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Emiliano Bonazzoli, il lungo dello stretto

Il corazziere giramondo idolo di tifosi reggini e doriani capace - tra campo e panchina - di mettersi in gioco in qualsiasi categoria (calcio femminile compreso). Emiliano Bonazzoli, ariete vecchio stile, razza estinta di un rimpianto pallone amarcord.
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Emiliano Bonazzoli - Illustrazione di Tacchetti di Provincia

Rimessa dal fondo. Il portiere non calcia, ma va dal centrale che è lì, ad un passo, poco pressato. Pallone al braccetto di destra che si è allargato e abbassato più o meno ad altezza della bandierina del calcio d’angolo, probabilmente per chiedere il numero di telefono ad una ragazza in terza fila sugli spalti. Non ci sono spazi. In avanti, solo l’esterno, larghissimo, che però a inizio stagione ha firmato un patto di sangue col Mister: “Giochi titolare solo se prometti di non puntare mai l’uomo e corri esclusivamente senza palla”.

Niente da fare, allora torniamo dal centrale che magari provi dal lato opposto, il sinistro. E così sia, ma il risultato non cambia. Nel frattempo,  il mediano si è abbassato sulla linea dei difensori per ricevere la sfera, ma è francobollato dal 10 avversario, ovvero il giocatore più tecnico dei loro, che, una volta recuperato il possesso palla, non riuscirà a trovare la lucidità per effettuare nemmeno la più elementare delle giocate. Troppo spompato dalla rincorsa a tutto campo del mastino avversario.

Non resta che alzare lo sguardo in cerca del giocatore con i piedi buoni, quello capace di accendere la luce, inventare la giocata. Ah no, è in panca. Sì, perché lui è bravo a dare ritmo alla manovra e soprattutto a verticalizzare pescando gli attaccanti e mettendoli magari di fronte al portiere avversario. Non va bene. L’allenatore dalle mezzali vuole che facciano legna, che si inseriscano, che siano forti fisicamente e di testa, che abbiano qualità, palleggio e visione, che preparino il tè caldo da bere all’intervallo e che vendano le patatine ai tifosi in tribuna. 

Insomma, il famoso centrocampista moderno “completo”, che sa fare tutto…

…o niente, a seconda di come la si vede.

Via, riproviamo a destra, poi ancora a sinistra, quindi destra, sinistra, destra… è di fatto diventata una partita di tennis, o una canzone di Gaber. 

Niente,  la soluzione migliore è sempre una: palla indietro all’estremo difensore, che nelle statistiche di fine gara sarà l’uomo con più possesso. 

La squadra è così corta che le punte sono ad una ventina di metri, a farsi sempre più in contro, ma tra loro e il pallone c’è una selva dantesca di giocatori avversari. 

Uscire dalla difesa è diventato un parto plurigemellare.

Tagli in profondità degli attaccanti  proibiti dal primo dei dieci comandamenti che l’allenatore ha affisso in spogliatoio.

D’accordo, mi fermo qui, però consentitemi di dire…

Che noia il calcio moderno!!!

E va bene, va bene. Non è giusto fare di tutta l’erba un fascio e, sì, esistono casi in cui il calcio dei giorni nostri può essere entusiasmante. Ma tendenzialmente, diciamolo, non lo è!

Non siete d’accordo?

Meglio per voi, godetevi le partite di oggi e il “vostro” Bonazzoli: Federico (senza nulla togliere al giovane e bravo attaccate della Salernitana).

Per noi, che invece viviamo il calcio con quella nostalgia romantica per il passato, visto come simbolo di bellezza, Bonazzoli è un altro: Emiliano.

Parliamo di un giocatore appartenente ad una razza ormai estinta. Un lungagnone d’altri tempi.

Bonazzoli dai tortelli di zucca alla Serie A

192cm! Quella sicuramente la sua qualità fondamentale. Una carriera basata su sponde, torri e difensori sovrastati di testa. Ci sarebbe da ringraziare madre natura, ma anche, presumibilmente, la cucina mantovana con cui è cresciuto.

