Massimo Donati, Io sono leggenda!
Glasgow. Stadio Celtic Park.
Tempio del tifo di fede Celtic, appunto. Biancoverdi nel cuore, celtici per tradizione, cattolici fino al midollo.
Se vi capitasse di passare da queste parti, prendete un biglietto e non perdete l’occasione di assistere ad una partita. L’atmosfera, il brivido, il You’ll Never Walk Alone cantato da tutto lo stadio a sciarpe tese valgono davvero la pena.
Ma una volta dentro all’impianto, provate ad avvicinare l’orecchio a una delle pareti della struttura. Come fosse una conchiglia.
Al suo interno, nelle viscere, non sentirete il rumore del mare. Ma sicuramente riuscirete a sentire l’eco, il boato, il fragore simile a un esplosione, di gioia fortunatamente, di quel 28 novembre 2007.
Quando tutti impazzirono di felicità per un gol al 92esimo di un match valido per la fase a gironi di Champions League. Quel gol lo mise a segno un italiano, friulano per la precisione: Massimo Donati.
Il suo destro da dentro l’area mise KO lo Shakthar. E regalò un sogno unico a tutti i tifosi del Celtic Glasgow. Scolpendo inevitabilmente il suo nome nella pietra della storia.
Un friulano promettente
Facciamo però un passo indietro, torniamo al 2001.
La rivista sportiva Don Balon stila la consueta classifica dei giovani migliori talenti del calcio internazionale. All’esatta metà di questa graduatoria, posizione numero 50, spunta il nome di un italiano: Massimo Donati, appunto.
Donati è l’ennesimo incredibile prodotto del vivaio dell’Atalanta, pressoché infinito.
Partito molto giovane dalla sua San Vito al Tagliamento, dopo anni divisi tra collegio e campo da calcio, è riuscito a esordire tra i professionisti con Bortolo Mutti come allenatore. E si è subito conquistato le luci della ribalta.
Il perché è presto detto: la sua duttilità in mezzo al campo è totale. Costruisce e spezza con enorme soluzione di continuità, è molto bravo nel gioco aereo ed è pure in possesso di un ottima botta dalla media distanza. Un centrocampista che oggi verrebbe definito “completo”.
Inevitabile che su un giocatore così si posino gli occhi dei club italiani più prestigiosi. Arriva per primo il Milan, che dopo annate difficili si sta ricostruendo. Operazione che avrà poca fortuna con Terim, poi arriverà Carletto Ancelotti e il resto è storia.
Il Milan, caspita! Che traguardo!
Ma forse per Massimo è un po’ presto. In mezzo a gente come Rui Costa, Pirlo, Seedorf, Inzaghi, Shevchenko. O sei un fenomeno, fatto e finito. Ma se sei “solo” un promettentissimo ragazzo di 20 anni, rischia di essere un passaggio precoce.
Inizia allora un girovagare in prestito, Parma, Torino, Samp, Messina, Atalanta di nuovo. Perché se il salto non riesce conviene riprovare la rincorsa. E Donati si destreggia pure egregiamente, con l’obiettivo sempre fisso in testa di tornare in rossonero, ma stavolta da protagonista.
Ma il Milan nel frattempo è cresciuto, diventando la corazzata (più europea che italiana a dire la verità) che tutti conosciamo.
Il calcio insegna che spesso, in questi casi, l’occasione del rilancio si traveste da qualcosa di improbabile, impensabile, imprevedibile. Nel caso di Massimo Donati ha le righe orizzontali bianco verdi del Celtic Glasgow, che convince il giocatore a tentare l’avventura scozzese.
Why not? Si vola in Scozia allora.
Prossima fermata: Glasgow
Quando gli eserciti del passato superavano il vallo di Adriano sapevano che, da lì in avanti, ci sarebbe voluto tanto coraggio, ma non solo. Tempra, spirito, forza di volontà e determinazione. Conquistare la Scozia non è da tutti.
Massimo Donati si arma di tutte queste cose, e grazie anche alle proprie caratteristiche (oltremanica i giocatori come lui li chiamano box-to-box, e sono amatissimi da allenatori e tifosi) riesce subito a ritagliarsi uno spazio importante negli schemi del proprio manager, Gordon Strachan.
Al primo colpo gli riuscirà subito di vincere il campionato, nella eterna lotta contro gli acerrimi rivali dei Rangers (e qui il calcio c’entra fino a un certo punto). L’anno successivo vincerà pure una League Cup. Due anni di successo, insomma.
Ma prima dei doverosi allori, qualcosa è accaduto. I tifosi Celtic hanno perso la testa per questo centrocampista italiano. Le sue maglie vanno a ruba, non si parla che di lui.
E per capire il perché occorre tornare a quel famoso 28 novembre 2007.
La serata della leggenda
Quella sera a Glasgow la squadra di Strachan riceve gli ucraini dello Shatkhar Donetsk. Ultima gara della fase a gironi.
Situazione del raggruppamento: Milan primo e già qualificato. Dietro Celtic, Shakthar e Benfica si giocano il pass per gli ottavi di finale. Un’altra delle tre retrocederà in Europa League, l’ultima finirà fuori dall’Europa. Tutto è possibile.
Il Celtic ha una sola possibilità: vincere. Non sembra impresa impossibile, ma questi ucraini, che di ucraino in squadra hanno ben poco, imbottiti come sono di giocatori brasiliani (pensate che in attacco gioca pure Cristiano Lucarelli), sono davvero duri da battere.
E dopo soli 4 giri di lancette gelano lo stadio con il gol di Brandao. Jarosik a fine primo tempo riesce a livellarla, ma la partita, nella ripresa si trascina. Gli scozzesi non sembrano averne, e i loro tifosi paiono oramai rassegnati a un altro,ennesimo, rimpianto europeo.
Al secondo minuto di recupero, però, McGeady sulla destra ha l’idea giusta: dribbling, contro dribbling sul dirimpettaio e palla gettata nel cuore dell’area di rigore, con annessa preghiera di accompagnamento. “Dio, ti prego, fa che ci sia qualcuno lì”.
All’altezza del dischetto c’è l’italiano, Massimo Donati. Girata di prima intenzione con il destro, palla leggermente deviata che va a morire all’angolino. Gol. Il Celtic è agli ottavi di finale.
A parole è davvero difficile raccontare, descrivere il boato del Celtic Park. Qualcosa che và al di là del comune sentire, qualcosa di mistico, di sovrannaturale. La terra trema, la gente in tribuna piange, urla e si abbraccia. Roba da pelle d’oca, ancora adesso.
Da quel preciso istante, da quel minuto 92, i tifosi di fede Celtic prendono una decisione: non importano i titoli, non importano i gol e i freddi numeri, non contano le presenze nè le qualità tecniche. Al nome di Massimo Donati abbineranno, per l’eternità, l’etichetta di “THE LEGEND”.
Massimo pochi anni dopo se ne andrà. Troppo forte il richiamo dell’Italia e troppo brutto il cielo scozzese, soprattutto se tua moglie è siciliana.
In Scozia ci tornerà, da giocatore e da vice-allenatore. E scoprirà che, dai muri del Celtic Park, se avvicini l’orecchio ancora si sente l’eco di quella sera di fine novembre.