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Tomáš Skuhravý, capriole genoane

Tomáš Skuhravý è uno degli attaccanti simbolo degli anni '90. Dotato di una forza fisica (e di una stazza) non indifferente, il suo nome è legato al biennio d’oro del Genoa di Osvaldo Bagnoli (1990-1992), quello che ha espugnato Anfield Road. Un predestinato che a 17 anni elimina il Real Madrid dalla Coppa Uefa e guida la Cecoslovacchia ad Italia ’90 segnando un gol in meno di Totò Schillaci.
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Tomas skuhravy - Illustrazione Tacchetti di Provincia

L'Italia, negli anni '90 è la quinta potenza economica mondiale, c’è un senso di benessere diffuso, in altre parole stiamo bene. Gli anni 70 sono un ricordo e gli anni 80 sono la nostra golden age al pari del miracolo economico degli anni 50-60. In più, a livello calcistico, siamo al top nel Mondo: la Serie A è il campionato più bello, da noi giocano i migliori calciatori e le nostre squadre di club dominano. Esempi? Nel 1990 il Milan vince la Coppa dei Campioni (bissando il successo dell’anno prima) e a dicembre bissa la Coppa Intercontinentale, la Sampdoria vince la Coppa delle Coppe e la Juventus si aggiudica la Coppa Uefa sconfiggendo in finale la Fiorentina nel primo derby italiano in una finale europea. Come se non bastasse, lo stesso Milan vince la Supercoppa Europea sconfiggendo la Sampdoria di Vialli e Mancini. Il 1990 è il nostro zenit.

Il punto più alto, lo zenit calcistico italiano, avviene tra l’8 giugno e l’8 luglio 1990, quando organizziamo anche i Campionati del Mondo, la XIV edizione dell’evento calcistico più seguito al Mondo. E’ il Mondiale delle “Notti magiche/inseguendo un gol/sotto il cielo di un’estate italiana/e negli occhi tuoi voglia di vincere/un’estate un'avventura in più”, è il Mondiale delle ”notti magiche” della Nazionale di Azeglio Vicini, le “notti magiche” di Salvatore Schillaci, le “notti magiche” di un evento mediatico clamoroso che va a chiudere (metaforicamente) il decennio d'oro (sotto tutti i punti di vista) del nostro Paese. E’ il Mondiale di “Ciao”, del restyling degli stadi e di nuovi costruiti ad hoc. Dopo cinquantasei anni, l’Italia organizza un evento sportivo di importanza planetaria come appeal e business. 

E’ il Mondiale perfetto per diventare per la quarta volta Campioni del Mondo. A vincere però è la Germania Ovest (prossima all’unificazione) che, battendo in finale l’Argentina campione del Mondo uscente e alla terza finale consecutiva, conquista il terzo alloro mondiale. L’Italia si ferma in semifinale contro l’Argentina (al quinto match consecutivo giocato in cinque mondiali) e si classifica sul gradino più basso del podio, vincendo la “finalina” contro l’Inghilterra, ma può vantare il capocannoniere del torneo, Salvatore Schillaci.

Italia ’90 rafforza il fatto che il meglio del calcio mondiale gioca nel Belpaese: oltre ai 22 convocati da Vicini, trentuno giocatori stranieri scesi in campo militano in Serie A, dodici di questi sono arrivati in finale. Tra i protagonisti di quel Mondiale c’è il protagonista della nostra storia. Un gigante (allora) cecoslovacco e poi ceco vice capocannoniere del “nostro” Mondiale che per cinque stagioni ha fatto impazzire e sognare i tifosi del Genoa. 

Lui è Tomáš Skuhravý e questa è la sua storia.

Da Přerov nad Labem al gol al “Bernabeu”

Přerov nad Labem è posizionata, più o meno, al centro della Repubblica Ceca. Quando c’era la Cecoslovacchia, Přerov nad Labem era nella parte occidentale del Paese. Cecoslovacchia, uno degli Stati nati con la fine della Prima Guerra Mondiale, Stato diviso in due con l’invasione nazista del 1939, uno dei Paesi membri del Patto di Varsavia entrato nell’orbita comunista con il colpo di Stato del 1948 con la paura (di Mosca) che Praga potesse godere dei benefici economici del piano Marshall. “Pericolo” scampato e Cecoslovacchia che nell’autunno del 1989 darà il via alla “rivoluzione di velluto” che porta al collasso dei regimi comunisti, alla caduta del Muro di Berlino e, due anni dopo, all’implosione dell’URSS.

