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Wolfsburg, l'inattesa conquista

L'inattesa e irripetibile favola del Wolfsburg vincitore della Bundesliga del 2009. Sotto la guida del condottiero Felix Magath, i Lupi riescono a sovvertire le tradizionali gerarchie del calcio tedesco.
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Immaginate una città nata per volere di un regime negli anni 30, cresciuta attorno a un'enorme fabbrica di automobili, la Volkswagen, e conosciuta in tutto il mondo più per i suoi modelli su quattro ruote che per le imprese su un campo da calcio. Questa è Wolfsburg, una città di appena 120.000 abitanti nel cuore della Bassa Sassonia, che respira calcio solo dal 1945, quando il club viene fondato dagli operai della casa automobilistica.

Infatti, Wolfsburg è un centro urbano che vive in simbiosi con la sua fabbrica. I turni di lavoro, le sirene, l'odore di metallo e vernice fresca: tutto parla della Volkswagen. E anche il calcio. Il VfL Wolfsburg è, fin dalla sua nascita, l'espressione sportiva di questa comunità operaia, un club che per decenni ha vissuto nell'ombra dei giganti tedeschi, salendo in Bundesliga solo nel 1997, navigando per lo più nelle tranquille acque di metà classifica, a parte qualche sporadico acuto europeo o qualche annata difficile.

Ma il calcio, si sa, è la terra dei sogni. E a volte, anche i sogni più improbabili, quelli che sembrano impossibili a inizio stagione, possono diventare realtà. 

La stagione 2008-2009 del Wolfsburg è esattamente questo: una fiaba autentica, degna dei fratelli Grimm, un’impresa che ha lasciato un marchio indelebile nella memoria collettiva, sovvertendo le gerarchie consolidate del calcio tedesco. 

In un campionato spesso monopolio del Bayern Monaco, con rare eccezioni, nel 2008-2009 i Lupi di Wolfsburg hanno azzannato il Meisterschale, il piatto d'argento simbolo del titolo, scrivendo la pagina più bella e forse irripetibile della loro storia e della Bundesliga.

L'architetto del sogno: Felix Magath

Il primo, fondamentale tassello di questo capolavoro arriva nell'estate del 2007. Dopo una stagione fallimentare, la dirigenza decide di attuare una rivoluzione affidando la panchina a un allenatore il cui cognome, Magath, suona già come un programma. 

Wolfgang Felix Magath è un sergente di ferro, uno stratega, uno dei pochi ad aver vinto la Bundesliga sia da giocatore che da allenatore. Arriva da esonerato dal Bayern Monaco ma a Wolfsburg gli viene data piena fiducia, un ruolo all'inglese: è sia allenatore che direttore sportivo. Questo metodo, mutuato dal mondo industriale, elimina divergenze e concentra ogni responsabilità nelle sue mani. 

La sua filosofia è chiara: concretezza, disciplina ferrea, lavoro. Lui stesso, da giocatore, ha segnato il gol che ha beffato la grande Juventus di Platini nella finale di Coppa dei Campioni del 1983, dimostrando una pragmaticità e una determinazione che avrebbe poi inculcato nei suoi giocatori.

Magath inizia subito a plasmare la squadra e a costruire l'ossatura che la renderà una macchina perfetta. Nell'estate 2007 arrivano colpi mirati: Josué dal San Paolo, un mediano interditore solido e coraggioso che diventerà il capitano e una leggenda del club, Edin Džeko, un promettente ventenne bosniaco pescato dal campionato ceco e Grafite, un attaccante brasiliano ventottenne acquistato dal Le Mans. 

La prima stagione, quella del 2007-2008 è per il Wolfsburg positiva: quinto posto in Bundes che vale l’accesso diretto alla Coppa Uefa, Džeko con 8 gol e Grafite con 11 gol iniziano a ingranare e a intendersi.

Una rosa di outsider trasformati in campioni

La vera rivoluzione, invece, quella che porterà alla conquista del campionato, si completa nell'estate del 2008. Via il talento intermittente Marcelinho Paraíba, dentro la fantasia bosniaca di Zvjezdan Misimović dal Norimberga ma soprattutto, dalla Serie A arrivano due campioni del mondo freschi del trionfo del 2006 in Germania: Andrea Barzagli e Cristian Zaccardo dal Palermo a puntellare la difesa,  mentre in porta ci si affida alla sicurezza dello svizzero Diego Benaglio.

