-italiano. Una manifestazione che ha visto la luce ad inizio anni ‘70 e che nel corso del tempo ha dovuto piegarsi alle diverse volontà delle due federazioni coinvolte. Nella stagione 1992-1993 il torneo fu ripristinato, con la partecipazione di 8 squadre della Serie B italiana e altrettante di Division One inglese, l’attuale Championship. Il regolamento prevedeva due gironi all’italiana da otto squadre, con semifinali andata e ritorno. La finalissima era prevista nel suggestivo scenario dello Stadio Wembley a Londra, tempio del football mondiale. 

Nel 1995-1996 il Palermo fu protagonista di un’annata fantastica, conquistando la qualificazione al torneo anglo-italiano e regalando sogni di gloria ad un’intera tifoseria. Fu la stagione dei “picciotti”: un manipolo di ragazzi cresciuti nel vivaio rosanero e nati in terra panormita che all’esordio nella cadetteria lottarono a lungo anche per la promozione nella massima serie. I vari Tanino Vasari, Giacomo Tedesco, Ciccio Galeoto, Giovanni Di Somma e tanti altri assieme agli esperti Beppe Iachini, Gianluca Berti , capitan Biffi & co. Guidati in panchina da Mister Ignazio Arcoleo. 

La vetrina fu lo strepitoso percorso in Coppa Italia. A farne le spese il Parma di Zola e del pallone d'oro Stoichkov liquidato con un secco 3-0 e il Vicenza, nel turno successivo, sconfitto di misura. L’eliminazione nei quarti ad opera della Fiorentina non lasciò l’amaro in bocca ai ragazzi di Arcoleo

Nel campionato il piazzamento finale fu l’ottavo posto e il diritto a partecipare alla competizione con vista Wembley.
Ma la beffa era dietro l’angolo. La difficoltà di collocare i match nel calendario stagionale e il costante disinteresse dei mezzi d'informazione e degli stessi club che vi schieravano squadre imbottite di riserve, portarono alla cancellazione del torneo proprio all’inizio di quell’edizione. 

La possibilità di varcare l’Empire Stadium così sfumò per quella generazione di tifosi che appena qualche anno prima aveva vissuto anche due finali consecutive di Coppa Italia di serie C perse, nel ‘90 e nel ‘91. Quella del 1990 in un giorno di festa per tutta la città, con l’inaugurazione della nuova “Favorita” appena restaurata in vista dei mondiali italiani di quell’estate. 

La Coppa fu comunque alzata al cielo nel 1993, battendo nel doppio confronto finale il Como. Una piccola compensazione rispetto a quanto accadde, e accadrà in seguito, nella competizione nazionale. 

Stadio Olimpico di Roma - 23 maggio 1974

Nella stagione 1973-1974 il Palermo militava in serie B, senza alcuna velleità di promozione. Un campionato da metà classifica per i rosanero, ma con qualcosa di inaspettato che prende forma in Coppa Italia.

Il capitano di quella squadra era Ignazio Arcoleo, colui che diventerà anni dopo l’allenatore dei “picciotti”. Palermitano verace nativo della borgata marinara di Mondello,lasciamo solo alla sua narrazione il racconto di quell’avventura divenuta incubo: 

“Non c’è dubbio che il 73-74 fu il campionato di Corrado Viciani e dell’ultima moda in fatto di calcio che, sul modello olandese, aveva lanciato in Italia il gioco corto…la squadra anche se non venne promossa compì quel salto di qualità che, in un crescendo entusiasmante eliminando Fiorentina e Juventus, l’avrebbe portata alla finale dell’Olimpico contro il Bologna. E qui furono sicuramente l’esperienza e la malizia a venir meno impedendoci di portare a casa una Coppa che dopo lo splendido gol di Magistrelli nel primo tempo ci eravamo ampiamente meritati” – poi  il centrocampista rosanero continua nella narrazione “ Ho ancora davanti gli occhi l’episodio raggelante del rigore che, complice l’arbitro Gonnella, consentì al Bologna di pareggiare a tempo scaduto e con il Bologna in dieci uomini per l’espulsione di Bob Vieri. Aspettavamo solo il fischio finale, ma ad un tratto per un fallo laterale a favore nostro, Savoldi strappò la palla letteralmente dalle mani di Pighin ed eseguì’ la rimessa laterale senza che l’arbitro di gara intervenisse”

Poi rincara, con grande amarezza, per l’episodio che lo vide incolpevole protagonista. “Ricordo che ci fu un attimo di sbandamento generale perché ci aspettavamo che l’arbitro facesse rettificare l’assegnazione della rimessa. La palla correva alta verso di me: mi gettai di testa mentre dal canto suo Bulgarelli cercava di colpire il pallone al volo. Centrai la palla, ma nel contrasto Bulgarelli cadde e Gonnella non trovò di meglio che farsi perdonare per l’espulsione di Vieri assegnando un rigore inesistente. Scaduti senza altri gol anche i supplementari, l’arbitro fu parziale anche durante l’esecuzione dei tiri di rigore facendo ribattere al Bologna un rigore che Girardi aveva già parato. Perdemmo cosi 5-4”

Parole pubblicate sul libro “Calcio Palermo” di Giovanni Giordano edizione Giada e che rileggendole oggi sembrano urlare rabbia per il furto subito; lacrime inconsciamente antesignane di altre finali perse.

