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L'Aida di Carlo I

Una nuova proprietà, un nuovo giovane allenatore, Carlo Ancelotti, e una squadra davvero fortissima. Il Parma arriva secondo nel 1996/1997. Una stagione memorabile e storica per tutto il popolo gialloblù.
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Carlo Ancelotti allenatore del Parma - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Nel 1870 Isma’il Pascià, khedivè (vicerè) d’Egitto, commissiona a Giuseppe Verdi un inno per celebrare l’apertura del Canale di Suez, avvenuta l’anno precedente, e l’inaugurazione del Teatro Dell’Opera del Cairo, a fronte di un lauto compenso. Il compositore parmense, inizialmente scettico, in quanto poco abituato a comporre opere “ad hoc”, senza che esse siano dettate dalla propria ispirazione, e non molto propenso ad affrontare un lungo viaggio per mare, decide alla fine, dopo lunga mediazione, di accettare.

Molti anni più tardi, e siamo nel 1996, il neopresidente del Parma Stefano Tanzi, figlio dell’imprenditore Calisto, consegna la panchina della squadra gialloblu a un giovane emergente allenatore di nome Carlo Ancelotti, con il mandato di mettere in campo una squadra che faccia sognare tifosi e città, giocandosela con le grandi del calcio italiano.

Se l’Aida resterà nella storia come il più importante dei capolavori del magnifico Giuseppe Verdi, quel Parma sarà ricordato come l’opera prima dell’imperatore Carlo, che ancora oggi domina nelle proprie campagne europee.

Quel Parma, infatti, non solo riuscirà nell’intento di far appassionare tutta la città, costringendo la proprietà a ri-ammodernare lo stadio Ennio Tardini. Ma arriverà a un passo dall’impresa leggendaria, giungendo secondo in quella che, allora, era una Serie A ultra-competitiva.

Cambio al vertice

Questa storia comincia, come spesso accade, con un cambio al vertice. Nell’estate del 1996 la famiglia Tanzi, proprietaria dell’impero Parmalat, compra il Parma Calcio, defenestrando di fatto sia l’ex presidente Giorgio Pedraneschi sia il direttore generale Giambattista Pastorello, ovvero gli artefici della risalita del club negli anni precedenti, partito dalle serie inferiori e arrivato a conquistare dei successi clamorosi: Coppa Italia, Coppa delle Coppe, Coppa UEFA e Supercoppa Europea.

Stefano Tanzi prende la presidenza della società. Come dg viene scelto Riccardo Sogliano, Michele Uva sarà il nuovo direttore esecutivo.

Cambia anche la guida tecnica: tanti saluti e grazie a Nevio Scala, il maestro del Parma di inizio decennio.

Per trovare il nuovo allenatore si va poco distante, nella vicina Reggio Emilia. Viene scelto infatti un giovane Carlo Ancelotti, ex leggenda di Milan e Roma, che sulla panchina della Reggiana ha da poco iniziato a muovere i suoi primi passi da allenatore.

Ecco, per capire il perché dello scetticismo iniziale del pubblico gialloblù, andate a Parma a chiedere cosa ne pensano della Reggiana, e viceversa.

Per questo motivo si può tranquillamente dire che il nuovo Parma targato Tanzi inizi con un vero e proprio azzardo.

La corazzata gialloblù

A un giovane allenatore fa però da contraltare una squadra che oggi si potrebbe definire una autentica corazzata.

In porta Gigi Buffon è già una certezza, da circa un anno. E Luca Bucci rimane una chioccia affidabilissima per il giovane portiere.

La linea difensiva si presenta da sola: Thuram e Cannavaro sono già in rampa di lancio nelle rispettive nazionali, Ze Maria già si contende, con Cafu, un posto nel Brasile. Ad accompagnarli i più esperti Mussi, Apolloni e Benarrivo.

In mezzo al campo la sostanza di Dino Baggio e Massimo Crippa, in un reparto che verrà impreziosito a novembre dall’arrivo del croato Mario Stanic dal Club Bruges.

