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Inferno Rosso, Liverpool vs United

La partita che ferma un intero paese, e che mette di fronte le due squadre più titolate d’Inghilterra. Una rivalità con origini antichissime, e che si infiamma, in campo, ancora oggi.
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Neville contro Carragher - Derby d'Inghilterra - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Vi siete mai chiesti come mai nel logo del Manchester United sia raffigurata una nave, nonostante il mare, a Manchester, non ci sia?

Che ci crediate o no, la rivalità ancora oggi esistente tra Manchester United e Liverpool, le due squadre più titolate d’Inghilterra, nasce proprio da lì.

Da un canale, il Manchester Ship, costruito tra il 1887 e il 1894, per collegare l’industriosa città direttamente con il Mare d’Irlanda. Tanto da mandare in rovina il porto di Liverpool, il Dock, portando negli anni decine di migliaia di operai alla disoccupazione e alla miseria.

Per questo motivo i tifosi “mancunians” storpiano la storica preghiera laica del You’ll Never Walk Alone, cantando ai rivali “scousers”: You’ll Never Get A Job.

Nel ‘900 poi subentra il calcio, a rendere ancora più epico il tutto. Dal momento che le due squadre domineranno in lungo e in largo per diversi anni, sia nel Regno Unito che in Europa.

E ancora oggi, ogni qualvolta si affrontano, danno vita a scontri epici. Tanto che qualcuno ha, forse impropriamente, definito questa partita: il Derby d’Inghilterra.

Bubsy e Ferguson: la storia parla scozzese

Mancunians contro Scousers quindi: due poli opposti, due diversissimi modi di essere, nonostante la relativamente breve distanza che separa le due città, appena 57 chilometri. Collegate, dal 1830, da una ferrovia, che ancora oggi centinaia di tifosi percorrono ogni qualvolta il calendario della Premier League mette di fronte le due squadre.

La costruzione del Canale marittimo di Manchester è solo l’ultimo dei pomi della discordia tra le due città. Nel ‘900 arriverà poi il calcio, a complicare maledettamente tutto. Perché ovviamente il Dio che governa le leggi del pallone non piò non far sì che le due squadre diventino ben presto le più forti di tutta l’Inghilterra.

Primo a nascere il Manchester United, nato nel 1878 come Newton Heath Football Club, con una squadra formata perlopiù da lavoratori ferroviari, e passato all’attuale denominazione solo nel 1902, con un cambio anche nei colori sociali: dal giallo-verde (che ancora oggi colora molte delle sciarpe presenti ad Old Trafford) al rosso-nero attuale, con bande spesso colorate di bianco.

Una squadra che deve il suo successo soprattutto a due grandi ere, che hanno riempito le bacheche societarie con dozzine di trofei: quella Busby, durata dal dopoguerra fino alla fine degli anni ’60, e che prende il nome dall’inimitabile allenatore scozzese, capace di crescere una generazione di fenomeni (i cosiddetti Busby Babes) e di ricostruire la squadra dalle fondamenta, dopo il terribile disastro aereo di Monaco di Baviera del 1958, che si porta via gran parte di quel team formidabile.

Ci penseranno poi Bobby Charlotn, uno dei pochi sopravvissuti all’incidente (insieme al malconcio allenatore) e soprattutto George Best, una sottospecie di semi-dio sceso sulla terra a insegnare agli umani come si gioca a pallone e cosa non si deve fare nella propria vita privata, a riportare in altro lo United, fino alla conquista della tanto agognata prima Coppa Dei Campioni, nel 1968. Di quegli anni anche l’origine del nomignolo con cui ancora oggi vengono appellati i giocatori del Man U: i Red Devils.

E poi la più recente era Ferguson: altra generazione di fenomeni plasmata da un altro allenatore scozzese. Una squadra rimasta pressoché immutata, nella sua struttura principale, per oltre un decennio, e capace di vincere tutto, forse anche qualcosa di più, con i vari Bruce, Neville, Scholes, Beckham, Butt, Irwin, Giggs, Keane, Schmeichel.

E protagonista di una delle partite più epiche della storia del calcio: la finale di Champions League del 1999 del Camp Nou di Barcellona contro il Bayern Monaco, grazie a una straordinaria rimonta arrivata tutta nell’extra-time grazie alle reti di Sheringham e Solskjaer, atta anche a completare il clamoroso treble (Campionato, Fa Cup e Coppa dei Campioni), prima squadra inglese a riuscirci (imitata l’anno scorso dai cugini del City guidati da Guardiola).

Il terzo titolo europeo arriva invece sotto la pioggia di Mosca nel 2008, al termine della battaglia vinta ai rigori contro il Chelsea.

This is Anfield

Più continuo, se vogliamo, il successo del Liverpool, fondato nel 1892 da John Houlding, l’usufruttuario del terreno dove ancora oggi sorge lo stadio di Anfield, dopo l’abbandono dell’impianto da parte dei cugini dell’Everton a causa del canone d’affitto troppo alto. I quali, ironia della sorte, vedranno da lì l’alba dei nuovi e più vincenti cugini.

Un successo, quello dei Reds, destinato ad essere più europeo che nazionale, e legato indissolubilmente al proprio stadio, il tempio di Anfield, quasi impossibile da giocare per molti dei protagonisti che hanno avuto modo di sfidare la curva dei tifosi, la storica Kop, dal nome di una collina sudafricana dove persero la vita molti abitanti della città nella guerra anglo-boera.

