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Wish You Were Football

In questi giorni compie cinquant’anni uno degli album leggendari della storia della musica: Wish You Were Here dei Pink Floyd. Un disco che ha regalato ad appassionati di tutto il mondo sonorità uniche e una copertina iconica. Come spesso accade con la grande musica, non si tratta soltanto di una ricorrenza commemorativa, ma di un viaggio collettivo dentro l’immaginario. Un racconto che travalica i confini del vinile e arriva fino ai gradoni di uno stadio.
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I Pink Floyd mantengono da sempre un legame autentico con il calcio. Non è un mistero che Roger Waters e David Gilmour siano tifosi dell’Arsenal. Le cronache parlano di abbonamenti ai Gunners e persino di sessioni di registrazione interrotte per correre a sostenere la squadra nel vecchio Highbury.

Esistono anche riferimenti celati che richiamano la passione per l’Arsenal. Ad esempio, il brano The Gunner’s Dream, tratto dall’album The Final Cut (1983) sarebbe stato concepito da Waters come un omaggio alla sua squadra del cuore, sebbene il testo non abbia nulla a che fare con il calcio.

Un rapporto che va oltre la semplice simpatia da tifoso e rivela qualcosa di più viscerale.

The First Eleven (First XI)

Nel pieno del successo planetario, negli anni ’70 i Pink Floyd fondano una propria squadra di calcio: la First Eleven (First XI). Nasce così una vera e propria Pink Floyd Football Club, con maglie numerate, fotografie ufficiali e groupie con felpe simboleggiante l’acronimo PFFC. 

Spuntano anche t-shirt di allenamento con il simbolo della birra Guinness e partite settimanali contro tecnici del suono, giornalisti e altre band. Sono sfide autentiche, con spogliatoi infuocati e tattiche da rispettare, che tra una tournée e una seduta in studio diventano momenti di aggregazione assoluta.

Questa esperienza entra anche nella discografia della band: dapprima in A Nice Pair (1973), con una formazione in maglia blu al centro della copertina, e poi con il box set pubblicato nel 1979 dal nome evocativo, The First Eleven. Quest’ultimo è un cofanetto a tiratura limitata, divenuto una reliquia assoluta per collezionisti di tutto il mondo.

“Think I’ll buy me a football team”

Il legame con il calcio affiora anche nelle canzoni. In Money, uno dei brani più iconici di The Dark Side of the Moon (1973), Gilmour canta: “Think I’ll buy me a football team”. Una battuta goliardica, ma anche uno specchio dei tempi. Con l’avvento degli anni Settanta, il denaro ha già cominciato, piano piano, a trasformare in business sia la musica che il calcio.

Quel verso non è solo il capriccio di una rockstar, ma una riflessione disillusa sulla potenza dei nostri desideri. E non è un caso che, molti anni dopo, proprio Nick Mason, il più discreto e riservato del gruppo, partecipa al salvataggio del Bolton Wanderers. Nel 2019, infatti, il batterista è stato uno dei protagonisti del consorzio che ha cosi evitato il fallimento dello storico club inglese. 

Money, alla fine, aveva detto la verità.

Meddle, un Lp dal profumo di calcio.

L’album che più di tutti entra nell’immaginario dei calciofili è senza dubbio Meddle (1971). Lì spicca Fearless, ballata lenta che si chiude con il coro registrato dal vivo di You’ll Never Walk Alone. Un inno immortale che risuona ogni sabato pomeriggio ad Anfield, prima delle partite del Liverpool. Il coro dei tifosi dei Reds irrompe nella canzone come un lampo improvviso, una dichiarazione d’amore per la passione autentica del football, al di là dei colori. Il calcio come sentimento collettivo, appartenenza, passione popolare. E i Floyd lo capiscono prima di tanti altri.

Sempre in quell’album c’è One of These Days, brano quasi interamente strumentale che in Italia assume un significato speciale. La traccia iniziale di Meddle infatti diventa la sigla di Dribbling, storica rubrica sportiva della Rai.

Per milioni di telespettatori, i bassi pulsanti e ipnotici di Roger Waters e David Gilmour introducono i pranzi del sabato. Una generazione intera finisce così per associare i Pink Floyd alle storie del calcio italiano raccontate da Rai2, intrecciandoli per sempre nell'immaginario condiviso dei nostalgici del pallone.

La coreografia dei tifosi della Salernitana

E quando musica e pallone dialogano così da vicino, è naturale che il richiamo riaffiora anche sugli spalti di uno stadio. 

Nel 2023, all’Arechi di Salerno, la Curva Sud Siberiano ha deciso di rendere omaggio ai Pink Floyd con una coreografia unica. Un tributo in tre atti, che lascia senza fiato.

Si comincia con The Wall, un copricurva monumentale che richiama l’iconica immagine dell’album trasformando il settore in un palcoscenico visivo. Poi prende forma un gigantesco prisma che rifrange la luce, evocando la celebre copertina di The Dark Side of the Moon, accompagnato dalla scritta: “Ci troverete sempre qua, nel lato oscuro della luna”. Infine, il tributo si chiude sulle note di Shine On You Crazy Diamond, con un altro messaggio potente: “Continua a brillare, pazzo diamante”. Appellativo attribuito al compianto Syd Barrett, fondatore e primo leader del gruppo.

Francesco Repice, storica voce di Tutto il Calcio Minuto per Minuto, racconta l’evento in diretta, estasiato dallo spettacolo offerto dai tifosi granata. Nelle sue parole si coglie tutta la forza simbolica di quella coreografia e sottolinea come la musica dei Pink Floyd è ormai entrata, a pieno titolo, nel bagaglio collettivo delle curve italiane. 

Alan Parsons, da Michael Jordan al Renzo Barbera

In questo mosaico che salda la band al calcio entra di diritto anche Alan Parsons, storico ingegnere del suono di MeddleThe Dark Side of the Moon, poi leader di The Alan Parsons Project.

Suo è Sirius, brano strumentale diventato immortale da quando i Chicago Bulls lo scelsero come colonna sonora per l’ingresso in campo di Michael Jordan e compagni. Una scelta che ha segnato un’epoca, trasformando quella musica in un inno epico, capace di accendere lo spettacolo ancora prima che iniziasse la partita.

Ma Sirius ha trovato casa anche nel calcio del nostro paese. Negli ultimi anni, accompagna la lettura delle formazioni del Palermo nelle gare casalinghe, trasformandosi in un vero e proprio rito sportivo sugli spalti del Renzo Barbera. 

Wish you were here…

Tutto torna, insomma. I Pink Floyd, nel loro viaggio tra sonorità psichedeliche e continua ricerca musicale, hanno incrociato il calcio in mille modi: nelle canzoni, negli stadi, nei gesti, ma soprattutto nel desiderio di appartenenza.

Oggi, mentre Wish You Were Here compie cinquant’anni, ci accorgiamo che quel brano appartiene a tutti. E il frame finale della canzone lo ricorda sottovoce:

Running over the same old ground
Correndo sopra lo stesso vecchio terreno

What have we found?
Che cosa abbiamo trovato?

The same old fears
Le stesse vecchie paure

Wish you were here.
Vorrei che tu fossi qui

Perché, in fondo, dopo un gol della propria squadra del cuore, nell’abbraccio che manca per l’assenza che strugge dentro, rimbomba in testa Wish You Were Here - vorrei che tu fossi qui

Racconto a cura di Giuseppe Vassallo

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