Stadio San Paolo di Napoli - 20 giugno 1979

5 anni dopo, il Palermo centra un’altra finale di Coppa Italia. Sempre da outsider, ancora una volta protagonista di un’anonima stagione in Serie B, ma con la speranza di regalare un sogno ad una città intera e al presidentissimo Renzo Barbera. 

L’avversario è ostico, quasi insuperabile. La Juventus del Trap dei vari Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli, Bettega e tanti altri.

Il San Paolo era una bolgia rosanero. Tanti i tifosi che dal capoluogo siciliano giunsero fino a Napoli. In auto, in treno e anche via mare con il mitico “Postale”, quel collegamento per nave che storicamente, fin dai tempi dei Borboni, portava in ventre la corrispondenza tra la Sicilia ed il resto del continente. 

La veemente attesa per quella finale è anche raccontata nell’episodio 9 della prima stagione della serie televisiva di Pif “La Mafia uccide solo d’estate” .

La gara sembrò ricalcare la finale del 1974. Il gol lampo, dopo appena cento secondi, di Vito Chimentì illuse Mister Veneranda e soci. 

Quella rete fu vista in diretta televisiva per puro caso. La finale passò alla storia in quanto mai interamente raccontata. Per un difetto di programmazione la ReteDue decise di trasmettere solo il secondo tempo, ma durante il Tg2 della sera il salto di linea con il San Paolo permise di vedere in diretta la rete di Vito-gol. In bianco e nero, nell’epoca dove ormai il technicolor era all’ordine del giorno.

Nel tabellino finale ci pensarono Brio al 83’ e poi Causio, un ex, tre minuti prima dei tiri di rigore a decretare l’ennesima serata amara per i rosanero.

Stadio Olimpico di Roma - 29 maggio 2011

E’ ancora vivo il ricordo dell'esodo palermitano nella capitale per la terza finale di Coppa, stavolta contro l'Inter. Non più da underdogs: per il Palermo difatti è la prima comparsa all’ultimo atto da partecipante alla massima serie.

Il ruolo da outsider calzava stretto agli uomini di Delio Rossi, ma i favori del pronostico pendevano comunque per i nerazzurri reduci dal triplete della stagione precedente.

Nelle vie capitoline si respirava un'aria magica, tinta di quella passione che solo il popolo rosanero riesce da sempre a trasmettere.

Un percorso netto con ciliegina sulla torta l'eliminazione del Milan, neocampione d’Italia. Ancora oggi riecheggia nelle orecchie dei presenti il boato del Renzo Barbera al gol di Migliaccio, in semifinale, contro i rossoneri. Una gioia che riprenderà le fattezze del rammarico, della disperazione e della rabbia qualche settimana dopo all’Olimpico, in quel 29 maggio 2011. 

Per Miccoli, Pastore e compagni il 3-1 finale fu un passivo troppo pesante per una squadra fortissima e con recondite potenzialità. Una compagine, smantellata all'indomani di quel match, che con il senno di poi avrebbe potuto anche lottare per lo Scudetto nel campionato successivo. “Con i se e con i ma non si vince mai nulla” e il tifoso del Palermo ne è pienamente consapevole. Un tifoso che ha vissuto delusioni, retrocessioni , fallimenti ed anche una radiazione che nel 1986 ha reso orfana la quinta città d'Italia della propria squadra per un'intera stagione.

Quel “mai una gioia” è perfettamente in sintonia con il frame finale di quella sera all’Olimpico: il capitano avversario, Javier Zanetti, che alza al cielo quel trofeo troppe volte accarezzato e mai portato nella bacheca di Viale del Fante.

Gli eroi di Upton Park

Però la storia insegna che ci sono piccoli  traguardi da consegnare in dote alle futuri generazioni e che sembrano, loro malgrado, non dare abbrivio alla “maledizione”. 

Il Palermo è l'ultima squadra, e resterà tale a vita, ad avere espugnato il mitico Boylen Ground in una competizione europea . A Upton Park, nel primo turno della Coppa UEFA 2006-2007, bastò un gol di Caracciolo per scrivere un’indimenticabile pagina di storia.

Una vittoria eroica, in casa di quel West Ham di Tévez e Mascherano, da annoverare negli annali rosanero.

Siamo aquile

Il puzzle di questa storia, che dura da più di un secolo, si incastra perfettamente con il lancio della campagna abbonamenti post fallimento del 2019. Con Ignazio Arcoleo, si sempre lui, silenzioso, ma con lo sguardo fiero di quell’orgoglio identitario di indescrivibile Palermitanità: 


"Ci hanno detto che il nostro tempo è passato, che il nostro destino è già scritto, che non meritiamo un sogno o che non siamo abbastanza forti per realizzarlo. Ma c'è una cosa che questa città ci ha insegnato: nessuno può dirci quello che dobbiamo essere. Abbiamo radici forti, fame, lacrime e sangue che scorre; sappiamo che non basta un giorno e ogni giorno è una battaglia. Cadiamo, ci scrolliamo la polvere di dosso e ci rialziamo sempre. Qualcuno si può chiedere perché. È semplice: Siamo Aquile, siamo fatti per volare"

Forse è il destino di questo popolo, accontentarsi anche solo di un piccolo pezzo; ogni traguardo più grande appare inarrivabile, assorto da un misterioso e ingiusto sortilegio che sembra abbattersi ad orologeria sempre nel momento più bello. 

Racconto a cura di Giuseppe Vassallo

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