Calcisticamente, la Cecoslovacchia è un Paese avanzato: due volte finalista ad un Mondiale (1938 e 1962), una volta Campione d’Europa (1976), una volta Campione Olimpica (1980) e nel 1962 Josef Masopust si aggiudica il Pallone d’oro, primo giocatore dell’Europa dell’Est a vincerlo.

Anche a Přerov nad Labem si gioca a calcio ma la squadra locale è lontana dall’essere competitiva rispetto a squadre come Slovan Bratislava (unico club cecoslovacco a vincere una coppa europea) o Sparta Praga, la più “scudettata” del Paese. A noi Přerov nad Labem interessa perché lì, il 7 settembre 1965, nasce Tomáš Skuhravý.

Attaccante “vecchia maniera”, Skuhravý inizia a giocare seriamente a calcio con la maglia granata dello Sparta Praga. Ha 15 anni quando varca la soglia del club e ne uscirà nell’estate 1990, dopo una tappa di due anni al FK Union Cheb, un discreto club cecoslovacco dove affina la tecnica e svolge il servizio militare.

Tra il 1982 ed il 1990, Tomáš Skuhravý con lo Sparta Praga gioca 142 partite e segna 70 reti: un buono score. Eppure il gol più importante nella giovane carriera del colosso Tomáš arriva niente meno che al “Bernabeu” nel primo turno di Coppa Uefa il 28 settembre 1983: Skuhravý segna il gol del 1-1 che elimina le Merengues dalla coppa. Skuhravý ha diciotto anni e ha segnato un gol che non dimenticherà mai, anche perché quello è il suo primo gol alla sua prima partita (da subentrato) con il club della capitale cecoslovacca. E pazienza se lo Sparta Praga si ferma nei quarti di finale: Tomáš Skuhravý ha “eliminato” il Real Madrid dei vari Butragueno, Pardeza, Vazquez, Sanchis e Míchel, ovvero la “quinta del Buitre”.

Gli anni in maglia granata lo portano anche nel giro della Nazionale: debutta a Brno il 4 settembre 1985 in amichevole contro la Polonia, prendendo poi parte alle qualificazioni per Euro ’88 e Italia ’90. In Germania Ovest la Cecoslovacchia non ci va, in Italia sì. Ovviamente Tomáš Skuhravý è tra i convocati del CT Jozef Vengloš e ha la maglia numero 10, un numero non banale nel calcio.

Estate 1990: dal Mondiale italiano alla firma con il Genoa

Italia ’90 è il clou del nostro calcio: dei 528 giocatori convocati, 53 giocano in Serie A, il 10%. La Cecoslovacchia porta un solo “italiano”, Luboš Kubík, centrocampista della Fiorentina che ha perso la finale Uefa contro la Juventus (che vede convocati sei per il Mondiale). Skuhravý, Kubik e Václav Němeček sono i giocatori più attesi.

La Cecoslovacchia becca un girone più o meno facile: tolta l’Italia padrona di casa (e di un altro livello), il passaggio agli ottavi se lo gioca contro l’Austria perché gli Stati Uniti d’America non sono un problema da affrontare e sconfiggere. E infatti: prima partita contro gli USA e la Cecoslovacchia ne rifila cinque a Tony Meola. Skuhravý segna due reti. Nella seconda, i cecoslovacchi battono l’Austria 1-0 e sono qualificati agli ottavi. Nella terza partita, Skuhravý e compagni possono poco contro l’Italia: 2-0 con secondo gol mondiale di Schillaci e gol da far vedere nelle scuole da parte di Roberto Baggio.

Negli ottavi, i ragazzi di Vengloš sono accoppiati contro il morbido Costa Rica, al primo mondiale della sua storia: 4-1 e qualificazione agli ottavi. Skuhravý segna tre gol a Conejo (il quarto lo segna Kubik) e la squadra inizia a fare paura.

Nei quarti però il sogno cecoslovacco si interrompe per mano della Germania Ovest: basta il gol su rigore di Matthäus per eliminare una della Nazionale più interessanti della kermesse. Skuhravý fino al minuto 17 di Italia-Argentina è capocannoniere solitario del Mondiale: ci penserà poi Schillaci ad eguagliarlo e a superarlo nella “finalina” di Bari. Era dai tempi di Nejedlý a Italia ’34 che un giocatore cecoslovacco non segna così tanto in una fase finale di un Mondiale di calcio.

