Arturo Lupoli, la spada nella roccia
Se si volesse organizzare un remake del film di animazione che la Disney fece uscire nel Natale del 1963, il cast ci sarebbe già.
Arturo Lupoli nel ruolo di Semola, giovane e umile apprendista attaccante. Sembra un imberbe seconda punta, come tante altre nel mondo. In realtà ha doti tecniche speciali e particolari, non ancora palesatesi ai più.
Arsene Wenger interpreta Merlino, visionario mago che vive il tempo al contrario, e perciò in grado di predire il futuro. Ed effettivamente, nello scovare giovani talenti, pare proprio che l’alsaziano abbia una dote soprannaturale.
Thierry Henry veste invece le vesti di Uther Pendragon, un sovrano neanche troppo vecchio che si appresta a lasciare il proprio trono, per passare al Barcellona, lasciando il mondo Arsenal nello sgomento, privo della propria guida.
Sarebbe tutto pronto, come da copione. Solo il finale differirebbe da quello pensato da Terence Hanbury White per la propria novella.
Perché Arturo Lupoli, che tutti nel regno già chiamavano “King Arthur”, la spada nella roccia non riuscirà mai a estrarla fino in fondo.
La stella dell’Imperia
A Imperia (Serie D girone A) i nerazzurri allenati da Antonio Soda oggi possono vantare la presenza, tra le proprie fila, di colui che, fino a non molti anni fa, pareva essere un predestinato.
Di lui si parlava come dell’”attaccante azzuro del futuro”, l’”erede di Thierry Henry”. Nel gennaio del 2007 il calciomercato impazzì letteralmente, con alcune tra le principali squadre della serie A intente a sgomitare pur di accaparrarselo.
La spuntò la Fiorentina. Il sorriso di Prandelli, che già lo conosceva dai tempi delle giovanili del Parma, il giorno della sua presentazione diceva tutto sulla portata dell’acquisto. L’ennesimo capolavoro della pressoché infinita pinacoteca di Pantaleo Corvino.
Con Lupoli l’ambiziosa Viola si ritrovò ad avere meno paura, dopo l’annunciato addio del super-bomber Luca Toni, passato in Baviera per vestire la casacca del Bayern. Andava infatti a completare un reparto del quale facevano parte anche talenti cristallini, come Mutu, Pazzini e Osvaldo, e giocatori di comprovata esperienza, come Bobo Vieri.
Perfino Pierpaolo Marino, direttore sportivo di un Napoli in formato-risorgimento, si ritrovò costretto a consegnare le armi e a complimentarsi con il collega Pantaleo per il colpo messo a segno, dopo averlo rincorso per mesi e mesi, invano.
Non ci interessa qui capire come oggi Arturo Lupoli, dall’alto del suo talento, sia finito, a “soli” 35 anni, a giocare in serie D. Sarebbe l’ennesima storia di sfortuna, scelte infelici e poca fiducia. Come tante (troppe per quanto riguarda il calcio italiano) di quelle che vi abbiamo raccontato nelle puntate precedenti.
Oggi vi raccontiamo di come Arturo diventò improvvisamente Re, incantando una terra che di sangue blu se ne intende eccome. Non solo da un punto di vista calcistico.
Il ragazzo di Arsene
Estate 2004. Inghilterra, Londra.
Nella capitale britannica sbarca un giovane ragazzo biondo, il cui broncio, dato dal fallimento della società con la quale ha svolto tutto il percorso giovanile, il Parma, tradisce la grande voglia che alberga in lui di imparare, crescere ed esplodere definitivamente, in tutto il proprio talento.
Ad accoglierlo e a fargli vedere gli ambienti, una volta giunto al centro sportivo dell’Arsenal, c’è proprio lui, Arsene Wenger, il santone francese che nel campionato da poco concluso ha riportato i Gunners al titolo, mettendo a referto il numero 0 nella casella delle sconfitte subite.
Prima di salutarlo, gli dà appuntamento: “Ti aspettiamo domani Arturo, puntuale mi raccomando”.
“Domani? Perché? Le giovanili iniziano così presto la preparazione?”
“Ma quali giovanili ragazzo mio! Tu ti allenerai con i grandi. Così potrai imparare dai campioni che abbiamo in rosa”.
E la sua stagione andrà esattamente così. Farà tutta la preparazione e gli allenamenti, durante la stagione, al fianco di gente come Bergkamp, Van Persie, Henry, Pires, Reyes, per poi, all’occorrenza, andare a giocare con i ragazzini, dove, in coppia con quel pazzo scatenato di Niklas Bendtner, segnerà sfracelli di goal.
Anche perché nel frattempo ha avuto occasione di cimentarsi con il calcio vero. Quello dei grandi, dei professionisti.
L’esordio di Arturo
Il 26 ottobre l’Arsenal inizia, al terzo turno, il proprio cammino in Carling Cup (la vecchia e buona Coppa di Lega).
Avversario di giornata il Manchester City, squadra e club all’epoca ben distante dai fasti attuali. In panchina c’è l’ex leggenda del Liverpool Kevin Keegan, in rosa elementi comunque di valore assoluto come Robbie Fowler, Nicolas Anelka, Steve McManaman e Paul Bosvelt. Quasi tutti, comunque, risparmiati per quella gara.
Anche Wenger propende per un ampio turnover, visto che i suoi meno di 48 ore prima sono stati bastonati all’Old Trafford dal Manchester United.
In porta c’è Almunia, difesa a 3 con Cygan, Senderos e Hoyte. Linea mediana con Smith, Flamini, Fabregas e Sebastian Larsson. Davanti, insieme all’Olandese (non ancora) Volante Van Persie, ci sono i giovani Pennant e Lupoli.
