Michele Padovano, tante vite in una
Il 17 nella smorfia è “'a disgrazzia”. Da sempre questo numero è abbinato alla sfortuna. Michele Padovano non ha mai giocato in carriera con il numero 17 sulle spalle, ma “17” è un numero che non dimenticherà. Ovviamente è anche per lui un numero sfortunato: 17, come gli anni che sono passati dal suo arresto (il 10 maggio 2006) fino all’assoluzione datata 31 gennaio 2023. 17 sono davvero tanti, soprattutto se si è innocenti. Da quel 31 gennaio 2023 la vita dell’ex attaccante torinese è cambiata in meglio, ma non dimenticherà mai quegli anni.
Michele Padovano ha avuto tante vite: il calciatore, il dirigente sportivo, la vittima di un errore giudiziario, il libero cittadino. Nessuno gli potrà mai ridare indietro quegli anni, lui ha vissuto quella vicenda in maniera tremenda, ma oggi può andare in giro a testa alta. Tanti tifosi non si sono dimenticati di lui, gli sono stati vicini e nel parlare di lui ora non possono dimenticare ciò che fece in campo con quel coro che è stato un marchio di fabbrica: Eh eh Oh O Michele padovano eh eh oh oh.
Vediamo chi è Michele Padovano e andiamo a vedere tutte le sue “vite”.
Dai primi calci a Torino fino a Cosenza
Torinese del 1966, Michele Padovano gioca in strada. Va a scuola, esce con gli amici ma ha un sogno: giocare sempre a calcio, in ogni dove. Anche non in una squadra: basta una palla, gli amici, una porta e tutto va bene. Ma è bravo, Michele, e dalla squadra del Barcanova, periferia nord-est di Torino, nel 1982 passa al settore giovanile dell’Asti e tre anni dopo debutta in Serie C2. Professionismo.
Rimane ad Asti una stagione, fa bene ed il suo nome finisce sui taccuini dei ds italiani. Nel 1986 la grande opportunità, ovvero giocare in una piazza importante con un tifo caldo. Unico problema: la squadra gioca a 1.200 chilometri da Torino ed è il Cosenza. Detto, fatto: Padovano a 20 anni sbarca in Sila e milita quattro stagioni con i “lupi” con annessa promozione in Serie B. E subito in cadetteria i calabresi “rischiano” la prima promozione in Serie A della loro storia, ma la classifica avulsa tra loro, Cremonese e Reggina premia, nella stagione 1988/1989, i lombardi.
Belli comunque gli anni cosentini: bello l'ambiente, bello il rapporto con i compagni (in particolare Denis Bergamini e Gianluca Presicci), bello giocare per vincere qualcosa, una cosa mai provata prima.
I primi anni in Serie A: un Giro d’Italia tra Pisa, Napoli, Genova e Reggio Emilia
I quattro anni calabresi sono la rampa di lancio per Padovano che nel 1990, a 24 anni, vede premiati i sacrifici: arriva la Serie A grazie alla chiamata del Pisa di Romeo Anconetani.
I toscani nerazzurri arrivano sedicesimi, retrocedono in Serie B ma Padovano si fa notare per le undici reti segnate. Rimane sotto la Torre pendente una sola stagione e poi gira un po' l'Italia, ma sempre in massima serie.
Tra il 1991 ed il 1995 veste le maglie del Napoli e due volte quelle del Genoa e della Reggiana. In questi quattro anni va in doppia cifra solo a Reggio Emilia dove ottiene una salvezza ed una retrocessione.
Ma Padovano non è più uno da Serie B e neanche da provincia. E nell'estate 1995 torna a Torino. Niente Barcola: Juventus FC.
La chiamata della Juventus: il ritorno sotto la Mole. Il gol al Real Madrid.
La Juventus 1995/996 inizia la nuova stagione con il tricolore e la coccarda della Coppa Italia sul petto: il primo mancava da nove anni, la seconda da cinque. E visto che chi fa il double va in Champions, l'allora ventinovenne Padovano avrebbe giocato nell’Europa che conta.
La Juve di allora, guidata da Marcello Lippi, è veramente forte: Peruzzi in porta; difesa con Ferrara, Montero, Carrera e Porrini; centrocampo con Paulo Sousa, Lombardo, Deschamps, capitan Conte, Jugovic, Di Livio e davanti Ravanelli, Vialli ed un giovane del Piero.
Padovano passa alla Juventus per 7 miliardi di lire. Il giocatore accetta (perché se la Juve ti cerca, tu non dici “no” anche se fin da piccolo tifi Torino), consapevole di avere poco spazio. Rimane in bianconero fino al novembre 1997 e saranno due anni incredibili per lui e per la squadra: segna 18 reti in 63 partite totali e vince sia in Italia che in Europa, vale a dire uno scudetto e due Supercoppe italiane; Champions League, Coppa Intercontinentale e Supercoppa UEFA in nove mesi. A parte la coppa vinta contro il River Plate, nelle altre due manifestazioni l'impatto di Padovano è devastante. Devastante, per uno arrivato come quarta punta.