Un club capace di conoscere anche la retrocessione, nell’immediato dopoguerra, salvo poi rinascere grazie soprattutto a Bill Shankly e Bob Paisley, il secondo rispettivamente vice del primo e succedutogli in panchina dopo il ritiro, bravi non solo a riportare il Liverpool in Prima Divisione ma anche a creare una sorta di egemonia, fatta di titoli nazionali e continentali.

Tre Coppe dei Campioni vinte in 5 anni tra il ’76 e l’’81. Una quarta vinta nel 1984 all’Olimpico contro la Roma, prima dei più recenti successi targati Rafa Benitez (con la clamorosa rimonta di Istanbul, passando da 0-3 a 3-3 contro il Milan, per poi trionfare ai rigori nel 2004) e Jurgen Klopp (2019), il geniaccio tedesco capace di rielevare il club agli antichi albori, con un progetto a lungo termine, culminato anche con il campionato vinto nel 2020, e che pone fine a un digiuno durato ben 30 anni, troppi per un club così grande.

E in mezzo tanti e tanti successi locali, con il club che primeggia per Coppe Di Lega vinte (ben 10) e che può vantare anche 8 FA Cup e 16 Community Shields.

Un club capace anche di conoscere da vicino due tragedie destinate a cambiare per sempre il calcio, quello britannico in particolare. Prima da “carnefice”, con la strage dell’Heysel del 1985 e i 39 tifosi morti a seguito dell’aggressione dei tifosi reds contro quelli juventini, prima della finale di Coppa dei Campioni dell’impianto belga, e poi da vittima, con la terribile strage di Hillsborough del 1989, causata da gravi errori organizzativi tali da lasciare sul campo 96 corpi senza vita.

Le sfide più epiche

Tante le partite epiche succedutesi negli anni tra le due squadre, e che hanno visto protagonisti giocatori simbolo di entrambe le tifoserie.

Per il Liverpool Kenny Dalglish, probabilmente il più forte calciatore scozzese di tutti i tempi, Ian Rush, il miglior cannoniere della storia, l’inimitabile capitano trascinatore Steven Gerrard e, più recentemente, Mohamed Salah, uno capace di segnare praticamente sempre quando di fronte ci sono i Red Devils (miglior marcatore, con 13 reti, nella storia della partita).

Ma pure Robbie Fowler, che una volta trasferitosi al Manchester City non dimentica i suoi trascorsi, e dopo un gol contro lo United mostra il “5” ai tifosi mancunians, ad indicare il numero di Champions recentemente vinte dai Reds (contro le sole 3 dello United).

Per il Manchester, oltre ai già citati e inarrivabili Charlton e Best (fortunato, quest’ultimo, per sua stessa ammissione, a “non dover mai scegliere tra un gol al Liverpool e andare a letto con Miss Mondo”), altri grandissimi campioni, come il folle Cantona, o il gallese Ryan Giggs, capace di mettere insieme quasi mille presenze con i Diavoli Rossi.

Ma anche Wayne Rooney, nato a Liverpool ma cresciuto come giocatore e tifoso dell’Everton, capace di capire e vivere probabilmente più di tutti questa rivalità, e che un giorno, alla vigilia di un match contro i Reds, ha modo di dichiarare: “Inutile che mi dicano che è una partita come tutte le altre. Mi hanno insegnato ad odiare il Liverpool sin da quando ero bambino. Li odio ancora e li odierò sempre”

Nel 1977 si gioca una sfida tra le due squadre valida come finale di FA Cup (la Coppa d’Inghilterra) in un vecchio Wembley (non quello dell’attuale arco, ma quello delle celeberrime Due Torri) tracimante della passione di quasi 100mila tifosi. Un match che vedrà la vittoria dello United per 2-1, con reti di Pearson e Greenhoff.

Il Man U regala il bis, sempre in finale di FA Cup, nel 1996, grazie a uno strepitoso gol di Cantona.

La vendetta rossa dovrà attendere quasi fino al termine dell’era Ferguson. Nel 2009 i Reds di Benitez umiliano i rivali di sempre vincendo 4-1 all’Old Trafford, con reti del Nino Torres, Gerrard, Fabio Aurelio e dell’italiano Andrea Dossena. Pochi anni dopo Brendan Rodgers, sempre al Teatro dei Sogni, si “limiterà” a un 3-0, grazie soprattutto a un devastante Pistolero Suarez.

Con Klopp la bilancia si sposta tutta in favore del club del Merseyside, che nel 2021 si reca 2 volte in 5 mesi a Manchester, segnandone prima 4, poi addirittura 5. Fino alla partita della storia, commemorata ancora oggi al momento della ricorrenza, con il 7-0 di Anfield inflitto dai Reds, con doppiette di Gakpo, Nunez e Salah e sigillo finale di Bobby Firmino, a spargere sale sulle ferite dello United di Ten Hag.

Una sola volta il derby ha avuto uno scenario europeo, con i due club contrapposti, nel 2016, agli ottavi di finale di Europa League. 1-1 firmato Martial-Coutinho all’andata a Old Trafford, e poi Sturridge e ancora Firmino a sancire la qualificazione dei rossi nel ritorno ad Anfield.

Uno spettacolo pronto a ripetersi e ad emozionarci, come sempre ha fatto e come sempre farà. Tra colpi proibiti (vedi la tacchettata di Gerrard a Herrera con conseguente espulsione a 38 secondi dall’ingresso in campo), gol spettacolari (come le due imparabili rovesciate, di Berbatov e Benteke), ma anche momenti di rispetto (indimenticabile il You’ll Never Walk Alone cantanto dai tifosi reds per dimostrare vicinanza a Cristiano Ronaldo dopo la perdita del figlio neonato).

A noi non resta che goderci lo spettacolo.

Racconto a cura di Fabio Megiorin

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