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Buon Compleanno, Gigi Riva

Oggi 7 novembre Luigi Riva detto “Gigi” avrebbe compiuto 80 anni: è morto a Cagliari lo scorso 22 gennaio. Riva è riconosciuto come uno dei più forti calciatori italiani di sempre e quando si pensa a lui non si può non pensare a Cagliari e al Cagliari, la sua seconda città, la sua seconda pelle, la sua seconda vita. La sua vita. Un mito del calcio italiano, europeo e mondiale.
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Gigi Riva - Tacchetti di Provincia

Il 1944 è considerato dagli storici come l’anno più duro della Seconda Guerra Mondiale: l’Italia allora era divisa in due e tutto il Paese era in ginocchio a causa di una guerra che sembrava non finire mai.

Il 7 novembre a Leggiuno, paese a quindici chilometri da Varese, Ugo ed Edis Riva danno al Mondo il loro quartogenito: dopo Candida, Lucia e Fausta ecco arrivare Luigi. La vita dei Riva è di pochi fronzoli. Papà Ugo lavora in fabbrica dopo un passato da sarto, la mamma è una casalinga: è dura mantenere quattro figli, ma i due ci provano e ci riescono.

Leggiuno, paese adagiato sulla sponda lombarda del lago Maggiore, è nota per l’eremo di Santa Caterina del Sasso, un convento di suore: oggi è luogo turistico, ma in quel 1944 c’è da pensare poco al turismo. 

Nel 1953 la famiglia Riva subisce un grave lutto: il 10 febbraio, Ugo viene trafitto da una scheggia di ferro staccatasi da una pressa e muore. Ora Edis deve mantenere da sola i quattro figli e per farlo sa di dover fare i salti mortali e ci riesce.

Luigi andrà in collegio a Viggiù, a Milano e fugge per ben tre volte. Testa dura, Luigi: non ne vuole sapere della scuola. E’ un ragazzo libero che ha un sogno: giocare a calcio, il suo sport preferito. E’ bravo Gigi con il pallone, tanto da entrare nel Leggiuno grazie a prove sensazionali nei tornei serali estivi che si tengono in quella zona. Non ottiene premi in denaro ma salumi, formaggi e vino: non sono soldi ma sono cose che si comprano con i soldi e mamma Edis prepara la tavola con ciò che ha vinto il figlio.

Luigi Riva viene ingaggiato dal Legnano, squadra dalla maglia lilla con un recente passato in Serie A. La stagione 1962/1963 vede la squadra di mister Lupi giocare in Serie C: Riva ha 18 anni, debutta tra i professionisti il 21 ottobre e segnerà al debutto la terza rete con cui i lilla battono l’Ivrea. A fine stagione, Riva conta 23 presenze e sei reti messe a referto. E’ una punta centrale, Gigi: ha senso della posizione, senso del gol, vede la porta. Si dice un gran bene di lui e si pensa possa sfondare nel calcio. Gioca anche nella Nazionale juniores, si fa notare per prestanza fisica e gol. Tanti gol. Riva è giovane, deve fare la gavetta, deve farsi le ossa, dovrà rimanere in provincia perché il salto di categoria è molto impegnativo.

Ma sul 19enne Gigi si interessano tante squadre. L'Inter lo scarta e sulle altre non sembra attecchire. Che si fa? Chi è pronto a scommettere sul giovane Riva? 

E’ pronto a scommetterci il Cagliari, compagine rossoblù sarda nata poco più che quarant’anni prima e che milita in Serie B. Il club del presidente Arrica mette sul piatto 37 milioni di lire e il 13 marzo 1963 il Legnano accetta e Riva si trasferisce in Serie B alla corte di mister Arturo Silvestri. Riva vorrebbe il Bologna, ma si deve accontentare di un’altra squadra con la maglia rossoblù. La firma del contratto tra il club sardo e l’attaccante varesotto è siglato negli spogliatoi nell’intervallo del match fra Italia juniores e Spagna al “Flaminio” di Roma.

La Serie B non è la Serie A ovviamente, ma non è la Serie C. Solo che c’è un problema di non poco conto: la Sardegna del 1963 non è come quella di oggi. E' una terra che vive di agricoltura, è un paesaggio che ha sempre il mare blu come oggi ma dove ancora non esiste il turismo, è una terra aspra, è terra di banditi e di militari che vengono mandati sull'isola per punizione. Non proprio un paradiso terrestre, diciamo.

Gigi accetta malvolentieri di farsi questo viaggio e non appena mette piede in Sardegna, dopo poco settimane, vuole ritornare già a casa. Il rapporto si prospetta faticoso: chi glielo ha fatto fare di gettarsi in questa avventura? Riva immagina che Cagliari sia una tappa di passaggio nella sua carriera da calciatore, poco tempo lì per poi approdare in una grande del ... continente. 