E' determinante in Champions in due momenti: il 20 marzo 1996 segna il gol del 2-0 in casa contro il Real Madrid (che ribalta l'1-0 delle Merengues dell'andata al “Bernabeu” ) e segna il terzo dei quattro rigori della finale di Roma del 22 maggio contro l'Ajax. Non male per un “panchinaro” che in carriera si è sempre contraddistinto per la freddezza dagli 11 metri.
Avendo vinto la Champions, la Juve gioca la Supercoppa UEFA contro la vincente della Coppa delle Coppe, il PSG. La vittoria va ai bianconeri che si impongono 1-6 a Parigi e 3-1 sul neutro del “Barbera” di Palermo. La firma di Padovano è la doppietta nel match di andata giocato al “Parco dei Principi”. Juventus padrona d’Europa con una squadra fortissima (che gioca, tra il 1996 ed il 1998, tre finali consecutive di Champions) e Michele Padovano è il suo propheta in patria, diventando il primo torinese di nascita a vincere la coppa europea più importante con il club allora di piazza Crimea.
Ha la fortuna di giocare con giocatori fortissimi come Vialli e Ravanelli e proprio la cessione dei due attaccanti è la fortuna di Padovano che la stagione successiva gioca e segna molto di più.
Gli anni bianconeri sono i migliori anni di Padovano, sotto tutti i punti di vista. Tanto che entra anche nel giro della Nazionale, L'allora CT azzurro, Cesare Maldini, si convince a convocarlo e gli fa giocare una ventina di minuti nel match di qualificazione al Mondiale dell’anno successivo in Francia contro la Moldavia, subentrando al compagno di squadra Christian Vieri.
Padovano a 31 anni raggiunge il sogno di una vita. Forse avrebbe giocato anche la partita successiva contro la Polonia, ma un infortunio muscolare nell'allenamento di preparazione alla partita lo rimanda a casa. Poi si infortuna un’altra volta e questi due ko gli costano caro: addio Juventus. La sua ultima partita con la Juventus è il 14 settembre 1997 contro la Roma.
Le esperienze all’estero e la chiusura a Como
Non c’è il mercato di gennaio, ma il mercato di riparazione si fa già in autunno: per chi è ceduto è una bocciatura, per chi è acquistato (spesso) una promozione.
Padovano patisce molto i due infortuni e sa che la sua esperienza sotto la “sua” Mole è terminata, ma non la carriera. Va “di moda” vedere i giocatori italiani in Premier League: Vialli, Zola e Di Matteo sono i primi a tracciare il solco (seguiti poi da tanti altri) e Padovano segue l'”onda” ed è tesserato dal Crystal Palace, una delle tante squadre di Londra, che gioca in Premier League e dove milita anche l’ex compagno bianconero Attilio Lombardo.
Perché Padovano accetta questo trasferimento? Per almeno altri due motivi: la ricerca di nuovi stimoli, la presenza a Londra dell'amico Gianluca Vialli, che militava nel Chelsea.
L'esperienza con le “aquile” è negativa, visto che gioca solo dieci partite e sigla un solo gol. La critica giornalistica è pesante nei confronti dell'ex attaccante della Juventus, tanto che il giocatore rimane a Londra un solo anno.
Lasciata la capitale inglese, Padovano passa ai francesi del Metz, in Division 1 (la “mamma” dell’attuale Ligue 1), nella stagione 1999/2000 per poi chiudere la carriera a Como, in Serie C1. La stagione 2000/2001 è l'ultima di Padovano da calciatore, dopodiché decide di ritirarsi all'età di 35 anni.
Qui termina la sua prima “vita”
La seconda “vita”: la carriera da dirigente calcistico
Uno come lui, innamorato del calcio, non può non rimanere nell'ambiente e consegue l’attestato da direttore sportivo, la figura che in una squadra di calcio allestisce, e gestisce, la rosa ed è il tramite tra l’allenatore ed il presidente.
La sua prima esperienza è alla Reggiana nel 2002 e poi nel 2005 finalmente arriva a “casa”, diventando direttore sportivo del Torino. La squadra granata non naviga in acque tranquille e rimane fino a quando Cairo non compra la squadra.
Con il nuovo management, Padovano è costretto a salutare il Torino per tornare in provincia, dove era iniziata la sua carriera: tra il febbraio ed il maggio 2006 è all'Alessandria, in Serie D. Con il club grigio termina la sua seconda “vita”. Ora inizierà la terza. La più difficile.
La vita che cambia: Venaria, 10 maggio 2006
La terza “vita” di Michele Padovano ha un inizio: 10 maggio 2006. L'ex giocatore è fuori a cena. Nel tornare a casa, nei pressi di Venaria, nella cintura di Torino, l'auto del giocatore è fermata da tre autovetture e vi scendono quattro uomini armati: sono forze dell'ordine.