Ma nel calcio, si sa, nulla è casuale e tantomeno regalato, quindi a suon di duri allenamenti e tortelli di zucca nel 1997 arriva l’esordio in Serie B, pochi chilometri più in là di casa,  con la maglia del Brescia

Dura gavetta, per imparare e fare caparbiamente tesoro degli insegnamenti di allenatori e compagni più esperti. Tre anni di lavoro e esperienza fondamentali, avanti e indietro tra Serie A (poca) e Serie B (molta), tra Brescia e Cesena.

È col nuovo millennio, però, che Bonazzoli riesce definitivamente a piantare le tende nella massima serie italiana venendo acquistato dal Parma, per poi essere girato in prestito a Verona e fare nuovamente ritorno nel capoluogo emiliano. Tutto sommato, i numeri non sono da far girare la testa, parliamo di 15 gol in 3 anni, ma l’impressione è quella che, in un futuro prossimo, molti allenatori faranno molta fatica a tenere fuori uno così prezioso nel fare a sportellate e svettare in area.

Sullo stretto, sponda stivale

Eccoci arrivati agli anni di Reggio (e di Genova). I migliori. 

In Calabria diventa subito idolo. Come? Gol nello spareggio contro l’Atalanta che vale la permanenza in A ai danni dei bergamaschi, continuità realizzativa e amore reciproco con una tifoseria mai stanca di guardarlo battersi e far valere ogni suo millimetro in campo. Un attaccamento, tra lui ed i tifosi reggini, nato quasi immediatamente e mai terminato.

“A Reggio ho passato sei anni: due e mezzo di Serie A, tre e mezzo in B. È stata la città che mi ha trasmesso più calore. Tra alti e bassi i tifosi reggini mi sono sempre stati vicini e mi hanno dato una mano. Posso solo parlare bene della gente di Reggio. Ancora oggi qualcuno di loro mi chiama e mi fa sempre molto piacere, significa che anche io gli ho trasmesso qualcosa”

Aggiungiamoci pure 42 gol in maglia amaranto, più i 16 con quella blucerchiata…

Passano gli anni

Già, l’età avanza e comincia a farsi sentire. Il classe 1979, nel 2013 comincia il suo interminabile giro di squadre e campionati al costante inseguimento della sua felicità e passione più profonda: il gioco del calcio.

In Serie B col Padova, in Lega Pro con Siena e Cittadella, in Serie D con Este e Marano, nel Campionato ungherese col Honvéd e persino con il tentativo, abortito sul nascere, di giocare nella Serie B americana con il Miami Fusion. Non importano i numeri, o le statistiche, Emiliano è uno sportivo vero, e vuole stare in campo!

E se non è in campo?

Bonazzoli in panchina

Calcio, a tutti i costi. 

Finita la carriera da calciatore, inizia quella da allenatore, ovviamente, partendo dal basso, dalla gavetta che lo ha già reso quel mitico attaccante arrivato addirittura ad esordire con la nazionale azzurra. 

Mai una sosta e, soprattutto, mai la presunzione di essere “troppo” per una serie minore.

Collaboratore tecnico e successivamente allenatore dell’Atletico Conselve, in prima categoria. 

Thermal Teolo in Promozione, dopodiché, è Serie A…quella femminile: Chievo Verona Valpo prima e Verona poi.

Successivamente, un’esperienza nello staff tecnico al Renate in serie C, mentre attualmente (dal gennaio c.a.), Emiliano allena il Fanfulla, squadra lodigiana in Serie D.

Ecco perché parlare di Bonazzoli, quello “vintage”. Un vero e proprio esempio per i più giovani di amore per il calcio romantico e bello. Umiltà e cultura del lavoro straordinarie al servizio del campo, qualsiasi esso sia. Dalla prima categoria alla Serie A, maschile o femminile, da nord a sud, in Italia o all’estero. 

Dite voi, cari lettori, se il calcio di quando si poteva alzare il pallone alla “Viva il parroco” sull’Emilianone di turno  che faceva scintille per 90’ con i difensori avversari, non era magico e spettacolare.

Vivere di ricordi non è un’opzione. Il mondo va avanti, o forse gira. Chissà se nell’avvenire ciclico non possa presto tornare di moda il bomber alla Emiliano Bonazzoli. Staremo a vedere!

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