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Diego Fuser, professione centrocampista

Diego Fuser è stato uno dei migliori centrocampisti italiani degli anni ’90, senza se e senza ma. Una carriera che lo ha visto giocare nelle tre città capitali d’Italia (Torino, Firenze, Roma), ma anche nel Milan e nel Parma, chiudendo la carriera nelle categorie dilettantistiche tra Eccellenza e Prima Categoria. Sempre a testa alta, come quando giocava e dettava i movimenti del centrocampista.
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Diego Fuser - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Venaria Reale è un comune a pochi chilometri da Torino, in direzione ovest. Dici “Venaria Reale” e subito si pensa alla celebre reggia sabauda, oggi patrimonio UNESCO e Patrimonio dell’Umanità: in Italia di luoghi così ne abbiamo ben 60. Bellissimi. Dici “Venaria Reale” e, calcisticamente, pensi a tanti calciatori nati nella città di Sant’Eusebio. Ne sono nati dieci e uno di questi è il protagonista della nostra storia: Diego Fuser.

Un figlio del “Fila” predestinato ad una grande carriera

Torino ha due squadre: una è tifata in tutta Italia, l’altra in città (o così dice la vulgata). Una è la squadra più vincente d’Italia, l’altra spesso ha vissuto all’ombra della prima, ma ha un grande cuore. Una festeggia in piazza San Carlo molto spesso, l’altra ha i tifosi che, anche se hanno vinto poco, mettono la loro squadra avanti alla propria vita. Una è la Juventus, l’altra è il Torino.

Diego Fuser è nato a Venaria Reale, la sua è una famiglia bianconera e lui tifa assolutamente Juventus. È bravo Diego ed entra nel settore giovanile “avverso”, quello granata, e quindi respira l’aria del “Filadelfia”, il mitico stadio che ha visto giocare il Grande Torino e che ha fatto innamorare gli sportivi di tutto il mondo.

Il Torino aveva un settore giovanile fiore all’occhiello del nostro calcio e Fuser veste il granata fin dall’adolescenza. Con il Toro nella stagione 1987/1988 vince il sesto campionato e il terzo Torneo di Viareggio.

È bravo Diego e fa tutti i gradini del Torino fino al debutto in prima squadra. Il debutto arriva in una partita… semplice: Torino contro Juventus del 26 aprile 1987. Fuser inizia la sua carriera in quel derby della Mole subentrando niente meno che a Junior. Gigi Radice, tecnico allora del club torinista, sa che il ragazzino di Venaria (19 anni) è pronto per il grande salto, sa che non lo deluderà e lo butta nella mischia. Il Torino pareggia quella partita con un altro grande cuore granata come Roberto Cravero. A dargli l’assist, un altro grande cuore granata come Gigi Lentini. A dare la palla a Lentini, un altro cuore granata dal nome Diego Fuser.

A livello geografico: uno di Venaria Reale dà la palla a uno nato a Carmagnola, che la passa a un altro nato a Venaria Reale, che segna il gol del pareggio. In quella prima stagione, Fuser gioca in tutto tre partite e rimarrà in granata fino al termine del campionato 1988/1989. Complessivamente gioca 49 partite e segna quattro reti, tutte in quell’ultimo campionato. La stagione 1987/1988 è sfortunata: sconfitta in finale di Coppa Italia, sconfitta nello spareggio UEFA contro la Juventus.

Fuser ha 21 anni ed è un giocatore all’altezza della Serie A, ma il Torino nell’estate 1989 lo deve cedere a malincuore al Milan di Sacchi. I rossoneri stanno riscrivendo la storia del calcio e possono offrire un palcoscenico europeo al giovane Diego.

Milan, Fiorentina e Milan: i primi successi importanti

La stagione 1989/1990 vede il Milan campione d’Europa in carica e con uno spogliatoio pieno zeppo di campioni. L’elenco è lungo, ma Diego Fuser lì dentro ci sta eccome ed è pronto a sfruttare tutte le chance che gli verranno date. Scende in campo 32 volte, di cui due in Coppa dei Campioni: aveva giocato una partita tre anni prima in Coppa UEFA e l’aria è totalmente diversa.