Arturo dunque esordisce nel calcio che conta, in una partita comunque di prestigio elevato (oltre Manica alle coppe nazionali tengono eccome).
82 minuti in campo in cui dimostra rapidità e intraprendenza. Ironia della sorte, il ragazzino che gli subentra, lo yankee Daniel Karbassiyon, sarà anche colui che deciderà quella sfida con la rete del 2-1.
Arturo ci può stare, in quel calcio. In Italia ha già meravigliato tutti con la selezione under 16 (11 gol in 9 partite). E ora anche nel Bel Paese, dopo la tragicomica uscita di scena agli Europei portoghesi, si sogna di avere già in casa la coppia d’attacco del futuro, dal momento che, diverse miglia più a nord di Londra, anche Giuseppe Rossi si sta mettendo in mostra con lo United di Ferguson.
Arturo diventa Re
Un paio di settimane dopo arriva il 4° turno di Coppa di Lega.
Stavolta si gioca ad Highbury, in una delle ultime recite dell’Arsenal in questo storico impianto, e l’avversario di giornata è l’Everton di David Moyes.
Wenger non sconfessa il suo credo, e ripropone molti giovani nel suo 4-4-2. Tra questi, confermatissimo, c’è ovviamente anche Arturo Lupoli, che farà coppia con l’imprescindibile Van Persie.
I Gunners capiscono subito che non sarà una passeggiata di salute. All’ottavo minuto l’orco Gravesen ha già timbrato il vantaggio per i Toffees.
Reazione immediata dei padroni di casa. Al 25esimo Owusu Abeyie mette alle spalle del grande ex Richard Wright la rete che manda le squadre a bere il proverbiale thè caldo sul risultato di 1-1.
Negli spogliatoi Wenger trasmette fiducia alla squadra. È convinto che ce la si possa fare, e dipende tutto dai suoi ragazzi (ha già utilizzato un cambio per l’infortunio di Smith, e in panchina ha solo qualche altro neo-maggiorenne).
Arsene però, il nostro Mago Merlino, è tranquillo perché sa già cosa accadrà di lì a poco. Sa prevedere il futuro, e sa che a breve comincerà il Lupoli-Show.
The Arturo Lupoli Show
Il vecchio tempio di Highbury, quella sera, si inchina ai pieni del suo nuovo re, che in molti chiamano fin da subito King Arthur.
Lupoli infatti, con una straordinaria doppietta, travolge da solo l’Everton e manda l’Arsenal al turno successivo.
Il primo gol lo segna da rapace d’area, a porta vuota, su perfetto invito di un compagno. Il secondo, di piatto sinistro, lo realizza dal limite dell’area, mandando in visibilio il glorioso impianto.
3 a 1. E la consapevolezza che sia nata una stella, incoronata dalle stesse dichiarazioni di mister Wenger, a fine gara: “Siamo molto orgogliosi di Arturo. Deve crescere, ma siamo convinti che potrà diventare un grande campione”.
A Londra però di spazio per Lupoli ce n’è poco. L’esordio in Premier League avviene addirittura più di 2 anni dopo quella notte magica. Troppo alta la riconoscenza del club verso gli Invincibili del 2003-2004. A ciò si aggiunga il fatto che è detonato, in tutta la sua magnificenza, il talento di Robin Van Persie, l’attaccante perfetto per il gioco dell’allenatore alsaziano.
Arturo ha giusto il tempo di veder deflagrare, dagli spalti del Saint-Denis, i sogni di gloria del club contro il destro di quello scarpone di Belletti, che infila Almunia e consegna al Barcellona la Coppa dei Campioni 2006.
Si sceglie allora di mandarlo a giocare, una categoria più in basso, al Derby County.
Arturo Lupoli: idolo dei Rams
Per Arturo non ci poteva essere scelta migliore, da momento che con i Rams troverà un posto fisso tra i titolari, e si renderà protagonista di un’ottima stagione, culminata con la promozione dei ragazzi di Billy Davies in Premier League.
A farlo poi entrare di diritto nei cuori dei tifosi è una tripletta incredibile segnata in un derby di FA Cup contro il Wrexham.
Si capisce subito che il ragazzo ha poco a che fare con la Championship: è chiaramente di categoria superiore. Fa bene anche in Under 21, dove nel frattempo ha esordito con un gol da fuori area contro il Lussemburgo.
I Rams se lo vorrebbero tenere l’anno successivo, per il loro ritorno in Premier, ma sono consapevoli che sarà quasi impossibile. Perché il contratto, il primo da pro, che legava Arturo all’Arsenal scade in estate, e i Gunners hanno deciso di lasciarlo libero di volare, lontano dal nido.
Su di lui si scatenerà una vera e propria asta, e l’ipotesi più quotata pare il ritorno, in pompa magna, in Italia
Un’altra storia
La verità dice che Lupoli la Championship la rivedrà solamente un anno e mezzo dopo, quando arriverà al Norwich in prestito. E anche l’anno successivo, sempre a titolo temporaneo, stavolta con lo Sheffield United.
La Fiorentina infatti lo prende, lo annuncia come un grande colpo e poi lo mette in disparte, concedendogli solo qualche spezzone in Coppa Italia. Fino a mandarlo in prestito, appunto: prima al Treviso, poi in Inghilterra.
È l’inizio di una serie infinita di cambi di maglia. 17 quelle vestite da Lupoli nel corso della sua carriera. È l’inizio di una storia che parla di infortuni e esperienze poco felici.
È il motivo per il quale il nostro Semola, alla fine, a differenza di quello immaginato da White, non riesce mai a estrarre la spada dalla roccia.
Il titolo di King Arthur, però, Arturo Lupoli se l’era nel frattempo già preso.