Invece Riva debutta con il Cagliari il 13 marzo 1963 contro il Prato e giocherà la sua ultima partita in maglia rossoblù il 1 febbraio 1976. Tredici stagioni consecutive, 378 presenze, 208 reti: oggi quarto giocatore con più gettoni e top scorer inavvicinabile del club dei Quattro Mori. “Ma non doveva rimanere solo un anno?”, si potrebbe obiettare. E invece tra Gigi Riva, il Cagliari e la città nasce un qualcosa di incredibile, una storia d’amore d’altri tempi che vedrà l’attaccante non lasciare mai la squadra rossoblù anche davanti a offerte incredibili per lui e per la squadra. Riva sempre niet: “io da Cagliari non mi muovo”. 

E l’amore diventerà una cosa inscindibile il 12 aprile 1970: con la vittoria casalinga allo stadio “Amsicora” contro il Bari e alla contemporanea sconfitta della Juventus contro il Napoli, il Cagliari vince lo Scudetto. Un incredibile ed irripetibile Scudetto che manda il “Casteddu” nello spazio. La classifica finale dice Cagliari Campione d’Italia con 45 punti contro i 41 dell’Inter e i 38 della Juventus. Guarda il caso: nella stagione in cui Riva vince il campionato e per la terza volta la classifica marcatori in quattro anni, arriva seconda la squadra che lo aveva bocciato da ragazzo e terza la squadra che avrebbe fatto di tutto per averlo. Il tricolore per la prima volta va sulle maglie di una squadra isolana. Per la prima volta lo scudetto va al Sud, per la prima volta tutti iniziano a conoscere il Cagliari, Cagliari e la Sardegna. Se avessero potuto, i cagliaritani avrebbero eletto Riva sindaco, vescovo e papa. 

Artefice di quello scudetto è stato mister Manlio Scopigno, 45enne di Rieti nato in Friuli che nei suoi sei anni in sella al club rossoblù scrisse una grande pagina di calcio, portando il “Casteddu” a giocare in Europa tra Coppa delle Fiere, Coppa Anglo-Italiana e Coppa dei Campioni. E poi la squadra, quella mitica squadra: AlbertosiMartiradonnaZignoliCeraNiccolaiTomasiniDomenghiniNenèGoriGreattiRiva, una sorta di filastrocca come la “SartiBurgnichFacchettiBedin” di herreriana memoria. E lui, Luigi Riva che, partito dalla lontana Leggiuno, ha scritto la storia in una terra dove il calcio era l’unica valvola di sfogo di un'intera regione e di tutta la sua gente. Per non parlare del fatto che ogni partita giocata dal Cagliari lontana dalla Sardegna, vedeva migliaia di cagliaritani al seguito: quando si dice amare la propria squadra, difenderne i colori, tifarla in una regione lontana. E del resto i cagliaritani (ma i sardi, in generale) sono gente solitaria e introversa, ma anche orgogliosa, testarda e con la loro terra sempre nel cuore.

Riva a Cagliari diventa un giocatore spaziale e Gianni Brera gli dà un soprannome che diventerà epico: “rombo di tuono”. Il giornalista, allora firma del Guerin Sportivo e de Il Giorno e noto per dare soprannomi particolari ai giocatori, glielo conferisce il 25 ottobre 1970 dopo la vittoria del Cagliari scudettato contro l’Inter a San Siro dove Riva sigla una doppietta. Il sommo Brera gli assegna quel soprannome iconico e mitico che lo accompagnerà poi per tutta la vita: “rombo di tuono”, suono onomatopeico dei tiri scagliati da Riva verso Ivano Bordon. Tra il 1967 ed il 1970, Gigi Riva è tra i candidati al Pallone d’oro, dove ottiene un secondo posto nel 1969 dietro a Gianni Rivera e un terzo posto l’anno successivo dietro a Bobby Moore e Gerd Muller.

Gigi Riva capisce  che Cagliari e la Sardegna il suo Eldorado, la sua Shangri-La e il motivo per cui decide di non lasciare mai la squadra rossoblù è chiaro: “non lascio chi ha creduto in me e chi mi ama e anzi mi scuso se il primo impatto di quell’estate 1963 fu catastrofico”. E nonostante le tante offerte arrivategli dalle grandi squadre del nord che gli avrebbero dato più soldi, più visibilità e la possibilità di vincere di più, lui ha sempre rifiutato, scegliendo sempre e solo il Cagliari. Un pazzo? No! Riva è una bandiera, un giocatore d’altri tempi. 

Riva capì fin da subito che la sua vita sarebbe stata nell’isola a forma di orma del piede sinistro (tra l’altro, il suo) e non tradì mai squadra, compagni, la gente. In pratica, Riva lascia l’Isola solo per giocare in trasferta con il Cagliari o in Nazionale (con cui gioca una volta il 23 dicembre 1967 all’”Amsicora” contro la Svizzera in una partita di qualificazione all’Europeo del 1968 giocato in Italia, segnando una delle quattro reti).

Ed ecco il secondo capitolo di Gigi Riva: la Nazionale. In carriera, l’attaccante di Leggiuno ha giocato 42 partite e segnato ben 35 reti in maglia azzurra: una media di 0,83 gol a partita. Riva debutta il 27 giugno 1965 contro l’Ungheria in amichevole e chiude il 19 giugno 1974 contro l’Argentina a Stoccarda nella fase a gironi del Mondiale di Germania passato alla storia come una delle peggiori performance degli Azzurri in una kermesse mondiale (quella dell’“azzurro tenebra” coniato da Giovanni Arpino). 

