Jamie Vardy, from zero to hero
In un mondo che spesso premia il talento precoce e la fama costruita nei vivai d’élite, la storia di Jamie Vardy sembra provenire da un universo parallelo, una dimensione dove la determinazione piega il destino e la passione riscrive le gerarchie. Non è solo una carriera, la sua: è un viaggio romanzesco che comincia lontano dai riflettori, nelle viscere del calcio di provincia, tra campi spelacchiati e spogliatoi impregnati di sudore e sogni mai pronunciati ad alta voce.
L'annuncio del suo addio al Leicester City dopo tredici anni non è solo la fine di un rapporto, ma l'ultima pagina di una delle più belle favole che il calcio ci abbia regalato.
Le origini: rifiutato ma mai arreso
Immaginate Sheffield, nord dell'Inghilterra. Una città operaia. È qui che Jamie Richard Vardy nasce l'11 gennaio 1987, in una famiglia umile. Fin da bambino ha un sogno chiaro: diventare un calciatore. A quindici anni, sembra che quel sogno stia per avverarsi: supera un provino con lo Sheffield Wednesday, la squadra della sua città, quella per cui tifa. Lo accolgono a braccia aperte, vedono qualcosa di speciale in lui.
Pochi mesi dopo, in una fredda mattina di marzo, Jamie viene convocato dal responsabile del settore giovanile degli Owls. Le parole sono poche, taglienti: "Non sei abbastanza forte. Sei troppo fragile per il calcio professionistico". È un colpo durissimo che Vardy stesso ricorda, ancora oggi, come il punto più basso della sua carriera.
"Quel giorno ho pianto per ore," confessa Vardy anni dopo in un'intervista. "Ma la mattina seguente mi sono svegliato con una rabbia dentro che non si è mai spenta." È questa la scintilla che accende il fuoco di una carriera improbabile e traccia il solco di un percorso che sfida ogni convenzione del calcio moderno.
E così, mentre i suoi coetanei passano attraverso le Academy delle squadre professionistiche, Vardy ripiega sul calcio dilettantistico.
Trova spazio nello Stocksbridge Park Steels, una squadra che milita nell’ottava divisione inglese ovvero la nostra Promozione. Lo stadio ha appena 450 posti a sedere. Il guadagno è misero, trenta sterline a settimana. A vent'anni, questo non basta per vivere. Trova così lavoro in una fabbrica che produce tutori ortopedici. Gli allenamenti arrivano dopo turni di 12 ore, le partite nel fine settimana. Si presenta agli allenamenti con la tuta da lavoro, si cambia in macchina, corre lottando su ogni pallone.
"Non c'era niente di romantico," ricorda Steve Shuttleworth, suo allenatore ai tempi dello Stocksbridge. "Era solo un ragazzo con una fame incredibile di dimostrare qualcosa a tutti quelli che non avevano creduto in lui."
Eppure, in mezzo a questa routine faticosa, c'è una cosa che Jamie non smette mai di fare: segnare. con lo Stocksbridge Park Steels tra il 2007 e il 2012 mette a segno 66 gol in 107 partite.
In tutto questo, la vita fuori dal campo di Vardy è turbolenta. Nel 2007, si ritrova coinvolto in una rissa fuori da un pub. Difende un amico sordo preso in giro da dei bulli. Viene arrestato e condannato a sei mesi di arresti domiciliari. Deve indossare un braccialetto elettronico che lo costringe a tornare a casa entro le sei del pomeriggio. Questo significa che non può giocare le partite in notturna e quelle in trasferta, può restare in campo al massimo per un'ora, poi deve scavalcare la recinzione e correre a casa prima che scatti il coprifuoco. Ma Vardy non si abbatte. Anzi, si impegna ancora di più nei 60 minuti che ha a disposizione in campo.
Un gradino alla volta
Nel 2010, arriva la prima svolta significativa. L'Halifax Town, una squadra di settima serie, bussa alla porta. Il manager, Neil Aspin, lo ha affrontato in amichevole qualche mese prima e si è subito innamorato di lui. Lo acquista per 15.000 sterline, una cifra notevole per quelle categorie.
