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Mirko Vučinić, tra gol e mutande

Mirko Vučinić è un giocatore che ha saputo scrivere pagine uniche della storia del calcio grazie ad un talento che sembrava danzare sul filo della genialità e a un carattere inimitabile. In un’epoca di atleti sempre più prevedibili, Vučinić ha rappresentato l’essenza del calcio balcanico: libero, ribelle e profondamente umano. Nonostante i suoi alti e bassi, o forse proprio grazie a essi, è stato capace di momenti di pura magia che hanno reso il suo stile di gioco indimenticabile.
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Mirko Vučinić - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Vučinić arriva in Italia nel 2000, appena diciassettenne, per unirsi al Lecce. Qui si fa notare fin da subito per il suo talento straordinario, ma anche per quella discontinuità che avrebbe caratterizzato tutta la sua carriera. Tra dribbling spettacolari e giocate che sembrano uscite da un’altra dimensione, Mirko alterna partite da fenomeno a lunghe pause in cui sembra perdersi.

Sotto la guida di Zdeněk Zeman nella stagione 2004-2005, trova però il suo miglior momento con i salentini, segnando 19 gol in Serie A. Il suo contributo risulta determinante per un Lecce capace di sorprendere grazie a un calcio spettacolare e offensivo. Nonostante la giovane età, Vučinić è già un leader tecnico capace di segnare reti difficili con una naturalezza disarmante. 

Certo, il suo carattere sognante e talvolta apatico comincia già ad emergere, facendolo talvolta apparire come una figura enigmatica agli occhi dei più. Ma è proprio questa combinazione di talento e mistero a renderlo ancora più intrigante, non solo per i tifosi italiani, ma anche per gli addetti ai lavori. Le sue qualità finiscono infatti con l’attirare l’attenzione della Roma, che vede in lui un giocatore capace di fare la differenza, un diamante grezzo da rifinire per il grande palcoscenico della Serie A.

La città eterna: tra genio e malanconia

Nel 2006, Vučinić passa appunto alla Roma, dove trova una platea più grande per esprimere il suo talento. Con i giallorossi, diventa uno degli attaccanti più amati, non solo per le sue prestazioni in campo, ma anche per la sua personalità: un misto di estro, malinconia e ironia. Non a caso Carlo Zampa, storico speaker e radiocronista della società, al microfono lo inizia a chiamare spesso e volentieri “Maradona dei Balcani”.

E' anche definito il "re della discontinuità", un talento capace di accendere una partita in un istante, ma anche di sparire per settimane. Questa caratteristica, però, lo rende unico agli occhi dei tifosi, che lo amano proprio per la sua imprevedibilità. Con la Roma, Vučinić non riesce a raggiungere mai la costanza di rendimento dei grandi campioni (anche se 46 gol in 147 presenze non sono proprio pochi), ma riesce comunque a vincere due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana.

Fa parte di quella Roma guidata da Luciano Spalletti che rappresenta in quegli anni l’unica vera opposizione al predominio dell’Inter di Mancini prima e di Mourinho poi. Nonostante l’armata nerazzurra sembra invincibile, la Roma si avvicina moltissimo a strapparle lo scudetto nel 2008, con una corsa emozionante che si decide solo all’ultima giornata grazie alla doppietta di Zlatan Ibrahimović in Parma-Inter, per la disperazione dei giallorossi.

Vučinić contribuisce con gol che i tifosi giallorossi non dimenticheranno mai. Tra questi, la sua prima rete europea che consente ai lupacchiotti di ottenere una preziosissima vittoria contro il Manchester United nell’andata dei quarti di finale di Champions League, ma soprattutto il gol di testa al 92’ al Bernabeu contro il Real Madrid, che sancisce la fine dei sogni di gloria dei Blancos, eliminati dal montenegrino dalla competizione.

Anche se lo Scudetto non arriva mai, la Roma di quegli anni, con giocatori del calibro di Totti, De Rossi, Perrotta e, ovviamente, Vučinić, rimane nel cuore dei tifosi per la grinta, la bellezza del gioco e la capacità di sfidare avversari apparentemente imbattibili. I suoi gol, spesso decisivi e sempre spettacolari, sono ricordi indelebili di un’epoca in cui la Roma è sinonimo di passione e spettacolo.

