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La chiamavano Arancia Meccanica

Il Campionato del Mondo di Germania ’74 è stato vinto dalla Germania Ovest padrona di casa. Eppure se si pensa a quel Mondiale, la prima cosa che viene in mente è l'Arancia Meccanica ovvero l'Olanda del "Calcio Totale", la finalista perdente, considerata una delle squadre più innovative del calcio di sempre.
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Cruijff Olanda '74 - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Il sogno di chi gioca a calcio è uno solo: diventare un giorno campione del Mondo. Questo è l’obiettivo principale di chi da piccolo inizia a calciare una palla nel cortile di casa. In tanti giocano (o hanno giocato) a calcio, in pochi hanno alzato al cielo la Coppa del Mondo. Tra questi i calciatori che il 7 luglio 1974 hanno vinto la decima edizione del Mondiale di calcio, il primo con l’assegnazione della nuova Coppa del Mondo che ha sostituito la Coppa Rimet vinta per la terza volta dal Brasile quattro anni prima in Messico contro l’Italia.

Germania ’74 è stato il definitivo abbraccio del Mondo verso il Paese teutonico che si era lasciato alle spalle il triste passato ed era diventato una locomotiva economica a livello mondiale. Una squadra forte, quella del CT Helmut Schön,con in campo giocatori fantastici come il capitano Franz “Kaiser” Beckenbauer, Gerd Müller, Berti Vogts, Paul Breitner e Sepp Maier che hanno bissato il successo di venti anni prima quando a Berna alzarono la Coppa Rimet i fratelli Fritz e Ottmar Walter, Helmut Rahn, Max Morlock e Hans Schäfer.

Eppure, le due vittorie tedesche hanno avuto un peso notevole perché arrivate in finale contro due Nazionali all’apice del loro successo e che si pensava potessero vincere quelle due edizioni mondiali. Due squadre rimaste nell’immaginario collettivo come fantastiche, iconiche e, alla fine, sfortunate: l’Ungheria della “Aranycsapat (“Squadra d’oro”) e l’Olanda del “Totalvoetball” (“Calcio totale”). Dell’Ungheria abbiamo già parlato, ora tocca agli Oranje.

La finale raggiunta da quell’Olanda è stato un percorso calcistico nazionale iniziato dieci anni prima e che, con cura, tattica e uomini giusti al posto giusto nel momento giusto, ha scritto la storia del calcio.

Sono tre i protagonisti di quella Nazionale: l’allenatore Marinus Jacobus Hendricus Michels detto “Rinus”, Hendrik Johannes Cruijff detto “Johan” ed una rosa di giocatori irripetibili.

Ma per capire cosa è stato il “Calcio totale” c’è da tornare all’Olanda di metà anni Sessanta.

L’evoluzione del calcio olandese. Le quattro Coppe dei Campioni consecutive.

Partiamo con un inciso: è sbagliato parlare di “Olanda” nel definire la Nazione che ha in Amsterdam la capitale. Il motivo è che “Olanda” è il nome di una delle 12 regioni. (la più ricca) che compongono i Paesi Bassi, il vero nome del Paese. Come se noi in Italia dicessimo che Lombardia, Veneto o Emilia Romagna fossero l’”Italia”, ma per comodità (sapendo di errare) parliamo ugualmente di “Olanda”.

Un Paese, agli occhi di molti, particolare: non solo è un paese dove sono legali la prostituzione ed il consumo di droghe leggere, ma è conosciuto per essere la terra dei tulipani e dei mulini a vento, delle dighe (le –dam) e della controcultura, del commercio internazionale (essendo stata una potenza commerciale nel ‘600) e della contestazione (già “operativa” in quella parte di Europa almeno tre anni prima dei moti francesi del Sessantotto), di diritti civili avanzati e polder, ovvero tratti di mare prosciugati ed adibiti a terra ferma.

Nella seconda parte degli anni Sessanta, l’Olanda si è fatta conoscere attraverso il calcio ed il punto di partenza è stata la finale di Coppa dei Campionati, giocata al “Bernabeu” il 28 maggio 1969, tra il Milan e l’Ajax, la formazione principale di Amsterdam. I rossoneri erano alla terza finale della loro storia e avevano già vinto la coppa nel 1963, mentre per gli ajacidi quella era non solo la loro prima finale, ma era anche la prima finale di una squadra olandese a livello europeo. A vincere la coppa fu il Milan che si impose per 4-1, ma l’Ajax uscì a testa alta. E le olandesi ci presero gusto, visto che le finali della coppa europea più importante tra il 1970 ed il 1973 videro in finale una volta il Feyenoord (squadra di Rotterdam) e tre volte consecutive l’Ajax. Le due squadre olandesi, entrambe con i colori bianco-rossi, fecero filotto: quattro vittorie su quattro finali, con tre vittorie consecutive dell’Ajax. Era dai tempi del “grande Real” che una squadra non vinceva almeno tre edizioni consecutive del trofeo.

