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Thomas Manfredini, due carriere in una sola

La prima di Thomas Manfredini è da terzino sinistro “adattato”. Poi da arcigno centrale di difesa, a partire da quel magico pomeriggio di San Siro.
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Thomas Manfredini - Illustrazione Tacchetti di Provincia

30 marzo 2008. Milano. Stadio Giuseppe Meazza. Minuto 33 di Milan-Atalanta.

La Dea è appena passata in vantaggio contro i quotatissimi avversari rossoneri grazie a un tap-in di Sergio Floccari, che ha ribadito in rete un suo stesso tiro inizialmente respinto dal gigante Kalac.

Ma a preoccupare mister Del Neri sono i segnali che arrivano dal campo. Perché nel groviglio di maglie nerazzurre festanti si accascia Leonardo Talamonti, centrale di difesa di nazionalità argentina. Forse un fastidio muscolare, forse una botta. Non ce la fa. Cambio.

Il mister di Aquileia sfoglia la margherita delle soluzioni disponibili. Poi decide.

“Dai Manfre, entri tu”

“Io mister? Al posto di Tala?”

“Ho detto Manfre cazzo, sei sordo? Togliti la tuta, fai due scatti che entri a fare il centrale di fianco a Maxi (Maximiliano Pellegrino, n.d.r.)”

Chissà a cosa avrà pensato Thomas Manfredini in quei pochi secondi a disposizione, giusto il tempo di dismettere la tuta, attivare i muscoli ed entrare in campo alla Scala Del Calcio.

Lui, che per tutta la prima parte della sua carriera è sempre stato impiegato come terzino (o al massimo come terzo centrale) a sinistra, ora aveva l’occasione di dimostrare a tutti di essere un ottimo difensore centrale, un mestiere che ha sempre sentito suo. E quale scenario migliore della Scala del Calcio? Al cospetto poi di elementi del calibro di Gilardino e Pato.

Spesso nei film è difficile stabilire, al momento della proiezione nelle sale cinematografiche, in che punto della trama inserire l’intervallo. C’è il rischio di spezzare il ritmo, o peggio ancora di perdere il filo.

Nel film della carriera di Thomas Manfredini questa operazione sarà invece molto più semplice. Perché nella sua vita calcistica ci sarà per sempre un prima e un dopo quel 33esimo minuto di Milan-Atalanta.

Primo tempo: il biondo terzino di Ferrara

Gli inizi vedono questo biondissimo e riccioluto ragazzo partire nel suo percorso dalla Spal, squadra della sua città, che lo preleva dall’Arginone (dove era un attaccante anche piuttosto prolifico) e lo mette a fare il difensore. Hanno notato infatti che il ragazzo, oltre ad avere una buona struttura fisica, che gli permette di essere molto forte nell’uno contro uno e di essere spesso dominante nelle palle aeree, è anche dotato di una buona corsa e di uno ottimo sinistro, che gli permette di essere pure schierato, all’occorrenza, a sinistra come terzino.

Inizia a destreggiarsi così, con gli estensi, prima in C2, poi in C1. Viene notato dall’Udinese, che milita in serie A, e che nel 1999 lo porta in Friuli. L’ottimo esordio con la Roma convince mister De Canio delle capacità di questo ragazzo, che a suon di buone prestazioni si merita anche la chiamata di Tardelli nell’Under 21.

Col trascorrere degli anni e col continuo avvicendarsi sulla panchina bianconera, lo spazio si riduce. Proprio nel momento in cui Thomas dovrebbe fare il salto di qualità. Gli viene inoltre sempre più ritagliato un vestito da terzino sinistro che non sente suo.. Si sposta dunque in prestito, a Firenze prima, dove contribuisce in 6 mesi a riportare la Viola in serie A, e a Catania poi, dove gioca la prima stagione interamente da titolare.

Fino a che, nell’estate del 2005, finisce in un tourbillon impazzito del calciomercato, che coinvolge 7 giocatori (più denaro contante) sull’asse Udinese- Atalanta. Roba che neanche il presidente Borlotti de “L’allenatore nel Pallone”

Le migliori azioni di Thomas Manfredini con la maglia dell’Atalanta nella stagione 2008-2009

Bergamo. Anzi no.

A Bergamo però rimane giusto il tempo del ritiro estivo. Non piace infatti a Mister Colantuono, che in quel ruolo preferisce Gianpaolo Bellini (che a Bergamo diventerà un’istituzione). In serie B il club non può permettersi di tenere in panchina un giocatore del suo calibro, così è costretto a fare le valigie, direzione Rimini, in prestito. L’estate successiva il copione è identico, via di nuovo, a Bologna, ancora in serie B.

Subentra allora, a gamba tesa, la Giustizia Sportiva, che sta indagando su dei presunti illeciti in cadetteria. E nel pentolone, chissà come mai, ci finisce anche Thomas, che si becca 3 mesi di squalifica. 

