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Francesco Guidolin, l'uomo dei miracoli

Trasformava le squadre, portandole a livelli mai raggiunti nella propria storia. È successo a Vicenza, poi a Palermo, infine anche a Udine. Sottovalutato dalle grandi squadre, Francesco Guidolin è l’allenatore che ha reso accessibile quello che molti ritenevano impossibile
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Francesco Guidolin - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Vi può capitare di incontrarlo, per le sue strade, quelle che conosce come le piastrelle del salotto di casa sua.

Quasi sicuramente lo potrete vedere in sella alla sua bicicletta, una delle 3 grandi passioni della sua vita.

La prima è stata, ed è ancora, sicuramente il calcio. Al quale ha dato tanto, senza forse ricevere in cambio quanto avrebbe meritato. Manca, nel suo curriculum, la grande chance. L’occasione di giocarsela ai livelli più alti, al timone di una squadra in grado di vincere, o quantomeno di provarci.

La seconda è la provincia. Quella piccola porzione di mondo che lui, come pochi altri, ha saputo far sognare. Senza confini, da nord a sud. Con qualche scappatella, pure, fuori confine. Una realtà fatta di uomini, volti, caratteri diversi, con i quali si è sempre rapportato da uomo alla pari. E che ha imparato a conoscere, prima, e ad amare, subito dopo.

Francesco Guidolin è l’uomo dei miracoli. Un Re Mida della provincia, in grado di trasformare in oro ogni squadra sulla quale mettesse le mani.

Un Vicenza di nuovo Real

In principio fu Vicenza, il Vicenza. Ripiombato nella semioscurità calcistica, dopo i fasti degli anni di Savoini, Vinicio e Paolo Rossi.

Il primo club a dargli fiducia, dopo il frettoloso esonero di Bergamo.

Un gruppo di uomini, prima ancora che di giocatori, che il calcio che conta non lo avevano neppure mai immaginato. Salvo poi conoscerlo da protagonisti. Da Mimmo Di Carlo ad Antonino Praticò. Da Giovanni Lopez a Fernando Gasparini.

Guidolin a Vicenza raccoglie l’ottimo seminato di Renzo Ulivieri, e lo trasforma in un ricco menù fatto di corsa, talento e abnegazione.

Dopo la promozione, e il ritorno in serie A, il suo Vicenza si impone subito come squadra rivelazione, conquistando un nono posto che, qualche anno dopo, sarebbe pure valso l’Europa. Anche grazie all’ultimo regalo del presidente Pieraldo Dalle Carbonare alla squadra che ha da sempre amato: l’uruguaiano Marcelo Otero, detto l’Avioncito. In grado di dare gol e imprevedibilità, a una squadra ben disposta a lavorare per lui.

Nella stagione 1996/97 il capolavoro, suo e del club, un unicum nella storia biancorossa. A novembre il primo posto solitario, anche se provvisorio, in serie A. Laddove nemmeno G.B. Fabbri e i suoi ragazzi del Real Vicenza erano riusciti anni prima. A maggio, addirittura, la conquista della Coppa Italia. Primo e unico trofeo a popolare la bacheca del club.

Quindi la cavalcata europea, l’anno dopo, in Coppa delle Coppe. Fino a quel gol in semifinale, regolare, annullato a Pasquale Luiso a Stamford Bridge, che avrebbe, non solo eliminato il Chelsea, ma pure permesso ai veneti di scrivere una delle pagine più belle dello sport italiano.

Il Palermo più bello

Quasi 1500 chilometri più a sud di Vicenza c’è Palermo, la bella Palermo. Al netto della distanza considerevole, c’è un filo rosso che lega le due città. E risponde sempre al nome di Francesco Guidolin, il mister pronto a un altro miracolo, dopo le esperienze a Udine (praticamente un sopralluogo) e Bologna.

Guidolin arriva nel capoluogo siciliano per allenare una squadra costruita per uccidere la serie B. Ma che, con Silvio Baldini, pareva più una Ferrari parcheggiata in salotto.

Il mister centra la promozione a fine anno, riportando i rosanero in serie A 31 anni dopo l’ultima volta. Ma non è questa la vera impresa, perché quel Palermo, con gente come Corini, Barzagli, Toni, Zaccardo e Brienza non poteva avere destino diverso.

L’anno dopo la squadra riesce pure a qualificarsi per la Coppa Uefa. E l’anno dopo ancora sfiora addirittura l’obiettivo Champions League, con un quinto posto finale che è un primato nella storia del club siciliano.

