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Andrea Sottil, saper aspettare

A Udine Andrea Sottil ha l’occasione di consacrare la propria carriera da allenatore. Finalmente in serie A, dopo un percorso lunghissimo, iniziato a Siracusa e proseguito nelle serie inferiori; vincendo, perdendo, ma sempre imparando.
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Andrea Sottil – Illustrazione di Tacchetti di Provincia

Diciamoci la verità: il 7 giugno 2022, quando l’Udinese ha annunciato Andrea Sottil come nuovo allenatore, ci siamo tutti un po’ sorpresi.

Reduce da una stagione ad Ascoli molto buona, ma non travolgente, con i marchigiani sesti in classifica, e fuori al primo turno dei play-off per mano del Benevento. E ora chiamato a guidare una compagine oramai divenuta storica nella nostra serie A.

È così. Perché alla fine ci siamo tutti un po’ adagiati su questo finto guardiolismo dilagante. Allenatori sempre più giovani, con sempre meno esperienza e anni di dura gavetta alle spalle, gettati nella mischia a guidare compagini ambiziose e non disposte ad aspettarli.

Ma a Udine si ragiona da sempre in maniera diversa. La famiglia Pozzo mastica calcio da anni, e ne sa a pacchi in tal proposito. E per questo motivo sceglie lui, convinta che, per guidare una squadra con tanti giocatori da scoprire e ricchissima di stranieri, serva tutto il suo bagaglio di esperienza.

Scelta che, a giudicare dall’andazzo di queste prime giornate di serie A, sta già ampiamente pagando in dividendi.

Rotolando verso sud

Dopo aver chiuso ad Alessandria un’ottima carriera da giocatore, trascorsa per la maggior parte del tempo in massima serie, guidando le retroguardie di Torino, Fiorentina, Atalanta, Udinese, Reggina, Genoa e Catania, Sottil inizia il proprio percorso da mister in un angolo recondito del nostro calcio. Nel profondo Sud, a Siracusa.

E alla guida degli aretusei è subito impresa, con un primo posto in Lega Pro (l’attuale serie C) che vale la promozione, cancellata solo dai 5 punti di penalità inflitti ai Leoni per inadempienze economiche.

Un’esperienza che però gli fa capire che quella è la sua strada: allenare. Tanto che si iscrive subito al corso di Coverciano per ottenere il patentino di Prima Categoria – Uefa Pro.

Ma per quanto subito, su di lui, si posino gli occhi e le attenzioni di compagini di categoria superiore, sceglie di rimanere umile, di conoscerlo fino in fondo il mondo del calcio, partendo dalle sue basi, e in questo caso dagli scassatissimi campi di serie C.

Pur sapendo che laggiù, di posti al sole, ce ne sono davvero pochi.

Più dolori che gioie

A insegnarti il mestiere dell’allenatore, come diceva un vecchio saggio di questo mestiere, sono più gli esoneri che le vittorie. Perché sono le sconfitte a disegnare i confini della mappa del tuo talento come mister. Ti fanno capire i tuoi punti di forza e i limiti oltre i quali non puoi spingerti, o per lo meno non in quel momento.

A vederlo adesso, in panchina in serie A, fa quasi ridere pensare che, non molti anni fa, è stato silurato dal Cuneo, non confermato dal Siracusa (dove è tornato ad allenare, con la squadra addirittura in serie C), cacciato e richiamato dal Livorno, con cui stravince pure un campionato di serie C, nell’eterna altalena di allenatori che ha da sempre contraddistinto la società del patron Spinelli.

Ci sono anche delle clamorose ingiustizie, nel suo trascorso. Come quando torna a Catania, stavolta nelle vesti di mister, e viene esonerato con gli etnei al quarto posto in classifica, e ancora in corsa per tutti gli obiettivi.

O come quando salva il Pescara, vincendo i play-out ai calci di rigore contro il Perugia, salvo poi non essere confermato, in favore di Massimo Oddo.

Poco male, però. Perchè, come detto, da qui si impara.

Ascoli: le porte del paradiso

Ad Ascoli arriva probabilmente la sua definitiva consacrazione.

A Natale 2020 viene chiamato alla guida dei bianconeri, che raccoglie al penultimo posto della serie B, dopo l’esonero di Delio Rossi, che nei mesi precedenti, da quella squadra, non ha cavato un ragno del buco.

Imposta il suo gioco, pragmatico e lucido, teso a difendere con ordine per poi provare ad azionare il talento dei propri avanti (in quel caso Federico Dionisi, acquistato dal Frosinone, che cambia decisamente volto alla squadra).

Una squadra che a metà stagione pareva spacciata, il 7 maggio ottiene una incredibile salvezza diretta, battendo il Cittadella per 2 a 0.

L’anno dopo fa ancora meglio, portando una squadra inizialmente costruita per puntare ad una tranquilla salvezza al sesto posto, e dunque ai play-off, dove come detto soccomberà al più esperto e strutturato Benevento.

“Rieccomi, Udine!”

Quindi, l’occasione della vita.

Un benevolo destino vuole che questa arrivi in una città e una piazza che Sottil conosce molto bene: Udine. Dove Andrea è stato per anni uno dei leader, uno del “gruppo storico”, insieme ai vari Bertotto, Rossitto, Giannichedda e Calori.

Una squadra dove il talento non manca: da Deulofeu a Udogie, da Beto a Rodrigo Becao. Dove però serve la mano di un allenatore esperto.

Ci penserà lui, allora. Che avrà così pure la possibilità di sfidare il figlio Riccardo, che con la Fiorentina, nella stessa categoria, sta provando ad affermarsi a suon di gol e assist.

In questa avventura porterà tutta la sua valigia, frutto delle esperienze precedenti. Gli servirà tutto, dalle gioie alle delusioni, dalle vittorie agli esoneri inopinati.

A giudicare da queste prime giornate, l’impressione è che convenga mettersi comodi. E godersi lo spettacolo di Mister Sottil.

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