Non ci voleva, caspita. Proprio ora che aveva bisogno di una chance. Ora che serviva dare un’accelerata, per non rischiare di iniziare troppo presto la parabola discendente della propria carriera. Proprio ora che a Bergamo è arrivato Luigi Del Neri, che rispetto a Colantuono ha visto qualcosa in cui credere in lui. Tanto da convincere la società a tesserare Manfredini, nonostante la squalifica, anche per la stagione successiva. Il quale, terminato lo stop forzato, acquisisce sempre più importanza nello scacchiere tattico del mister di Aquileia.

Secondo tempo: il baluardo Thomas Manfredini al centro della difesa

Si arriva dunque a quel fatidico 30 marzo 2008. Partita che, per la cronaca, l’Atalanta vincerà 2 a 1. Grazie al gol di Langella, che si aggiungerà a quello del già citato Floccari, e grazie soprattutto a Ferdinando Coppola, che al 92esimo neutralizza il rigore del possibile 2 a 2 di Andrea Pirlo.

Thomas Manfredini è stato sempre costretto, fino a quel momento, a ritagliarsi il suo spazio come terzino sinistro. E’ uno della rosa, uno dei tanti viene da dire. Ma da quel giorno diventerà il perno insostituibile della difesa dei nerazzurri. Sarà un centrale di difesa, da ora in avanti. Finalmente, direbbe lui.

Interpreta infatti meravigliosamente bene i dettami della difesa alta del mister, con l’applicazione quasi ossessiva del fuorigioco. Una retroguardia che oltretutto Thomas guida con grande autorità.

Con Bergamo poi il legame diventa indissolubile, tanto che decide di rimanere anche in serie B, dopo la nefasta retrocessione del 2010.

Subentreranno poi una stagione con diverse noie fisiche, e soprattutto un rapporto sempre più burrascoso con il ds Marino (lo stesso che a Udine lo aveva lanciato), che lo costringerà a salutare la Dea una volta per tutte.

Vicenza: The Last Dance

Dopo i sei anni a Bergamo vive una discreta stagione a Genova con la maglia rossoblu, e una decisamente più sfortunata a Sassuolo, dove Di Francesco addirittura lo mette, abbastanza inspiegabilmente, ai margini della rosa.

Ma da Vicenza arriva la possibilità di una Last Dance. La società biancorossa infatti, che da troppi anni stagna distante dalla serie A e che è appena stata riammessa in B, nell’estate del 2014 ha un enorme vantaggio: fare mercato quando le altre non possono farlo, grazie alla delega della Federazione. Arrivano così giocatori come Di Gennaro, Ragusa, Sampirisi, Brighenti. 

La squadra, sotto la sapiente guida di Pasquale Marino, fa capire di avere dei valori importanti al proprio interno, e la proprietà si lascia ingolosire dalla possibilità di rientrare nella corsa play-off e di far tornare una maglia così prestigiosa nella categoria che più le compete. Così a gennaio rinforza la squadra, con elementi del calibro di Petagna, Vita, Spinazzola e, appunto Thomas Manfredini.

“Viene da un anno di semi-inattività, ha qualche problemino fisico, ma può guidare la nostra retroguardia con la sua esperienza e il suo talento”. Deve essere stato questo il pensiero dalle parti di Via Schio.

E in effetti, da quando arriva lui, la differenza si vede eccome. È un muro, insuperabile nell’uno contro uno, forte di testa, un leader e una certezza per i più giovani Brighenti e Gentili. Il Lane, al termine di una scalata epica alla classifica, chiuderà terzo dietro Carpi e Frosinone. La rottura del tendine d’Achille non gli consente di partecipare ai playoff (e chissà se contro il Pescara in semifinale con lui in campo per il Lane sarebbe stata la stessa malaugurata storia), ma non ferma la società berica dal riscattarne il cartellino.

Vicenza la stagione successiva lo aspetta con trepidazione, anche perché i fasti dell’anno precedente sono ben lontani, e la squadra lotta per non retrocedere. Ma proprio quando il baluardo sembra essere tornato, nella trasferta di Como il maledetto tendine fa di nuovo crac.

Lasciando a tutti l’impressione che, a 36 anni, nel film di Thomas Manfredini siano pronti a scorrere i titoli di coda.

Un film che racconta di un viaggio pazzesco, di due carriere diverse vissute in una sola. Di un ragazzo che, partito da Ferrara, non si è mai arreso. Né di fronte agli infortuni né di fronte alla sfortuna. Sempre a testa alta, senza paura. Come quel pomeriggio di marzo, quando si trovò buttato nella mischia. Da centrale. A San Siro. Contro il Milan.

I cavalli, una passione (ora) tutta da vivere

Come spesso accade nelle grandi pellicole, finito il film del Thomas calciatore iniziano le riprese dello spin-off. “Thomas e l’ippica”. Una passione, quella per i cavalli, che gli appartiene da sempre, ma che stonava con i suoi impegni da calciatore professionista. E che ora invece può vivere appieno.

E qui le riprese non sono ancora terminate, anzi. La storia e la sceneggiatura sono ancora tutte da scrivere.

La vittoria di Thomas Manfredini in sella a Ultra Grif all’Ippodromo del Savio

Leggi anche la nostra intervista esclusiva a Thomas Manfredini

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