L’Olanda, fino a quel momento un Paese dove il calcio era dilettantistico, uscì dal guscio e si impose a livello non solo europeo, ma anche a livello mondiale perché in quel quadriennio Feyenoord e Ajax vinsero anche due Coppe Intercontinentali (1970 e 1972), vincendo la doppia sfida contro gli argentini dell’Estudiantes e dell’Independiente di Avellaneda. In particolare, l’Ajax nel 1972 divenne la prima squadra a fare il quadruple vincendo nello stesso anno titolo nazionale, coppa nazionale, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. Allora, gli ajacidi erano la squadra più forte del Mondo. Un dominio senza discussioni. E, a differenza del Feyenoord (squadra altrettanto forte), l’Ajax tracciò una linea nel calcio non solo europeo, ma anche mondiale in quanto non solo era forte tecnicamente, ma giocava un calcio mai visto e mai pensato prima. Una nuova filosofia di gioco, un nuovo modo di pensare il calcio, un nuovo modo di fare la storia: l’Ajax praticava il “De Totalvoetball, il “Calcio totale”.

Come poteva una squadra nata nel 1900 e che fino alla stagione 1968/1969 aveva vinto solo a livello nazionale diventare una squadra esempio per tutte? Semplice, perché il suo allenatore, Marinus Michels detto “Rinus”, in sella al club dal 1965 dove aveva militato tra il 1946 ed il 1958, prese le redini di una squadra destinata a non fare mai la differenza in Europa (e che rischiava la retrocessione) e la trasformò in una squadra da sogno.

Il punto di partenza del “Calcio totale” si può trovare nel match degli ottavi di finale di Coppa dei Campioni tra Ajax e Liverpool allo stadio “De Meer”, con vittoria olandese per 5-1. La svolta si ebbe con la finale persa dall’Ajax contro il Milan mentre lo zenith si ebbe il 30 maggio 1973 quando l’Ajax alzò la terza coppa dei Coppa dei Campioni a Belgrado contro la Juventus, dopo aver vinto le finali precedenti contro Panathinaikos e Inter.

Ma che cos’era questo “Calcio totale”? Una cosa particolare: tutti i giocatori di movimento sapevano fare tutti i ruoli dei compagni, praticavano un pressing asfissiante sull’avversario portatore di palla, non lasciavano mai il campo scoperto, erano ovunque ed il portiere giocava molto “alto”, una sorta di difensore aggiunto. Ma, soprattutto, durante i 90 minuti i difensori potevano essere in attacco con i difensori e con gli attaccanti in difesa: tutti sapevano fare tutto. Pubblico e addetti ai lavori rimasero sorpresi e sbalorditi: uno schema spregiudicato, ma impossibile da fermare.

Ovviamente anche la Nazionale olandese ne trasse beneficio, qualificandosi per il Mondiale tedesco occidentale del 1974.

 

 

Il calcio olandese deflagra al Mondiale tedesco

La Federcalcio olandese nacque nel 1889 (una delle prime in Europa) e fino al 1974 era sempre stata ai margini del calcio europeo e mondiale. La Nazionale, fino al mondiale tedesco occidentale, aveva preso parte a due edizioni (Italia ’34 e Francia ’38) e non aveva mai preso parte alla fase finale di un Europeo. La Nazionale oranje si qualificò al Mondiale del 1974 dopo trentasei anni e sette edizioni andate a vuoto.

Commissario di quella Nazionale doveva essere il cecoslovacco František Fadrhonc, ma la Federcalcio olandese lo relegò al ruolo di vice- di Rinus Michels: il tecnico fu richiamato a gran voce perché con lui la Nazionale avrebbe potuto raggiugere un risultato importante.

Inserita nel gruppo 3 con Belgio, Norvegia e Islanda, l’Olanda si qualificò al Mondiale per la miglior differenza reti rispetto al Belgio: Oranje e Diavoli rossi chiusero entrambi con 10 punti, ma al Mondiale andarono i primi per la migliore differenza reti, in quanto segnarono 24 reti e ne incassarono 2 contro le dodici realizzate e le zero subite del Belgio.