A fine Mondiale, inizia il calciomercato e gli occhi degli operatori sono tutti per il colosso cecoslovacco: 193 centimetri per 90 chilogrammi pronti per giocare a grandi livelli. E le prestazioni del bomber di Přerov nad Labem non sono passate inosservate. E' il Genoa ad assicurarsi le sue prestazioni. Il Grifone del nuovo tecnico Osvaldo Bagnoli vuole puntare per qualcosa di importante dopo anni di vacche magre. Non si pensa allo Scudetto (che manca dalla Genova rossoblù dal campionato 1923/1924), ma almeno arrivare a lottare per i piani alti: il Genoa non arriva tra le prime dieci dalla stagione 1976/1977 e tra le prime tre addirittura dal campionato  1937/1938.

Il quarto posto 1990/1991, la campagna europea ed un amore bellissimo verso il Genoa

Il presidente Spinelli vuole portare in alto il Genoa che in quegli anni vede l’ascesa della Sampdoria. Bagnoli gioca con uno scolastico 4-4-2 e davanti gioca con due punte, una alta e una bassa, una robusta ed una leggera. Il Genoa targato 1990/1991 ha davanti Tomáš Skuhravý e Carlos Aguilera. Oltre a loro, l’ex campione del Mondo Collovati, Capitan Signorini e giocatori importanti come Torrente, Branco, Bortolazzi, Ruotolo, Caricola ed il genovese Eranio.

In più, il bomber di Přerov nad Labem avrebbe giocato nello stesso campionato con Maradona, Careca, Van Basten, Gullit, Rijkaard, Voeller, Matthäus e i vari Baggio, Schillaci, Vialli, Mancini, Giannini, Baresi, Bergomi e Maldini: brividi.

Skuhravý ha una particolarità: è nato il 7 settembre, come il Genoa. Si presenta in Serie A dopo aver fatto più di quaranta gol in quattro stagioni con lo Sparta Praga in I.Liga. Vero non è un top campionato, ma più di quaranta gol in quattro stagioni sono sempre un'ottima media realizzativa. 

Il girone di andata per Skuhravý non è esaltante (quattro reti, la prima all’ottava giornata), ma il Genoa vola e addirittura vince il derby di andata in casa della Samp. Nel girone di ritorno, il numero 10 cecoslovacco esplode: undici gol con la rete all’ultima giornata che spinge il Genoa al quarto posto finale. Ironia della sorte di quel campionato: rossoblu per la prima volta qualificato in Coppa Uefa, Juventus fuori dalle coppe europee dopo ventotto anni e verdetto decretato all’ultima giornata con il gol proprio dell’attaccante genoano. Ed è proprio Skuhravý la bestia nera del club torinese con un gol all’andata ed uno al ritorno. 

Il campionato 1990/1991 è l’anno delle genovesi perché la Sampdoria vince il suo primo campionato e la stagione successiva avrebbe rappresentato l’Italia in Coppa dei Campioni. Per la prima volta, le due squadre di Genova, avrebbero giocato nella stessa stagione in Europa come hanno fatto in passato le torinesi, le milanesi e le romane.

Trascinatori del Genoa, i due attaccanti: il grosso Skuhravý e il piccolo “Pato” Aguilera, 30 gol in due equamente divisi, battuti solo dalla coppia doriana Vialli-Mancini (31) e alla pari con i tedeschi dell’Inter Matthäus- Klinsmann. Con Aguilera è un’intesa perfetta.

La Genova del Grifone è ai piedi del bomber cecoslovacco che diventa il beniamino, insieme a “Pato”, della Gradinata Nord. E con loro i tifosi sognano nella loro prima campagna europea.

Nel 1991 Skuhravý viene votato miglior giocatore cecoslovacco dell’anno: prima di lui, gente del calibro di Masopust, Viktor, Panenka e Hašek. Nell’estate 1991, Spinelli rimanda al mittente le offerte milionarie di Olympique Marsiglia, Milan e Bayern Monaco: il numero 10 cecoslovacco non si muove dalla città della Lanterna.

Se la stagione di campionato 1991/1992 sarà deludente (14° posto e ultima posizione prima della retrocessione), la stagione europea sarà un qualcosa di incredibile perché la banda Bagnoli si spinge fino alle semifinali di Coppa Uefa, eliminando in successione Oviedo, Dinamo Bucarest, Steaua Bucarest e Liverpool per poi arrendersi in finale contro l’Ajax (che vincerà poi il trofeo in finale contro il Torino) solo perché i lancieri hanno segnato un gol in più. 