Ma è l'attacco che nasconde il vero tesoro di Magath. Da una parte il giovane bosniaco Edin Džeko, dall'altra un brasiliano che sembra aver trovato in Germania la sua seconda patria dopo esperienze altalenanti: Grafite.

Džeko e Grafite diventeranno la coppia gol più prolifica nella storia della Bundesliga, realizzando insieme 54 reti in campionato (28 il brasiliano, 26 il bosniaco), un record che resiste ancora oggi.

La partenza rallentata

La stagione 2008-2009, però, inizia in salita, con risultati altalenanti. La pesante sconfitta per 4-2 in casa del Bayern Monaco alla nona giornata fa scivolare i lupi al nono posto. 

È una Bundesliga strana ed equilibrata. A stupire è il neopromosso Hoffenheim di Ralf Rangnick, trascinato dai gol di Ibišević e Demba Ba, che si laurea campione d'inverno. Il Wolfsburg chiude il girone d'andata ancora al nono posto con 26 punti, nove in meno della capolista.

Nonostante le critiche e i risultati iniziali, Magath è inflessibile. Non cambia il suo credo tattico: un 4-3-1-2 che diventerà la base del successo. Benaglio tra i pali, in difesa Barzagli e Ricardo Costa centrali (con le alternative Simunek e Pekarik, e Zaccardo jolly difensivo), Schäfer a sinistra e Madlung a destra. Davanti alla difesa l'insostituibile Josué, affiancato da Riether e Gentner. Trequartista Zvjezdan Misimović. E davanti, Džeko e Grafite.

Dal gelo invernale alla primavera del trionfo

La svolta arriva a febbraio. Il 6 febbraio 2009, il Wolfsburg batte il Bochum 2-0 in casa. È l'inizio di una sinfonia perfetta. I lupi giornata dopo giornata recuperano punti e scalano la classifica. La banda di Magath, grazie a un ottimo impianto di gioco e una ferrea preparazione fisica, inanella ben dieci vittorie consecutive.

Il culmine arriva il 4 aprile 2009. Alla Volkswagen Arena, gremita da 30.000 spettatori, va in scena la partita che vale una stagione, la più importante della storia del club. Il Wolfsburg ospita il Bayern Monaco e le due squadre sono appaiate al secondo posto con 48 punti, a una sola lunghezza dall'Hoffenheim. Quella che segue è una vera e propria esibizione di forza. Il Wolfsburg divora i bavaresi con un incredibile 5-1. Apre Gentner, pareggia momentaneamente Luca Toni per il Bayern. Ma nel secondo tempo si scatena la coppia delle meraviglie: doppiette di Džeko e Grafite. Il secondo gol del brasiliano è semplicemente da leggendario: parte dalla sinistra, si accentra, si infila tra due difensori, salta il portiere e incrocia di tacco in rete. Mentre la Volkswagen Arena è in delirio, arriva la notizia che l'Hoffenheim ha perso. Il Wolfsburg è primo in Bundesliga per la prima volta in stagione e nella sua storia

Da quel momento, la squadra di Magath non lascia più la vetta fino al 23 maggio 2009 quando la favola si conclude con il finale più bello. Ancora in casa, ancora un 5-1, questa volta contro il Werder Brema. Segnano Misimović, Grafite (due volte), un autogol di Prödl e Džeko. Il gol della bandiera del Werder è del futuro juventino Diego. 

Il Wolfsburg è campione di Germania per la prima volta nella sua storia. 

I numeri di una cavalcata storica

Quell'annata è un trionfo sotto tutti i punti di vista. Il Wolfsburg chiude con 69 punti, il miglior attacco del campionato con 80 gol fatti e una differenza reti di +39. 

La Volkswagen Arena si rivela un fortino inespugnabile: 17 partite casalinghe senza sconfitte, con 16 vittorie e un solo pareggio. Ma il dato che più di ogni altro simboleggia l'impresa è quello della coppia d'attacco: Edin Džeko (26 gol) e Grafite (28 gol) segnano insieme 54 reti.

Non solo Grafite vince il titolo di capocannoniere ma insieme stabiliscono il record assoluto di miglior coppia offensiva nella storia della Bundesliga, superando leggende come Gerd Müller e Uli Hoeness. 

Alle loro spalle, il trequartista Misimović è il re degli assist con 20 passaggi vincenti in campionato. Josué si conferma un leader silenzioso, la diga davanti alla difesa. Barzagli, il campione del mondo, è un pilastro insuperabile. Lo stesso Barzagli racconterà come Magath gli abbia "stravolto completamente la mentalità" facendogli capire, con parole dirette ("Sai perché non ti alleni bene? Perché non credi in quello che fai") l'importanza di dare sempre il 100%.