Una squadra che è un inno alla gioia, ricca di talenti e capace di farne crescere molti altri. In grado di far innamorare non solo i tifosi, ma pure il presidente che più di tutti, nella storia del calcio italiano, ha sempre avuto il difetto di disinnamorarsi facilmente. Guidolin, infatti, è l’allenatore più longevo del libro paga di Maurizio Zamparini.

E, viste le emozioni che l’allenatore di Castelfranco ha fatto vivere al proprio patron, non poteva essere altrimenti.

L’Università del calcio di Udine

Dopo un lungo peregrinare, tra Montecarlo, Parma e di nuovo Palermo, ecco il ritorno al nord dell’uomo dei miracoli. Un altro ritorno, stavolta a Udine, dove sente di aver lasciato qualcosa di incompiuto.

Alla guida dei friulani, Guidolin più che una squadra mette in piedi una università di calcio. Dove giovani studenti e apprendisti, provenienti da tutto il mondo, secondo la filosofia da sempre seguita dai Pozzo, possono venire a imparare il giuoco del pallone, per poi spiccare il volo verso palcoscenici, non ce ne voglia il popolo udinese, ben più prestigiosi.

Il merito della proprietà è quello di credere nelle sue capacità anche quando la squadra stagna, dopo 6 giornate, all’ultimo posto, dopo aver provato tutti i moduli possibili, senza trovare la quadra. Una cosa non scontata, se si pensa che, con lo stesso allenatore, anni prima erano arrivati quasi allo scontro frontale.

Guidolin e la sua Udinese ripagano la fiducia spiccando letteralmente il volo. La squadra friulana è un’autentica gallina dalle uova d’oro per la famiglia Pozzo, che con gli introiti dovuti alla valorizzazione dei giovani, si ritrova tra le mani un tesoretto da spendere in uno stadio nuovo, e da investire negli anni venturi, senza rischiare il tracollo finanziario.

Sono tanti i nomi dei giocatori che Udine ha visto transitare, e saputo far crescere. Handanovic, Zapata, Inler, Sanchez, Benatia, Zielinski, Allan, Muriel, Cuadrado e tanti tanti altri. Poi ci vogliono i gol, chiaro. E quelli ce li mette un ottimo vecchietto, come Totò Di Natale. Ed ecco che il piatto è servito.

L’Udinese di Guidolin replica quanto già visto con Zaccheroni, arrivando fino alla Coppa dei Campioni. Quei dannati, maledetti playoff di Champions League, sempre persi. Prima contro il Braga, poi contro l’Arsenal, a causa di un disgraziatissimo rigore tirato alla Panenka dal presuntuoso Maicosuel.

Nella stagione 2011-2012 in bianconeri, con ben 64 punti, finiscono addirittura nel gradino più basso del podio, della serie A.

Un altro miracolo, l’ennesimo dell’uomo che meglio di altri li sapeva fare.

Non lieto fine, ma happy ending

Manca solo il lieto fine, ma risparmiate il vostro tempo.

Non leggerete qui la storia di quando finalmente una big del nostro calcio si è accorta delle qualità, umane e sportive, di Francesco Guidolin. Semplicemente perché non è successo.

Troppo onesto intellettualmente, troppo poco bravo, forse, a vendere le sue idee. È arrivato nel calcio da uomo semplice, che alle urla e alle polemiche ha sempre preferito un buon giro in bicicletta per schiarirsi le idee. E così ha voluto rimanerci, in questo universo. Fino ad uscirne, con l’ultima esperienza che lo vede in Premier League, sulla panchina dello Swansea.

Un capriccio, l’ultimo. Allenare nel campionato più affascinante del mondo. Quello più seguito. Dove pochi altri allenatori del Bel Paese riescono ad arrivare.

Lui ce l’ha fatta. Lui, che dopo il famoso cucchiaio di Maicosuel, in un momento in cui avrebbe legittimamente potuto prendersela col mondo, ha preferito dire, a caldo ai microfoni: “evidentemente sono io che non sono abbastanza bravo da condurre una squadra a livelli così alti, fino alla Champions League”.

No Mister, tu sei speciale. E se nessuno là sopra, nei salotti buoni, se n’è accorto, ci pensiamo noi, amanti del calcio di Provincia, a dirtelo e a scriverlo sui muri. Dicendoti anche grazie, per le emozioni che ci hai fatto vivere.

Scopri un'altro Re Mida che trasfromava i giovani in oro: Dario Gradi, Il lanciatore di talenti

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