Nella sua prima stagione con gli "Shaymen" è il capocannoniere del club con 25 reti e viene votato miglior giocatore della stagione. Vardy trascina la squadra alla vittoria del campionato e il suo nome inizia a circolare tra gli addetti ai lavori nelle categorie superiori.
L'anno dopo, un altro salto. In estate si trasferisce al Fleetwood Town, in quinta serie. Qui, le sue prestazioni sono incredibili. Nonostante i suoi movimenti da attaccante siano istintivi e primordiali, risultano tremendamente efficaci. Nella stagione 2011-2012, segna 34 reti in 40 gare di campionato - 31 centri in 36 partite secondo altre fonti - con una media impressionante che trascina la squadra alla promozione in League Two. A Fleetwood diventa l’idolo dei tifosi e il suo allenatore, Andrew Pilley, in un’intervista dichiara: "E’ come vedere un animale selvatico in gabbia. Prima o poi esploderà nel grande calcio”. E l'esplosione arriva, quando il Leicester City, allora in Championship (seconda divisione), decide di scommettere su questo attaccante sconosciuto.
È il 1 luglio 2012 quando Nigel Pearson, tecnico delle Foxes, decide di sborsare, per assicurarselo, un milione di sterline. Una cifra folle per un giocatore semi-professionista. Vardy ha 25 anni, un'età in cui la maggior parte dei calciatori ha già raggiunto la propria dimensione. Per lui, invece, è solo l'inizio.
L'impatto con il calcio che conta, però, non è facile. Il primo anno in Championship è difficile. La pressione, il salto di categoria, il dubbio di non essere all'altezza. Segna solo 5 gol in 35 presenze e le critiche fioccano. "Spreco di soldi", scrivono i giornali. "Non è un giocatore da professionismo" sostengono gli esperti.
Probabilmente dopo anni di sacrifici e guadagni miseri, il nuovo stipendio lo disorienta e passa notti a far baldoria. Perde forma, è giù di morale. Il giocattolo sembra essersi rotto, il sogno infranto. Addirittura, pensa al ritiro, non vuole più vedere un campo da calcio. Vuole andare a Ibiza a lavorare come promoter in discoteca.
Una sera Vardy chiama disperato Pearson, l'allenatore che lo ha voluto al Leicester. Gli comunica che vuole lasciare il calcio. I due si danno appuntamento nell’ufficio del manager per il giorno dopo. Parlano per ore. Pearson e il suo vice Craig Shakespeare lo fanno ragionare, gli restituiscono autostima e passione. Gli ricordano le sue qualità e tutti i sacrifici che ha fatto per arrivare fino a lì e gli assicurano che un giorno potrà essere protagonista in Premier League e arrivare anche in Nazionale. Vardy decide di fare marcia indietro, non va a Ibiza e resta.
Nella stagione 2013-2014 diventa uno degli artefici della promozione del Leicester in Premier League. Segna 16 gol uno più decisivo dell'altro. A 27 anni, Jamie Vardy arriva nel campionato migliore del mondo. Il sogno di è avverato ma il meglio deve ancora venire.
La consacrazione
Il primo anno in Premier League è una battaglia per la sopravvivenza. Il Leicester è dato per spacciato già a marzo quando i punti in classifica sono appena19. Vardy segna poco 5 reti in 36 partite ma sono gol che comunque contribuiscono a un'incredibile salvezza. Eppure, nonostante il basso numero di gol, il 7 giugno 2015, a 28 anni, esordisce con la Nazionale inglese. Convocato dal commissario tecnico Roy Hodgson per l'amichevole pareggiata 0-0 contro l'Irlanda, subentra a Wayne Rooney al 75' di gioco.
Ma è la stagione 2015-2016 che consegna Jamie Vardy e il Leicester per sempre alla storia. In panchina arriva un nuovo allenatore, un gentiluomo italiano: Claudio Ranieri. Nessuno si aspetta nulla, l'obiettivo è raggiungere di nuovo la salvezza senza patemi d’animo. Le quote per la vittoria del titolo sono 5000 contro 1. Ma il Leicester sotto la guida di Ranieri inizia la stagione con un ritmo incredibile.