L’Olanda sembrava avere un altro passo rispetto a tutte le altre nove squadre europee qualificate e si pensò che quella Nazionale avrebbe potuto competere per vincere la Coppa del Mondo. Michels sapeva di avere tra le mani qualcosa di strepitoso rispetto al suo periodo ajacide: i suoi adepti erano più maturi, più completi, più forti di quando li aveva lasciati tre anni prima per la Catalogna. Capitano della squadra, Johan Cruijff, figlio d’oro del settore giovanile,leader dell’Ajax e vincitore e fino a quel momento, anche di due Palloni d’oro.

Le convocazioni furono molto criticate, dato che non furono chiamati il portiere più forte del Paese ed il cannoniere della Eredivisie di quel periodo: Jan van Beveren e Willy van der Kuijlen, entrambi del PSV Eindhoven. Il motivo era da ritrovare nella rivalità fra le due grandi del calcio olandese in campo e negli spogliatoi: furono quindi convocati tredici giocatori di Ajax e Feyenoord per evitare che si potessero formare sotto gruppi di calciatori di altre squadre.

La squadra in Germania Ovest fu inserita nel girone 3 con Svezia, Bulgaria e Uruguay. Girone vinto dalla Selezione olandese con cinque punti, frutto dello 2-0 sull’Uruguay (quarto quattro anni prima in Messico), 0-0 alla Svezia e 4-1 alla Bulgaria.

Nella seconda fase a gironi, Cruijff e compagni furono inseriti nel girone A con Argentina, Germania Est e Brasile. La seconda fase fu ancora migliore della prima: 4-0 all'Argentina, 2-0 alla Germania Est e 2-0 al Brasile campione del Mondo in carica. Contro l’Albiceleste, i ragazzi di Michels giocarono una partita incredibile: pressing, fuorigioco costante degli argentini, scambi continui di posizione tra gli olandesi in tutto il calcio. Per non parlare del 2-0 rifilato alla Seleçao campione in carica.

L’Olanda sembrava giocare un altro sport, tanto che in sei partite giocate complessivamente segnò quattordici reti e ne subì solo una, per di più un autogol. Quattro reti le segnarono il “gemello” di Cruijff, Johan Neeskens e Johnny Rep, tre Cruijff ed una a testa Krol, Rensenbrink e de Jong.

Era una squadra particolare quell’Olanda: dal look (tutti i giocatori avevano le pettinature degli anni Settanta con capelli lunghi e le basette folte) al fatto che Michels assegnò i numeri di maglia per ordine alfabetico e non per ruolo (l'attaccante Ruud Geels ebbe il numero 1, il portiere Jongbloed l'8, il secondo portiere Eddy Treyte il 18, il difensore Harry Vos il 22) e anche perchénel ritiro, poterono soggiornare anche le mogli e le fidanzate dei calciatori. Una Nazionale che non solo giocava un calcio incredibile, ma che era anticonformista e scavalcava una serie di regole che si pensava fossero insuperabili.

Vincendo il suo girone, l’Olanda si qualificò per la finale di Monaco di Baviera del 7 luglio 1974. Avversari i padroni di casa della Germania Ovest.

Il primo minuto di gioco della finale. L’illusione di vincere la coppa.

Domenica 7 luglio 1974, all”’Olympiastadion” di Monaco di Baviera, in uno stadio gremito, pieno come un uovo, si disputò la finale mondiale. In campo, da un lato la Germania Ovest padrona di casa ,campione d’Europa in carica e già vincitrice della Coppa Rimet venti anni prima, e dall’altra la “cenerentola” Olanda al terzo Mondiale della sua storia e alla sua prima finale. I ventidue in campo erano di primissimo ordine: Beckenbauer e Cruijff (i capitani della due Nazionali e vincitori in due di tre Palloni d'oro tra il 1971 ed il 1973); Müller (Pallone d'oro nel 1970) e Neeskens, Vogt e Rep, Hoeness e Krol, Breitner e Rensembrik, Grabowski e van Hanegem. Si sfidavano il vecchio calcio contro il nuovo, “nonni” contro “nipoti”. Gli occhi di tutti erano rivolti verso il capitano olandese e alla sua maglia numero 14, Johan Cruijff, la star calcistica del tempo.

E Johan Cruijff è stato il protagonista assoluto nella prima 1 ora e 18 minuti della partita. Non ha segnato, ma ha rappresentato alla grande il calcio olandese: calcio di inizio affidato all’Olanda e dopo 1'18'' e quindici tocchi consecutivi senza far toccare palla all'avversario, palla a Cruijff che entra in velocità in area. Hoeness non poté fare altro che tirarlo giù: rigore. Dal dischetto, Johan Neeskens: gol. Il centrocampista con la maglia numero 13 aveva realizzato il primo rigore nella storia delle finali mondiali.