Nel 1990 Fuser è campione d’Europa: il Milan bissa la coppa dalle grandi orecchie e il giovane Diego gioca solo due partite ma alza anche lui la coppa più bella di tutte.

Nel 1989 vince la Supercoppa UEFA e la Coppa Intercontinentale. Se a Tokyo è in panchina, nel match contro il Barcellona gioca tutti i 180 minuti e non è sostituito da Sacchi.

In un anno al Milan sono subito tre trofei internazionali per il centrocampista torinese e, in più, segna anche nel derby vinto dal Diavolo per 3-0: Fuser segna la rete del momentaneo 2-0 quel 19 novembre 1989. Fuser ha talento, ci sa fare, il Milan crede in lui ma vuole fargli fare le ossa lontano da Milanello e nel 1990 passa alla Fiorentina in prestito.

Fuser capisce che non è una bocciatura, ma un anno di formazione. In riva all’Arno c’è una Fiorentina che ha perso in estate Baggio, ha una nuova presidenza (Mario Cecchi Gori al posto dei Pontello), è reduce dalla finale persa nel derby europeo contro la Juve e sa che può fare bene anche nel campionato 1990/1991.

Alla guida del club gigliato c’è un tecnico brasiliano, Sebastiao Lazaroni, reduce dal brutto Mondiale di Italia ’90 con la Nazionale verde-oro. La Viola chiude addirittura dodicesima, ma Fuser sbanca: otto reti e top scorer della squadra. Ora c’è da prendere l’Autostrada A1 in direzione Milano e riprendere da dove si era interrotto il discorso.

Il Milan lo accoglie a braccia aperte, ma ad aspettarlo non c’è più Sacchi, diventato CT della Nazionale, bensì Fabio Capello. Con il tecnico di Pieris, Diego Fuser farà fatica ad imporsi nonostante giochi la sua sesta stagione consecutiva in Serie A al sesto anno da professionista.

Vince lo scudetto 1991/1992, ma il suo apporto (secondo il centrocampista di Venaria) non è stato decisivo. O meglio, Fuser gioca e segna anche un gol contro la Lazio il 3 maggio 1992 che consegna il titolo al Diavolo, ma vorrebbe giocare con più continuità. Se dovesse rimanere anche la stagione successiva sicuramente giocherebbe come l’anno prima se non meno e quindi cerca nuovi lidi.

Ed il nuovo lido è la Lazio, da pochi mesi passato da Gianmarco Calleri a Sergio Cragnotti. Nella casse del Milan entrano sette miliardi di lire, mentre la Lazio si assicura un giocatore che farà la storia del club.

Gli anni laziali: Diego Fuser cuore biancoceleste

Gli anni alla Lazio sono quelli della definitiva consacrazione di Diego Fuser. Saranno sei stagioni in cui il ragazzo di Venaria Reale riesce a imporsi come uno dei più forti centrocampisti italiani.

Può sembrare un azzardo lasciare un club titolato per un club che (fino all’estate 1992) non vinceva un titolo da 24 anni, ovvero dallo storico scudetto del 1974. Però la Lazio sta crescendo e ha ora altri obiettivi: il nuovo presidente, l’imprenditore Sergio Cragnotti, laziale, ha un progetto a lungo termine che punta a portare i biancocelesti a vincere in Italia e in Europa. Infatti, negli anni a venire sull’altra sponda del Tevere arriveranno giocatori importanti e altrettanti allenatori di spessore, e la bacheca del club finalmente si riempirà.

Tra i primi acquisti della gestione Cragnotti c’è proprio il centrocampista di Venaria, seguito da un altro difensore, cresciuto nel Torino, scuola “Filadelfia” e nativo anch’egli di Venaria Reale: Roberto Cravero. Con i due ragazzi del “Fila” quell’anno arrivano anche Paul Gascoigne, Giuseppe Signori, “Kalle” Riedle e Giuseppe Favalli, che diventerà una bandiera del club.

Mister Zoff porta la squadra al quinto posto, segnando il ritorno della Lazio in Europa dopo 15 stagioni grazie alla qualificazione in Coppa Uefa. Fuser, quell’anno, segna dieci reti: per la prima volta raggiunge la doppia cifra in campionato.