L'eredità di un'impresa

L'eredità di quell'impresa è enorme, soprattutto per il calcio tedesco. Il Wolfsburg dimostra che è possibile spezzare, anche se solo per un anno, il quasi trentennale duopolio che si sarebbe poi ristabilito tra Bayern Monaco e Borussia Dortmund. 

Ha portato il Meisterschale in una piccola città, legata a doppio filo a un'azienda, in controtendenza rispetto ai grandi club tradizionali diventando la dimostrazione che, con un progetto chiaro, un allenatore carismatico e i giocatori giusti al posto giusto nel momento giusto, si possono compiere miracoli. 

Ma le favole, a volte, durano lo spazio di una stagione. Il ciclo di Magath si chiude subito dopo il trionfo. Il tecnico si trasferisce allo Schalke 04. .I principali artefici del successo vengono ceduti nel giro di poco tempo: Misimović nel 2010, Džeko a gennaio 2011 al Manchester City, Grafite a luglio 2011. 

La stagione successiva al titolo è difficile, l'allenatore Armin Veh viene esonerato e la squadra chiude ottava. L'esordio in Champions League vede il Wolfsburg arrivare terzo nel girone (dietro Manchester United e CSKA Mosca) e retrocedere in Europa League, dove si ferma ai quarti contro il Fulham. 

La stagione 2010-2011, invece, è disastrosa, con diversi cambi in panchina, fino al ritorno di Magath che riesce nuovamente a salvare la squadra all'ultima giornata.

Gli anni successivi si susseguono di alti e bassi. Un altro exploit arriva nella stagione 2014-2015, quando il Wolfsburg arriva secondo in Bundesliga (dietro al Bayern) e vince la sua prima Coppa di Germania battendo in finale il Borussia Dortmund. 

Pochi mesi dopo, conquista anche la Supercoppa di Germania ai danni del Bayern Monaco, con Niklas Bendtner eroe inatteso. Tuttavia, la stabilità e i fasti del 2009 non si ripeteranno più. 

Le stagioni si alternano tra piazzamenti mediocri, la lotta per non retrocedere (due playout vinti), qualche sporadica qualificazione europea e un quarto posto nel 2020-2021 che vale l'ultima partecipazione in Champions League.

Oggi, quando si passa davanti alla Volkswagen Arena, è impossibile non notare la replica della Meisterschale esposta con orgoglio. È il simbolo tangibile di una stagione magica, quando una piccola città industriale ha osato sfidare i giganti e, contro ogni pronostico, ha vinto.

In quella coppa non c'è solo il ricordo di vittorie sul campo. C'è la storia di una comunità che ha trovato nel calcio un'identità collettiva, la dimostrazione che anche i sogni apparentemente più impossibili possono, a volte, diventare meravigliosamente reali.

E mentre la città continua a vivere al ritmo della sua fabbrica, quel ricordo resta vivo, tramandato come una leggenda che parla di sacrificio, di visione. Una leggenda che inizia con il rombo dei motori Volkswagen e si conclude con il boato di uno stadio in festa, in una sera di maggio in cui una piccola città industriale ha scritto il suo nome nella storia del calcio tedesco.

Il nuovo equilibrio del calcio tedesco

Il trionfo del Wolfsburg rappresenta più di una semplice vittoria sportiva. È la dimostrazione che il modello tradizionale del calcio tedesco può essere messo in discussione da realtà emergenti con alle spalle solide strutture aziendali.

Nei primi anni duemila, infatti, il calcio tedesco è ancora dominato dalle potenze storiche come Bayern Monaco, Borussia Dortmund e Hamburg. Il Wolfsburg apre una breccia in questo sistema, dimostrando che anche un club senza grande tradizione può raggiungere la vetta con una gestione oculata, investimenti mirati e un progetto tecnico coerente.

Gli anni successivi vedranno altre realtà emergere seguendo percorsi simili: l'Hoffenheim con il sostegno di Dietmar Hopp, il Lipsia con la Red Bull. Progetti imprenditoriali che cambiano il volto del calcio tedesco, generando dibattiti accesi sulla tradizione e sul rispetto della "50+1 Regel", la norma che impone ai club tedeschi di mantenere la maggioranza delle quote in mano ai soci.

Racconto a cura di Biagio Gaeta

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