Vardy si trova perfettamente a suo agio nel 4-4-2 compatto e votato al contropiede del tecnico italiano. Va a segno alla prima giornata. Poi, tra la quarta e la quattordicesima giornata, accade qualcosa di incredibile. Le Foxes continuano a vincere, contro ogni pronostico. Vardy segna contro tutti.
Segna per undici partite consecutive. Batte il record che apparteneva a Ruud van Nistelrooy. È un momento simbolico: un giocatore venuto dal nulla supera un grande campione. Il gol che batte il record arriva contro il Manchester United, la squadra che fu di Van Nistelrooy. Jamie corre verso l'angolo, allarga le braccia e grida: "Me... me... yeah....it’s fuckin’ me!". Una dichiarazione al mondo: "Ehi, sì proprio io! Uno come me!”
Vardy segna in tutti i modi: di sinistro, di destro, di testa, da dentro e fuori area. Si dimostra sveglio, aggressivo, abilissimo nell'attaccare la profondità alle spalle dei difensori. È un animale da area di rigore. È furbo, sa come procurarsi i rigori. È velocissimo, uno dei più veloci del campionato. Ha un tasso di conversione tiri in gol incredibile. Ma non è solo velocità e istinto. Tutti si accorgono che legge bene il gioco, sa leggere le traiettorie come pochi.
E poi il Leicester compie l'impensabile. Il 2 maggio 2016, quando il Tottenham pareggia contro il Chelsea, le Foxes sono matematicamente campioni d'Inghilterra. La squadra è riunita a casa di Vardy e le immagini dei giocatori che saltano sul divano fanno il giro del mondo. È l'apice della favola più improbabile nella storia del calcio moderno. È la Premier più incredibile della storia. "Non riuscivo a smettere di piangere," confesserà Vardy. "Pensavo a quel ragazzino di Sheffield, a quanto aveva sofferto, a quante volte gli avevano detto di non essere abbastanza."
Vardy finisce la stagione con 24 reti in 35 presenze in campionato (secondo solo a Harry Kane), viene inserito nella squadra dell'anno e vince il premio di Calciatore dell'anno della Premier League.
L’ascesa di Vardy da operaio a stella del calcio inglese affascina tutti, anche Hollywood tanto che si parla di un film sulla sua storia.
Oltre la favola: la consacrazione internazionale
Il miracolo Leicester porta Vardy alla ribalta internazionale. Nonostante l'interesse delle grandi squadre, Vardy sceglie di restare. Gareth Southgate inizia a convocarlo in Nazionale con continuità e lo include tra i convocati per gli Europei del 2016 e i Mondiali del 2018.
L'ingresso nella nazionale dei Tre Leoni lo mette di fronte a un mondo completamente diverso da quello a cui era abituato. Mentre i compagni seguono diete scientificamente preparate e routine di allenamento personalizzate, Vardy continua con il suo metodo personale. "Una volta, durante un ritiro, lo abbiamo visto bere Red Bull alle 7 del mattino," racconta Wayne Rooney. "Tutti pensavamo: questo è pazzo. Ma poi in campo correva più di chiunque altro."
In Premier League continua a essere una garanzia: segna 24 gol nella stagione 2017-2018, vince la classifica marcatori nel 2019-2020 con 23 reti. A 33 anni, quando molti attaccanti iniziano il declino, Vardy migliora.
"Il segreto? Ovviamente Red Bull e Porto la notte prima delle partite" scherza in un'intervista. Ma dietro questa battuta c'è la disciplina ferrea di chi è arrivato tardi e sa che non può permettersi di sprecare nemmeno un minuto.
La sua routine è diventata leggendaria: niente palestra, pochissimi allenamenti con i pesi, ma una maniacale attenzione alla dieta e al recupero. Dopo ogni partita, immersioni in acqua ghiacciata, talvolta anche a casa sua, dove ha fatto installare una criocamera e bevande energetiche personalizzate.