Juventus: la rinascita e i succcessi

Nel 2011, Vučinić si trasferisce alla Juventus, entrando a far parte di un progetto che avrebbe riportato i bianconeri al vertice del calcio italiano. Qui Mirko trova una nuova maturità, giocando con intelligenza e sacrificio per la squadra. Con Antonio Conte in panchina, contribuisce a tre Scudetti consecutivi e diventa un elemento fondamentale per l’attacco bianconero, anche se spesso sacrificato in funzione del gioco di squadra.

Anche a Torino, Vučinić non rinuncia mai a mostrare il suo lato più irriverente. Celebre l’episodio durante il festeggiamento del gol dell’1-0 contro il Pescara, quando aggira il divieto di togliersi la maglia levandosi … i pantaloncini, restando in mutande davanti ai tifosi (e non era nemmeno la prima volta, perché quella per lo spogliarello era una passione che aveva già esibito in abiti giallorossi). 

Questo gesto, che per chiunque altro sarebbe sembrato fuori luogo, per Mirko è semplicemente un altro segnale del suo spirito libero e del suo rapporto unico con il calcio. Non per tutti però, perché ai tempi della Roma un tifoso benpensante denunciò Vucinic per atti osceni in luogo pubblico - il montenegrino fu poi assolto dal giudice sportivo.

Il declino e l'addio alla Serie A

I primi due anni di Mirko Vučinić alla Juventus sono più che buoni, ma la terza stagione in bianconero segna l’inizio della fine della sua avventura all’ombra della Mole. Con l’arrivo di Fernando Llorente e Carlos Tevez nell’estate del 2013, lo spazio per lui si riduce drasticamente. Il montenegrino, che fino ad allora era stato un punto fermo nell’attacco della Juventus, si trova relegato ai margini, complice anche un infortunio al ginocchio che lo tiene lontano dai campi per oltre un mese. 

Ma il momento più controverso arriva durante il mercato di gennaio del 2014, con il famoso “scambio Guarín-Vučinić” tra Juventus e Inter. L’accordo tra i due club è praticamente fatto: Vučinić avrebbe vestito la maglia nerazzurra, mentre Fredy Guarín avrebbe percorso la strada inversa per rinforzare il centrocampo della Juve.

Mirko aveva già svuotato il suo armadietto a Vinovo e salutato i compagni, pronto per iniziare una nuova avventura a Milano. Tuttavia, i tifosi interisti non presero bene la notizia e scatenarono una vera e propria rivolta, sia online sia fuori dalla sede del club. Lo scambio viene bloccato all’ultimo momento, causando imbarazzo tra le due società e lasciando Vučinić in una posizione scomoda. Torna a Torino sapendo che ormai il suo tempo in bianconero è finito. 

L’episodio, definito da molti come uno dei momenti più caotici del calciomercato italiano, lascia Mirko visibilmente scosso e segna il suo definitivo distacco dall’ambiente juventino. Con la stagione ormai compromessa, Vučinić chiude il campionato in tono minore, consapevole che l’estate avrebbe segnato la sua separazione dalla Juventus. 

E così fu: al termine del campionato, il montenegrino si trasferisce negli Emirati Arabi Uniti, accettando l’offerta dell’Al-Jazira. E' l’addio a un calcio di alto livello, ma anche la fine di un capitolo ricco di successi e momenti memorabili

Dopo il calcio: il golf

Dopo il ritiro, ufficializzato nel 2017 al termine dell’esperienza negli Emirati Arabi, Vučinić si dedica alla famiglia e a una nuova passione: il golf. Oggi vive lontano dai riflettori, ma il suo spirito competitivo non si è mai spento. Ha partecipato a diversi tornei di golf, dimostrando ancora una volta la sua capacità di eccellere in ciò che lo appassiona.

Mirko Vučinić non è stato un calciatore da numeri impressionanti o record infranti, ma è stato uno di quei giocatori capaci di emozionare. La sua carriera è una storia di contrasti: talento puro e discontinuità, genio e follia. 

Per i tifosi di Lecce, Roma e Juventus, e per il Montenegro intero, Mirko rimane una figura simbolica, uno di quei giocatori che lasciano un segno.

Perché certi giocatori non si dimenticano mai. O quantomeno, non si dimenticano mai le loro mutande.

Racconto a cura di Andrea Possamai

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