Gli anni di Fuser sono quelli di una Lazio che comincia a impensierire le squadre del Nord: quinta, quarta, seconda, terza, quarta e settima. Fuser, con Zoff (due stagioni e mezzo), Zeman (due stagioni e mezzo) ed Eriksson (una stagione), è uno dei migliori giocatori della Lazio.

Il progetto di Cragnotti sta prendendo piede, e nella stagione con il tecnico svedese la squadra arriva settima, ma vince la Coppa Italia (in finale contro il Milan) dopo quarant’anni e raggiunge la finale di Coppa Uefa, perdendo contro l’Inter di uno scatenato Ronaldo. Fuser, nell’ultima parte di quella stagione, è capitano della squadra: alza al cielo la coppa nazionale, ma non la Coppa Uefa.

Il suo anno d’oro è il 1996: la moglie Orietta dà alla luce Matteo e lui è titolare in Nazionale. Sacchi, suo mentore ai tempi del Milan, lo porta in Inghilterra per il Campionato europeo. Il cammino degli azzurri a Euro ’96 si ferma alla fase a gironi con solo tre partite, e Fuser gioca dal 1’ contro Repubblica Ceca e Germania, subentrando nel primo match contro la Russia.

Gli anni laziali lo portano a totalizzare complessivamente quattordici presenze in Nazionale, tra le convocazioni per Usa ’94, Francia ’98 e l’iconico Torneo di Francia. Ma in casa Lazio, proprio nel 1997/1998, si respirano malumori: Fuser e Mancini (arrivato in biancoceleste proprio quella stagione) non vanno molto d’accordo, spesso discutono e nell’estate 1998 Fuser saluta tutti a malincuore, passando al Parma per 12 miliardi.

Il centrocampista torinese lascia la squadra capitolina dopo 242 partite, 42 reti, una Coppa Italia e una Lazio ormai pronta a tentare il grande salto in Italia e in Europa. Ma anche Fuser è pronto a vincere. Tuttavia, deve fare i conti con la salute di Matteo.

Tre anni a Parma e tre trofei. L’occasione mancata di Euro 2000

Tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, Lazio e Parma (e mettiamoci anche la Roma) si impongono all’attenzione mediatica calcistica italiana ed europea con la vittoria di diversi titoli: tra il 1996 e il 2004, le due squadre vincono uno scudetto (Lazio), cinque Coppe Italia (tre Lazio, due Parma), una Coppa delle Coppe (Lazio), una Coppa Uefa (Parma), una Supercoppa Europea (Lazio) e tre Supercoppe Italiane (due Lazio, una Parma).

Il merito è di Cragnotti e Tanzi (patron del Parma), che in quegli anni hanno speso diversi miliardi di lire per allestire squadre altamente competitive (anche se proprio dal 2004 entrambi i presidenti affronteranno gravi problemi giudiziari).

In quegli anni, le due squadre si scambiano diversi giocatori di alto livello (uno su tutti, Crespo, ceduto nel 2000 dal Parma alla Lazio per 100 miliardi di lire), e tutti i tifosi, durante le aste del Fantacalcio, investono tantissimi "fantacrediti" per accaparrarseli. E Diego Fuser è stato uno di questi.

Fuser con il Parma giocherà tre stagioni, vincendo sia in Italia che in Europa: la stagione clou è subito la prima (1998/1999), con i ducali che realizzano il trittico Coppa Italia-Coppa UEFA-Supercoppa Italiana. Il centrocampista di Venaria Reale, maglia numero 7 sulla schiena, è uno dei giocatori più forti non solo del club, ma di tutto il campionato. E se non avesse avuto problemi fisici nel 2000, Zoff lo avrebbe portato senza alcun dubbio a Euro 2000.

La squadra emiliana, in quei tre anni, è un concentrato di vittorie e tecnica, potendo contare su giocatori di valore assoluto. Peccato che, solo pochi anni dopo, tutto andrà a rotoli.

Le prime due stagioni di Fuser al Parma sono impressionanti, ma l’ultima è la più difficile: il club cambia tre allenatori (Malesani-Sacchi-Ulivieri) e, nonostante tutto, arriva quarto in campionato e finalista perdente di Coppa Italia. Nella prima stagione parmense nasce la secondogenita Vittoria.