Davanti, beh, che dire? Melli e Zola sono già nella storia del club. Dalla Sampdoria arriva uno dei più promettenti attaccanti italiani in circolazione, Enrico Chiesa, capace l’anno precedente, in blucerchiato, di timbrare 22 gol in 27 partite.

E poi, dalla meravigliosa scuola calcio del River Plate, arriva colui che sarà la stella del Parma, anche per gli anni a venire: Hernan Jorge Crespo, detto “Valdanito” per via della somiglianza con l’ex stella del Real Madrid Jorge Valdano.

A questi si aggiunge uno straordinario jolly come Nestor Sensini, capace di giocare all’occorrenza praticamente in tutti i ruoli del campo, senza colpo ferire.

Ad Ancelotti il compito di dare qualità ed equilibrio a questa squadra, cercando di ritagliare per tutti un vestito su misura.

Solo con uno di questi talenti non ci riuscirà: Gianfranco Zola.

L’esperimento di schierarlo esterno di centrocampo non funziona, con l’attaccante sardo che a metà stagione deciderà di prendere armi e bagagli e di andare al Chelsea, dove per tutti diventerà “Magic Box”.

E Ancelotti parlerà di Zola come dell’”unico vero rimpianto della propria carriera da allenatore”.

Un avvio balbettante

Se la prima rappresentazione dell’Aida di Verdi, avvenuta al Cairo il 24 dicembre 1871, fu un grande successo di pubblico, tanto da costringere il maestro a continue interruzioni, per via degli scroscianti applausi, altrettanto non si può dire per quel primo Parma di Carletto Ancelotti.

Dopo un avvio incoraggiante, con il 3 a 0 al Napoli all’esordio e la vittoria nel derby al Tardini contro la Reggiana, la squadra inizia a zoppicare, soprattutto in trasferta. E viene pure eliminata, al primo turno, dalla Coppa Uefa, per mano di un Vitoria Guimaraes che non pareva, alla vigilia, così ostico.

Va in vantaggio, sia a Milano contro l’Inter sia a Udine, salvo poi subire 3 gol in ciascuna partita. A Vicenza, contro una delle rivelazioni del campionato, si salva solo grazie al classico “tiro della domenica” di Benarrivo, dopo che i biancorossi, con Maini, si erano portati in vantaggio.

La vittoria con il Milan, a San Siro, nel match pre-natalizio, firmata Stanic, dona un po’ di tranquillità alla squadra, che lavora bene durante la sosta, e comincia il 1997 col botto, battendo la Juventus di Lippi, strafavorita per la vittoria finale, al Tardini 1 a 0, con gol di Chiesa dopo soli 2 minuti.

La settimana successiva Pietro Strada decide l’altro derby emiliano, contro il Bologna. Da quel momento in poi quella del Parma diventa un’autentica cavalcata.

Chiesa e Crespo non smettono di segnare. La difesa diventa imperforabile, e a fine stagione sarà la seconda meno battuta dell’intera Serie A, con soli 26 gol subiti.

L'addio al titolo

Due le partite che di fatto tolgono ai ducali il sogno scudetto.

La prima, e forse la più inaspettata, è la sconfitta interna contro l’Udinese, con reti decisive di Pierini e Bierhoff, su calcio di rigore.

La seconda, una specie di “dentro o fuori”, a Torino contro la Juventus, alla terzultima di campionato. Gialloblù avanti grazie a un autogol di sua maestà Zinedine Zidane. Pareggio bianconero su rigore (molto dubbio) concesso da Collina e trasformato da Nicola Amoruso.

Il Parma a fine anno chiuderà, con 63 punti, in seconda posizione, a due sole lunghezze dalla Juventus campione.

Miglior piazzamento di sempre, nel massimo campionato, nella storia del club. E prima storia qualificazione per la Coppa dei Campioni, che oramai tutti già chiamano Champions League.

I successi del Parma continueranno negli anni a venire, almeno fino al crac della Parmalat, e di tutto il suo impero.

Ma quella squadra, opera prima di colui che oggi può tranquillamente essere considerato come l’allenatore migliore al mondo, verrà per sempre ricordata. Proprio come l’Aida, che suona al Tardini prima di ogni partita dei gialloblù, del parmense doc Giuseppe Verdi.

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