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Il super potere di Mauricio Pinilla, il cileno dai gol impossibili

Chi è veramente Pinilla, l’attaccante cileno che ha giocato in Italia facendo molto bene tra Grosseto, Cagliari e Atalanta. Mancato eroe Nazionale per una... traversa.
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Mauricio Pinilla - Illustrazione di Tacchetti di Provincia

C’è chi gioca in porta e para con le mani, chi corre a centrocampo e passa il pallone, chi fa l’attaccante e segna. E poi c’è Mauricio Pinilla, o «Pinigol» per gli amici, che fa un altro sport, ovvero realizzare gol da cartoni animati grazie a un superpotere davvero spettacolare: la rovesciata. Quando vede la palla alta lui si butta, fluttua nell’etere e colpisce in acrobazia. Sbam! Qualche esempio? Vedere per credere. Basta andare su google e digitare «Pinilla rovesciata Milan» o «Pinilla rovesciata Torino» et voilà, vi rifarete gli occhi con due pezzi pregiati da museo. In totale, in tutta la sua carriera, ha colpito gli avversari con la «Chilena» per ben 11 volte, 5 con la maglia dell’Atalanta.

Il gol in rovesciata con la maglia dell’Atalanta di Pinilla contro il Milan nel 2016

Passione pesca e il tatuaggio Mondiale

Mauricio Pinilla è un cileno DOC ma con doppio passaporto: le origini italiane derivano dai nonni di Lumarzo, provincia di Genova. Liguria uguale mare, mare significa pesca, l’hobby preferito (da quando è piccolo!) di Mauricio; lo rilassa, non può farne a meno, e capita spesso che ci vada con un gruppetto di amici, in compagnia. Il finale perfetto è in cucina, come ha svelato sua moglie Gisella: «Adora mangiare il pesce che pesca». Chi lo cucina? Lei, ovvio. Complicità anche a tavola per Pinilla, un marito premuroso e romantico, che nel giorno del matrimonio le ha dedicato una hit come «A te» di Jovanotti.

In campo è sempre stato un calciatore di carattere, con grinta, passionale. Il suo record di gol in una stagione è 24, in Serie B, con il Grosseto nel 2009. Mauricio è diventato «Pinigol» proprio in «provincia» e sempre nella «provincia» della nostra Serie A, a Cagliari, ha toccato quota 22 reti in 63 presenze. Il picco lo tocca nel 2014 giocando il Mondiale in Brasile (non proprio provincia) ma avrebbe potuto riscrivere la storia sua e della Nazionale al minuto 119 degli ottavi di finale, poi persi, contro il Brasile: tiro potentissimo di Mauricio da fuori area e… traversa. Che poi si tatuerà. E nessuno gli dica che è di cattivo gusto perché tanto lui vi risponderà così: «Basta che piaccia a me».

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Il tattoo di Mauricio Pinilla

L’idolo e amico Zamorano

Ha un difetto: gioca troppo spesso al cellulare. Quando giocava in campo, però, molto molto meglio. Il suo idolo è sempre stato Ivan Zamorano, connazionale e amico, con le stesse caratteristiche tecniche di Mauricio: elevazione, colpo di testa, senso del gol. Il limite, se così possiamo definirlo, era caratteriale, perché Mauricio è una persona…  vera. Sempre e comunque, anche in spogliatoio. Che c’è di sbagliato in tutto questo? Pinilla non è mai stato amico degli allenatori e probabilmente questo non lo ha aiutato nel corso della sua carriera. Non era un lecchino da quattro soldi e se partiva titolare era semplicemente per merito. Fantastico il rapporto che lo lega a Edy Reja, con cui ha lavorato a Bergamo, nel periodo all’Atalanta. Di rimpianti ne ha perché sicuramente avrebbe potuto guardare un po’ di più al campo per due o tre anni ma la fame che aveva, soprattutto all’inizio, agli esordi, era tremenda. Un tornado di passione che in fondo in fondo faceva un altro sport ed era dotato di un super potere.

Tutte le rovesciate di Mauricio Pinilla
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