Fuser sente che la sua esperienza in Emilia è giunta al termine e cerca nuove sfide. Sa che il suo cuore (calcistico) è a Roma. Ma giocherà in giallorosso e non in biancoceleste.

Il biennio alla Roma…che poteva essere alla Lazio

Diego Fuser, nell’estate del 2001, passa alla Roma. Tra il 2000 e il 2001, lo scudetto è nella capitale: grazie ai forti investimenti di Cragnotti e Sensi, Lazio e Roma conquistano due meritatissimi titoli e iniziano a farsi sentire contro le storiche Juventus, Milan e Inter, reclamando anche loro un posto al sole nell’albo d’oro delle squadre campioni d’Italia.

Fuser arriva alla Roma voluto da Fabio Capello che, dopo dieci stagioni, lo rivuole per rendere ancora più competitivo il centrocampo romanista. L’ex ragazzo del “Fila” approda sotto il Colosseo a parametro zero, svincolato dal Parma: un vero colpo di mercato, anche se le primavere di Fuser iniziano a essere 33.

La stagione 2001/2002 della Roma vede a centrocampo giocatori del calibro di Fuser, Emerson, Tommasi, Marcos Assunção e capitan Totti (mai considerato un attaccante puro). In più, “dietro” ci sono Cafù, Panucci, Zago, Lima, Candela e Samuel, mentre davanti ci sono Batistuta, il nuovo fenomeno del calcio italiano Antonio Cassano, l’“aeroplanino” Montella e Del Vecchio.

Un roster clamoroso che però non riesce a bissare lo scudetto, ma si consola con la vittoria della Supercoppa Italiana contro la Fiorentina di mister Mancini. Fuser rimane nella Roma giallorossa per due stagioni, ma non dà l’apporto sperato, collezionando in tutto ventisei presenze, segnando due reti e non giocando mai i derby contro la Lazio.

Gli anni per Fuser iniziano a essere 35 e sa di non essere più l’elegante e tecnico centrocampista di un tempo.

È arrivato il momento di fare un passo indietro: addio Serie A. Roma-Atalanta del 24 maggio 2003 è la sua ultima partita in massima serie, la numero 405.

Sta pensando di lasciare il calcio, ma ha una missione da compiere: il cerchio aperto quel 26 aprile 1987, in quel derby della Mole, deve chiudersi. Deve tornare “a casa”, deve tornare al Torino.

Chiusura del cerchio al Torino e gli anni nella provincia piemontese. Il dramma di Matteo

Il Torino lo accoglie a braccia aperte, ma c’è un “problema”: la squadra è in Serie B, retrocessa l’anno prima, e sta entrando in un periodo di profonda crisi societaria. Fuser non ci pensa due volte e accetta. Tra l’altro, come team manager ritrova un ex compagno dei tempi del Viareggio, del Toro e della Lazio: Roberto Cravero, un altro cuore granata.

Alla prima partita in casa (la seconda giornata), il 14 settembre, segna il gol vittoria contro il Genoa. Ne segnerà un altro, sempre in casa, il 4 marzo 2004 contro la Ternana.

Chiude la stagione con 29 partite giocate (tutte in campionato) e due reti. Dopodiché decide di dire basta al calcio giocato: Torino-Verona del 1° maggio 2004 sarà la sua ultima partita da professionista. La numero 579.

Ma a 35 anni, Diego Fuser non se la sente di smettere del tutto. Vuole ancora giocare, magari a livelli più bassi, ma sempre rincorrendo un pallone su un campo verde.

Tra il 2004 e il 2012, Fuser giocherà tra Eccellenza, Dilettanti e Promozione con squadre del basso Piemonte.

A indirizzarlo è l’ex compagno e amico Gigi Lentini: nell’estate 2004 coinvolge Fuser nel progetto del Canelli in Eccellenza, allora sesta serie nazionale.

