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Bruno Fernandes, cosa non abbiamo capito!

Talento incompreso in Italia, ed esploso poi con le maglie di Sporting, Portogallo e Manchester United. Analizziamo il fenomeno Bruno Fernandes, per evitare che tali miopie ci colgano di nuovo impreparati.
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Bruno Fernandes - Illustrazione di Tacchetti di Provincia

Cristiano Giaretta è un nome che, alla maggior parte degli appassionati di pallone, può non dire molto.

In realtà si tratta di un bravissimo direttore sportivo, uno di quelli che fa mercato con le idee se il contante latita. Da sempre bravo a valorizzare giovani giocatori di valore. 

Il calcio europeo deve tanto a Cristiano Giaretta. Portogallo e Manchester United in particolare. I lusitani dovrebbero, a nostro avviso, dargli il giusto merito, poiché senza di lui, forse, il titolo della Nations League del 2019 non sarebbe mai arrivato.

Perché Cristiano Giaretta è colui che ha scovato, allevato e lanciato nel calcio che conta Bruno Miguel Borges Fernandes. Che nel mondo oggi tutti conoscono, semplicemente, come Bruno Fernandes.

Un fenomeno che, qui in Italia, probabilmente non abbiamo capito fino in fondo.

Costato quanto un pullmino

Siamo nella primavera del 2012. Giaretta sta facendo il suo mestiere a Novara, club ritornato in cadetteria dopo un lungo purgatorio.

Un suo osservatore di fiducia gli segnala che, in Portogallo, nelle giovanili del Boavista, c’è un giocatore che meriterebbe di essere attenzionato. Mauro Borghetti, responsabile del settore giovanile del club piemontese, si fida, e prende un aereo direzione Porto. Al ritorno il feedback è più che positivo, tanto che, nell’estate seguente, il Novara rileva il cartellino del centrocampista per la modica cifra di 40 mila euro. Il prezzo, praticamente, di uno dei pullmini con cui si scarrozzano i ragazzini delle giovanili in giro per la provincia. 

Il primo impatto non è dei migliori. A Novarello arriva un ragazzo smunto, dal fisico esile, con jeans di due taglie più grandi. Troppo abbondanti per le sue gambe magre.

“Sarebbe questo il talento per cui abbiamo perso tutto questo tempo?”

Cambieranno idea molto presto. Basteranno i primi allenamenti, per capire che il ragazzino ha talento da vendere. Oltre a ciò, Bruno si dimostra desiderosissimo di imparare al più presto la lingua, per comunicare al meglio con i compagni. Tanto da girare sempre con un mini-dizionario e da avere la camera cosparsa di bigliettini, in cui appunta tutti i neologismi imparati.

L’eroe di Novara

Il Novara inizia male la stagione 2012-2013, tanto che a dicembre, dopo un filotto di 6 sconfitte consecutive, viene esonerato Attilio Tesser, l’artefice dell’impresa promozione.

In panchina il club chiama Alfredo Aglietti, che, a differenza del predecessore, che continuava a puntare sul gruppo “storico” che l’anno prima gli fece fare il salto, rimescola le gerarchie, e decide di dare fiducia a questo giovane portoghese.

Se a livello numerico non si possa dire che sia stato un impatto folgorante (21 presenze e 4 gol), a livello di gioco Bruno Fernandes cambia completamente il modo di attaccare del Novara. Le azioni più pericolose passano tutte dai suoi piedi, al resto ci pensano il solito Pablo Gonzalez e Haris Seferovic, arrivato a gennaio dalla Fiorentina.

Da terzultimo il Novara arriva a disputare i playoff da quinto in classifica. In semifinale ha la meglio l’Empoli, ma il presidente già si lecca i baffi. Perché sa che a breve in serie A faranno la fila alla sua porta, contante alla mano, per assicurarsi le prestazioni del suo nuovo talento.

Le prime magie di un giovanissimo Bruno Fernandes

Giaretta va, Bruno lo segue

Nel frattempo la lungimirante Udinese ha portato a casa un nuovo direttore sportivo: si tratta proprio di Cristiano Giaretta. Che appena arrivato in Friuli parla subito chiaro:

“Se c’è qualche milione da spendere, so io che giocatore andare a prendere”.

Bruno Fernandes segue così il suo mentore e si accasa in bianconero, pronto a esordire in serie A.