Ovviamente il fiore all’occhiello della stagione in Coppa Uefa è la vittoria sul Liverpool: 2-0 al “Ferraris” e 2-1 ad Anfield Road, nella prima vittoria di una squadra italiana nel tempio dei Reds. In Coppa Uefa il trascinatore del Grifone è Aguilera con otto reti, mentre Skuhravý ne segna solo tre, tra cui il primo gol europeo del club genoano (la doppietta all’Oviedo nel match di ritorno). Skuhravý e Aguilera sono i miti di una tifoseria che per la prima volta dopo tantissimi anni è tornata a contare in Italia e che al primo colpo in Europa fa fuori il Liverpool e si ferma ad un passo da una clamorosa finale europea per un gol segnato in meno rispetto agli avversari.

1995, finisce la favola. L’esperienza negativa in Portogallo

Skuhravý è amato da tutti ed è seguito dai grandi club, tanto che si dice che su di lui si fanno avanti pesantemente Milan e Bayern Monaco, ma il bomber, che dopo la dissoluzione della Cecoslovacchia del 1993 è diventato di nazionalità ceca, non lascia il mare di Genova e l’affetto della Gradinata Nord. 

La coppia d’oro con Aguilera termina nell’estate 1992 con l’uruguagio che firma per il Torino mentre al centravanti cecoslovacco viene affiancato Michele Padovano: 19 gol in due, di cui 10 dell’attaccante cecoslovacco.

Il biennio 1992-1994 vede Skuhravý capocannoniere della squadra (19 gol in due anni), ma le prestazioni della club sono deludenti (13° e 11° posto). Addirittura il campionato 1994/1995 è thrilling per il Genoa che arriva a giocarsi lo spareggio salvezza contro il Padova il 10 giugno 1995: vantaggio genoano con Skuhravý, pareggio patavino con Vlahovic e 1-1 che dura fino ai supplementari, dopodiché ai rigori Galante sbaglia, Kreek no e il Genoa retrocede in Serie B dopo sette stagioni. Una annata sfortunata ma che vede il numero 10 ceco segnare 12 reti, predicando un po’ troppo nel deserto.

Skuhravý rimane a Genoa fino al mercato di novembre 1995 (dove segnerà un solo gol) per poi approdare al Sporting Lisbona, dove giocherà poco. A malincuore Skuhravý lascia l’Italia nell’estate 1996 per tornare in patria dove chiude la carriera con il Viktoria Žižkov a soli 32 anni.

Un never ending love verso il “Vecchio Balordo”. Ancora oggi.

Dopo gli anni di Skuhravý, il Genoa non ha più raggiunto quei fasti se non nella stagione 2008/2009 quando il “Vecchio balordo” (soprannome breriano del club più antico d’Italia), guidato in panchina da Gianpiero Gasperini e in campo da Diego Milito, arriva quinto in campionato e si qualifica per la successiva edizione dell’Europa League (nuovo nome da quella stagione della Coppa Uefa) che lo vede uscire nella fase a gironi (dopo aver eliminato nei play off i danesi dell’Odense). 

Addirittura nella stagione 2005/2006 il Genoa gioca una stagione in Serie C1, retrocessa nonostante avesse vinto il campionato cadetto ma mandata in terza serie per colpa di un illecito sportivo da parte della sua dirigenza che impedì il ritorno del club in massima serie dopo dieci anni. Dai tempi dell’addio di Skuhravý, guarda caso.

Negli ultimi trent’anni, il Genoa ha avuto ottimi attaccanti (uno su tutti, Diego Milito), ma nessuno è stato come Skuhravý. Un amore nato durante il Mondiali di Italia ’90 e che pareva già incrinato dopo pochi mesi quando il centravanti faceva fatica a segnare. Poi i gol sono iniziati ad arrivare e in contemporanea anche le capriole, la sua esultanza iconica dopo ogni sua rete: 57 in Serie A, record di marcature di sempre per un giocatore del Genoa in massima serie ancora oggi. 

Un buon bottino per un numero 10 atipico con le movenze del panzer d’attacco. Un numero 10 che giocava da… numero 9: zero fantasia, ma sportellate con il difensore di turno, spalle alla porta, colpi di testa e gol. Con capriola in avanti come esultanza. 

Un amore infinito e mai finito. Ancora oggi il gigante ceco abita in riva al Mar Ligure. Marassi e i tifosi del Genoa non l'hanno mai dimenticato, nemmeno le sue serate folli, ma quelle si sa, vengono perdonate sempre a chi li fa sognare. 

Racconto a cura di Simone Balocco

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