Riva in Nazionale vince un Europeo (suo il gol che ha aperto le marcature contro la Jugoslavia in finale) e arriva secondo nel Mondiale messicano del 1970 (suo il gol del momentaneo 3-2 nella semifinale contro la Germania Ovest nella “partita del secolo”). La sua ultima rete in Nazionale risale al 20 ottobre 1973 contro la Svizzera per le qualificazioni al Mondiale dell’anno successivo: da allora, nessuno si è mai avvicinato alle sue trentacinque reti in Nazionale.

Uno come lui non poteva non essere legato alla maglia più bella di tutte e nel 1987 l’allora Presidente federale Antonio Matarrese lo promuove prima dirigente e tre anni dopo team manager della Nazionale. Cosa fa un “team manager”? E’ quello che organizza, tra le tante cose, le trasferte, il soggiorno dei calciatori, fa da tramite tra allenatore e squadra e della squadra è colui che deve assicurare che tutti stiano bene. Un ruolo dirigenziale molto delicato. 

Riva rimarrà team manager (e accompagnatore) degli azzurri fino al 2013 quando decide di dire addio davvero al calcio. E ovviamente da team manager alza la Coppa del Mondo a Berlino il 9 luglio 2006. Quella coppa (anche se era Coppa Rimet allora) che aveva solo accarezzato il 21 giugno 1970 e che nulla ha potuto contro il Brasile dei “quattro numeri 10”. Un piccolo risarcimento? Forse, ma in quegli anni al fianco della Nazionale Riva è stato tutto. 

Poi la serata indimenticabile di mercoledì 9 febbraio 2005: in occasione della partita amichevole al “Sant’Elia” tra Italia e Russia, il Comune di Cagliari decide di dare a Riva la cittadinanza onoraria e il Cagliari, presieduto allora da Massimo Cellino, decide di ritirare la sua maglia numero 11. Da quel momento Gigi Riva diventava cagliaritano a tutti gli effetti (anche se lo era da quarant’anni) e nessun altro avrebbe più indossato la sua maglia. 

L’ultimo a indossare l’iconico numero 11 del Cagliari è Rocco Sabato: il terzino quella sera consegna a Riva la sua maglia per poi parlarsi e commuoversi. Per Sabato è stato un grande onore aver indossato quella maglia anche se per pochi mesi, per Riva la consapevolezza di essere entrato nella storia del club sardo.

Si commossero poi tutti la sera del 22 gennaio scorso quando arriva la triste notizia: "Luigi Riva, colpito da una sindrome coronarica acuta il giorno prima, muore a 79 anni". Due giorni dopo la chiesa di Santa Bonaria è piena al suo interno e il piazzale antistante altrettanto. C’è tutta la Cagliari calcistica su quel sagrato, tantissimi ex compagni del Cagliari scudettato e della Nazionale, numerosi giocatori che lo hanno affrontato in campo, oltre a migliaia di tifosi del Cagliari che lo hanno visto giocare o che sono cresciuti con il suo mito. Ma c'è anche tutta Cagliari anche se non appassionata di calcio che ha visto in Gigi Riva la persona che li ha fatti riscattare con quel piede sinistro baciato dal dio del calcio. E c’era, anche solo con il pensiero e il trasporto, l’Italia intera.

Oggi Gigi Riva, il figlio di Ugo e Edis, il ragazzino  diventato l’idolo di un’intera regione e di una generazione che ha visto in lui l’eroe della porta accanto, avrebbe compiuto 80 anni. Quello che ha fatto il percorso inverso: se nei primi anni Sessanta erano tanti i sardi che lasciavano la loro terra per andare nel “continente” in cerca di una nuova vita, lui era partito dal nord per andare a cercare fortuna (calcistica) in Sardegna. La trovò non credendoci e fece la fortuna sua e del club che fino a quel 12 aprile 1970 non aveva mai avuto soddisfazioni e le trovò grazie ad un tecnico capace (Manlio Scopigno), una squadra eccezionale e poi lui, quel numero 11 venuto da lontano. L’attaccante giusto al posto giusto al momento giusto. Un uomo diventato grande lontano dal Lago Maggiore e che ha scritto una grande pagina di calcio e di vita calcistica in riva al Poetto, uno dei mari più belli del Mondo. E ha reso orgogliosi papà Ugo e mamma Edis.

Manca “Giggirivarombodituono”, manca come il pane, manca come i gol che segnava di sinistro. Manca sempre. Si dice che ci sono giocatori che passano una volta ogni duecento anni e lui è stato uno di quelli. E magari ora è con l’”amico fragile” Fabrizio de André, conosciuto nel settembre 1969 e con cui ebbe un grande feeling ed una bella amicizia. Una bella amicizia tra due appassionati di calcio e molto simili caratterialmente.

Auguri Gigi Riva. Auguri “Rombo di Tuono”. 

Racconto a cura di Simone Balocco

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