La squadra astigiana vuole tornare nel Campionato Nazionale Dilettanti, la Serie A dilettantistica. Il girone include squadre astigiane, alessandrine, biellesi, vercellesi e novaresi. Fuser è abituato ai grandi palcoscenici: sarà in grado di fare la differenza? Se uno è forte, è forte a ogni livello e infatti, nella seconda stagione con il club astigiano, Fuser contribuisce alla promozione in Serie D dopo un campionato lottato fino all’ultimo punto, vinto per un soffio sul Biella Villaggio La Marmora e il Borgosesia, e di tre punti su Asti e Acqui.

Il campionato di Serie D, però, è tosto. Fuser fa il suo (Lentini segna addirittura 12 reti, lui 8), ma il club biancoazzurro arriva sedicesimo e perde i playout contro il Vado. Fuser rimane anche la stagione successiva insieme a Lentini.

Nel 2008 Fuser lascia il Canelli e firma con la Saviglianese, squadra cuneese di Promozione, una categoria sotto l’Eccellenza. Suo compagno di squadra? Ancora lui: Gianluigi Lentini. I due sono inseparabili e, rimboccandosi le maniche, decidono di scrivere la storia anche tra i dilettanti piemontesi. Fuser rimane a Savigliano sei mesi, poi torna ancora al Canelli, sempre in Eccellenza.

Nel 2012 Fuser dice addio definitivamente al calcio dopo un anno a Nizza Monferrato, ancora con Lentini (alla Nicese, in Eccellenza), e poi, dopo due anni di stop, due mesi al Colline Alfieri, squadra di San Damiano d’Asti, in Promozione. Nelle ultime due avventure, Fuser è anche allenatore delle squadre.

In quegli anni Diego Fuser si diverte e dimostra di amare davvero il calcio, anche se il 19 settembre 2011 il destino gli infligge il colpo più duro: suo figlio Matteo, 15 anni, muore. Un dramma per la sua famiglia e per lui, che riesce a lenire il dolore (per quanto sia possibile) grazie al calcio giocato, lontano anni luce dalla Serie A, sui campi disastrati, indossando la maglia di squadre che ogni domenica scendono in campo con dignità e passione.

Fuser e il foot golf, amore a prima vista

Nel 2021 è stato eletto presidente della Lega di FootGolf.

Per uno che ha rincorso un pallone fino a 40 anni suonati e oltre, giocando anche in Serie D col Canelli dopo una carriera gloriosa (dagli esordi col Torino, passando per Fiorentina, Milan, Lazio, Parma e Roma con un palmarès di tutto rispetto: 25 presenze in Nazionale, 2 Scudetti, 2 Coppe Italia, 2 Supercoppe italiane, una Coppa UEFA, una Coppa dei Campioni e una Intercontinentale), è una svolta epocale.

Diego Fuser passa dai palloni alle palline. La sua nuova passione si chiama footgolf. Uno sport che ha le stesse regole del golf, ma che si gioca calciando un pallone numero 5.

Fuser è anche il presidente della Federazione FootGolf, una carica che ricopre dal mese di gennaio 2021, una passione che ha preso il posto delle macchinine, l’amore che aveva da bambino.

Fuser gestiva, nelle vicinanze di Asti, una pista per macchinine, piccoli bolidi telecomandati in grado di raggiungere anche gli 80 chilometri orari: “Andavamo sempre in giro il sabato pomeriggio per divertirci, solo che dovevamo fare ogni volta 100 km per andare in una pista decente. Così ci siamo detti: possibile che non riusciamo a fare una pista qui vicino ad Asti? Combinazione, abbiamo trovato un campo di calcio abbandonato e siamo riusciti a creare questa struttura”. Poi la nuova folgorazione.

Come si è avvicinato al mondo del footgolf? “Mi sono avvicinato grazie a un amico che tre anni fa mi ha chiesto se volessi giocare con loro e, a poco a poco, è iniziata la passione per questo nuovo sport. Mi sono bastate poche partite per innamorarmi e iniziare a giocare. La mia idea è di rendere il footgolf uno sport con un riconoscimento ufficiale. Voglio cercare il riconoscimento del CONI e mi piacerebbe che un giorno arrivasse alle Olimpiadi. È un gioco che richiede abilità e fortuna, ma al quale soprattutto possono partecipare tutti.”

Racconto a cura di Simone Balocco

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