Olanda in vantaggio e tutti sicuri che la squadra di Michels avrebbe vinto la partita. Ma la storia andò diversamente: al 24’ l’arbitro inglese Tayler concesse un altro rigore per fallo di Jansen su Hölzenbein. Breiter dal dischetto superò Jongbloed e fece 1-1. Al 43’ gol di Müller. 2-1 alla fine del primo tempo e 2-1 al triplice fischio. Nella ripresa gli Oranje ci provarono, ma nulla: la prima Coppa del Mondo la alzò la Germania Ovest.

Gioia tedesco occidentale, lacrime olandesi. A distanza di venti anni, la Germania Ovest aveva sconfitto per la seconda volta la squadra più forte e favorita della vigilia: nel 1954 aveva sconfitto la fortissima Ungheria di Kocsis, Hidegkuti e Puskás, nel 1974 l'Olanda del “Calcio totale” di Cruijff, Neeskens e Rensembrik.

Il lasciato dell'Arancia Meccanica

Con la sconfitta di Monaco di Baviera terminò di fatto l’era del “Calcio totale” olandese. Due anni dopo la squadra, passata in mano a Ernst Happel, già allenatore del Feyenoord campione d’Europa nel 1970, fallì l’appuntamento europeo perdendo in semifinale nell’edizione jugoslava del 1976 contro la Cecoslovacchia e nel Mondiale argentino del 1978 la Nazionale olandese raggiunse ancora una volta la finale, ma perse ai supplementari (3-1) contro i padroni di casa: seconda finale mondiale, seconda sconfitta contro i padroni di casa.

Già nel 1974 era terminato il dominio europeo dell’Ajax che in pochi anni perse via via tutti i campioni del triennio 1971-1973: Gerrie Mühren disse che se l'Ajax non si fosse sfaldato avrebbe vinto otto Coppe dei Campioni consecutive e non solo tre. Nel 1974 e nel 1978 il Feyenoord ed il PSV Eindhoven vinsero la Coppa Uefa.

Gli anni ’80 videro ancora due successi olandesi nelle coppe europee: nel 1987 l’Ajax vinse la Coppa delle Coppe e nel 1988 a vincere la Coppa dei Campioni fu il PSV Eindhoven e. Il clou si ebbe ancora nel 1988 quando l’Olanda, guidata in panchina ancora una volta da Rinus Michels, vinse l’Europeo tedesco occidentale sconfiggendo in finale l’Unione Sovietica per 2-0 con il gol fantastico di Marco Van Basten, ultimo erede di quella nidiata di talenti che aveva allevato l’Ajax. Teatro della finale europea, l’”Olympiastadion” che quattordici anni prima aveva visto la Nazionale oranje uscire sconfitta dalla finale mondiale contro la Germania Ovest.

L’Ajax vinse poi la Coppa Uefa 1991/1992 battendo in finale il Torino e diventando la seconda squadra europea a vincere tutte le coppe europee per club e nel 1995 alzò al cielo di Vienna la quarta Coppa dei Campioni (diventata Champions League) battendo in finale il Milan e vincendo quell’anno anche la Supercoppa Uefa e la Coppa Intercontinentale. Nel 2001 il Feyenoord vinse la Coppa Uefa e la Nazionale olandese si piazzò quarta a Francia ’98, seconda a Sud Africa ’10 e terza in Brasile quattro anni dopo. A livello di singoli, Marco van Basten vinse tre Palloni d’oro (1988, 1989 e 1992) e Ruud Gullit uno (1987) mentre salirono sul podio del premio di France Football, dal 1975 in poi, sette giocatori oranje (una volta Cruijff, Krol, van Basten e van Djik; due volte Rensembrik, Rijkaard e Bergkamp). Ma nulla è stato come l’Olanda del 1974, l’”Arancia meccanica” come era stata battezzata la squadra di Michels. La squadra bellissima che si arrese in finale, proprio al momento in cui avrebbe dovuto fare il definitivo salto di qualità. Eppure, nonostante questo, ha ispirato il calcio degli anni successivi. Una Nazionale antesignana con giocatori irripetibili ed utopica perché “avrebbe potuto, ma non lo ha fatto. Ma se lo avesse avesse fatto…”.

Quell’Olanda fu un fulmine a ciel sereno in un calcio vecchio e ancora ancorato ai moduli del passato.

L'Ajax e la Nazionale olandese erano il fiammifero acceso in un'epoca dove ovunque c'era “benzina” (leggasi “voglia di cambiamento”) e illuminarono la strada di un calcio che doveva essere svecchiato.

 

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