Buona la prima e la seconda stagione a Udine dell’ex Boavista. Male la terza, dove oltretutto finisce spesso in panchina.

Tutti hanno l’impressione che al ragazzo manchi qualcosa. Non di sicuro la tecnica individuale; forse il fisico, forse il determinismo che un campionato difficile come la serie A richiede. Sta di fatto che l’Udinese decide di farlo partire in direzione Genova, dove nel frattempo la Sampdoria si è fatta avanti.

Numero 10 alla Samp

Prestito oneroso (1 milione di euro), riscatto fissato a 6. Alla Samp Bruno Fernandes dovrebbe essere il trequartista tanto caro a Marco Giampaolo nel suo sistema di gioco. A giocarsi il posto saranno lui e Ricky Alvarez, ogni domenica.

Un derby della Lanterna vinto contro il Genoa lo lancia titolare. Saranno in totale 33 le presenze in blucerchiato. Più luci che ombre, ma la costante sensazione che il ragazzo possa e debba dare di più. Forse imbrigliato da un sistema tattico poco confacente al suo estro, forse troppo impegnato a non saltare mezza fase difensiva (e lui, che è un generoso, non ne salta mezza). Sta di fatto che Bruno Fernandes non convince.

Di lui si sa che è ha un buon tiro, una buona visione di gioco, batte bene i rigori e si sacrifica per la squadra. Ma ci può essere di meglio, anche per un club come la Sampdoria.

Sta di fatto che nessuno si strappa i capelli quando, l’estate successiva, viene ceduto allo Sporting Lisbona, per giocare in patria, dove non aveva ancora esordito nel massimo campionato.

Le giocate di Bruno Ferrnandes con la maglia della Sampdoria

Abbi misericordia di noi, Bruno!

Da qui in poi, il resto è semplicemente storia.

A Lisbona deflagra il talento di Bruno Fernandes. 3 stagioni da autentico trascinatore, titolare inamovibile. 

I leoni verde bianchi scoprono la sua straordinaria duttilità, dal momento che può essere impiegato, oltre che da trequartista, anche come interno, come mezzala o come esterno d’attacco. Scoprono che ha un innato senso dell’inserimento, sempre al punto giusto al momento giusto, e un eccezionale fiuto del gol (saranno quasi 40 in 83 partite). Wow.

Inevitabile la sua convocazione in nazionale per la Nations League del 2018-2019. Anche qui, in una selezione che deve cominciare a trovare un alternativa a Cristiano Ronaldo, Bruno Fernandes la fà da padrone, risultando protagonista assoluto nel trionfo portoghese.

La partita perfetta di Bruno Fernandes con la maglia del Portogallo

Le stagioni allo Sporting e in Nazionale convincono lo United a sborsare 80 MILIONI (vi ricordate i 40mila euro che spese Giaretta? Ecco, ci siamo capiti) per portarlo a Old Trafford.

Qualcuno nutre perplessità nell’adattamento di un giocatore comunque esile a un calcio fisico come quello britannico. Verrà però presto smentito. L’impatto di Bruno è devastante. Gol a raffica (tanti su rigore, è vero, ma bisogna anche saperli tirare), gli assist nemmeno si contano.

E ora, che il suo connazionale CR7 è tornato a Manchester, monopolizzando l’attacco dei Red Devils, togliendo dunque parte del palcoscenico al buon Bruno, fatalità lo United di Solskjaer barcolla.

E in molti si domandano come si faccia a non dare le chiavi della squadra in mano a questo folletto portoghese tutto fare.

In Italia resta il rimpianto di un giocatore che forse non abbiamo capito fino in fondo. Lo abbiamo lasciato andare via troppo facilmente, avrebbe fatto comodo a chiunque delle grandi che stanno là, in cima alla classifica. 

Abbiamo lasciato che Giaretta se ne andasse prima all’Ascoli, a scovare Orsolini, Favilli, Cassata e Felicioli, poi addirittura in Bulgaria, al CSKA Sofia (…boh) , infine al Watford, tornando così a lavorare per la famiglia Pozzo dopo Udine.

L’unico che aveva davvero creduto nelle qualità di questo fenomenale giocatore.

Colpa nostra, Bruno! Perdonaci.

Continua a farci rosicare, orchestrando calcio là dove lo hanno inventato.

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