Un aneddoto particolarmente curioso risale alla stagione del titolo. Durante la preparazione atletica, Ranieri aveva imposto a tutta la squadra una riduzione degli zuccheri. Vardy si era adeguato, ma le prestazioni ne avevano risentito. Dopo tre partite sottotono, l'attaccante decide di tornare alla sua dieta "speciale". "Ho detto a Ranieri: Mister, devo tornare alle mie Red Bull" racconta Vardy. "Lui mi ha guardato sorpreso, poi ha sorriso e ha detto: "Va bene, Jamie. Fai come credi". Nella partita successiva, Vardy segna una doppietta.
"Jamie capisce il suo corpo meglio di qualsiasi medico," rivela il preparatore atletico del Leicester. "Ha sviluppato un'intelligenza fisica straordinaria per compensare il ritardo con cui è arrivato al professionismo."
E poi ci sono i numeri: esordisce in Champions League, segnando 2 gol. Gioca 323 partite in Premier League segnando 142 gol e fornendo 47 assist. Il tutto iniziando a 27 anni. Oltre alla Premier, vince la FA Cup nel 2021 e il Community Shield. A 33 anni la Scarpa d'Oro della Premier League con 23 gol, diventando il capocannoniere più anziano di sempre.
Raggiunge traguardi incredibili. L’ultimo, in ordine di tempo, a maggio 2025 durante la sua 500esima e ultima partita con il Leicester in Premier contro l'Ipswich, quando segna la sua 200esima rete in maglia Foxes diventando così il giocatore con più presenze e gol nella storia del club.
L'eredità di un eroe del popolo
Ora, a 38 anni, le strade di Jamie Vardy e del Leicester City si separano. È una decisione difficile. Jamie stesso pensava che non sarebbe mai finita. Il club, la città, la gente significano tantissimo per lui.
Oggi, guardando alla sua carriera, ci si trova davanti a qualcosa che va oltre il semplice percorso sportivo. È la storia di un uomo che ha sfidato ogni convenzione del calcio moderno, che ha riscritto le regole su cosa significhi arrivare al successo.
Per il Leicester, Vardy rappresenta molto più di un calciatore: è l'incarnazione di un'epoca dorata, il simbolo di un miracolo sportivo che ha ispirato squadre di ogni angolo del mondo. La sua maglia numero 9 è diventata un'icona, il suo nome è indissolubilmente legato alla storia del club.
L'eredità che lascia al Leicester è immensa. È il giocatore più importante, è il più grande di sempre nella storia del club. È la bandiera che non ha mai smesso di lottare. È il GOAT che ha saputo anche creare un legame unico con i tifosi, partecipando regolarmente a iniziative comunitarie e mostrando un attaccamento autentico alla città.
Altrettanto significativa è l'eredità che Vardy lascia alla Premier League. In un'epoca di accademie calcistiche sofisticate e percorsi preconfezionati, lui ha dimostrato che esiste ancora spazio per il talento grezzo, per la determinazione pura, per chi arriva dal basso con fame e umiltà.
Proprio con questo scopo, nel 2015 ha fondato la "V9 Academy", un progetto dedicato a scoprire talenti nel calcio non professionistico, offrendo a giovani calciatori la seconda possibilità che lui stesso avrebbe voluto ricevere.
"Ci sono centinaia di Jamie Vardy là fuori," sostiene. "Ragazzi con talento che sono stati scartati troppo presto, che hanno bisogno solo di qualcuno che creda in loro."
In un'epoca in cui il calcio sembra sempre più distante dalle sue radici popolari, la storia di Vardy rappresenta un ponte tra il passato romantico di questo sport e il suo futuro tecnologico. Ha dimostrato che, nonostante l'analisi dei dati, i GPS negli allenamenti e le diete scientifiche, c'è ancora spazio per l'istinto, per la passione pura, per la voglia di riscatto.
Ma la storia non è finita. Vardy vuole continuare a giocare e a fare ciò che gli piace di più: segnare. Dove andrà, non lo sappiamo ancora. Ma una cosa è certa: la sua storia, quella del ragazzo venuto dal nulla che ha conquistato la Premier League e i cuori dei tifosi di tutto il mondo, resterà per sempre una delle pagine più belle e romantiche del calcio.
La storia di Vardy sta nel ricordarci che, a volte, chi corre più forte di tutti è proprio chi è partito più indietro ovvero “from zero to hero”.
Racconto a cura di Biagio Gaeta