Questi invitano Padovano ad uscire dell'auto e con la forza lo fanno salire con loro. Padovano ha un lampo: “sono su Scherzi a parte, la trasmissione di Canale 5 che “colpisce” i personaggi con scherzi che sembrano reali”. Ma Padovano quando arriva in caserma ed è perquisito, gli fanno le foto segnaletiche e gli prendono le impronte capisce di non essere vittima di uno scherzo televisivo: è la dura realtà.
Perché l'eroe della Champions bianconera di 10 anni prima è arrestato? E' accusato di possedere dell'hashish e, dopo, di essere un trafficante di droga.
Padovano dimostra la sua innocenza e di essere vittima di un errore giudiziario. Il motivo dell’arresto? Aver dato 36mila euro ad un amico pregiudicato che li avrebbe usati per acquistare dei cavalli.
Padovano va a processo ed il PM chiede 24 anni di carcere per lui, ma a dicembre in primo grado gli sono dati 8 anni e 8 mesi. Padovano nel mentre ha conosciuto il carcere (dieci giorni a Cuneo in isolamento e tre mesi a Bergamo), gli arresti domiciliari (nove mesi) e cinque mesi di obbligo di firma in caserma. L'appello riduce la pena a 6 anni e 8 mesi.
Padovano è sconfortato, le spese giudiziarie sono ingenti, la mole di carte presentate è ingente ed è costretto prima a cambiare avvocati e poi a vedersi ridotti tutti i guadagni di una vita. Nel frattempo il padre si ammala e muore con lui che non può dimostrare che è innocente e che è stato vittima di un errore giudiziario.
In più è abbandonato da colleghi ed amici, salvo due ex compagni: quel Presicci che giocava con lui a Cosenza e Vialli. E proprio l’ex capitano della Juventus della Champions crede fermamente a Padovano e gli dice di non mollare, sentendosi spesso con la moglie Adriana e con il figlio Denis (chiamato in onore dell'ex compagno Bergamini, morto il 18 novembre 1989 in circostanze mai chiarite).
Nel gennaio 2021 la Corte di Cassazione annulla le precedenti condanne e dispone il rinvio. Poi il 31 gennaio 2023 la chiamata da parte dei suoi avvocati che gli cambia la vita e che lo fa entrare nella sua quarta “vita”: assoluzione con formula piena. E' stata riconosciuta la sua innocenza.
Dopo 17 anni di processi, arresti domiciliari, obbligo di firma in caserma e la paura di rimanere “appeso” per tanti altri anni ancora alla giustizia italiana. Michele Padovano è un uomo libero.
Dal 31 gennaio 2023 la quarta “vita”
La notizia dell'assoluzione è una liberazione per Padovano: dopo l'arresto e il carcere, ora è tutto finito. E' innocente, come lo era già quel 10 maggio 2006. La notizia gli dà una forte emozione, sa che è finito il suo calvario: è salvo e non è un trafficante internazionale di droga come si credeva.
L'ex attaccante dà poi alle stampe qualche mese dopo un libro (“Tra la Champions e la libertà: La partita in difesa di un attaccante, per vincere la vita”) nel quale racconta sia la sua esperienza da calciatore sia quella di vittima di un errore giudiziario. E nell'opera vanno a braccetto le vittorie ed i successi sui campi ed i 10 giorni in isolamento totale a Cuneo e l'alloggiare in una cella con un’altra persona.
Padovano dopo l'assoluzione ha avuto una seconda “fama”, venendo intervistato da giornali, siti e podcaster per raccontare ciò che ha vissuto. E' anche andato nelle scuole a raccontare la sua vicenda. Un caso, come (purtroppo) tanti, di malagiustizia. Solo che lui, come ha sempre ribadito, ce l'ha fatta ad uscirne vivo, mentre tanti, che hanno subito una condanna ingiusta, o rimangono in carcere o si suicidano. Il carcere lo ha cambiato in meglio, facendogli capire che nella vita niente è dovuto.
Prima dell'arresto Padovano ha un altro tenore di vita che ora non ha più e questa vicenda gli ha fatto apprezzare anche le piccole cose della vita. Come sapere che due suoi ex compagni non lo avevano mai abbandonato, oppure la differenza tra i veri e i presunti amici, quelli che ti sono “amici” perché sei famoso e hai giocato a calcio ad alti livelli. In merito agli ex compagni, Padovano è convinto che Denis Bergamini e Gianluca Vialli siano i suoi angeli custodi.
Ha combattuto i pregiudizi ma non ha mai rinnegato le amicizie, neanche quella che lo ha portato a subire ciò che ha subito. Vorrebbe che la sua vicenda possa essere da aiuto verso le tante persone che hanno subito errori giudiziari nella vita e dice di credere sempre nella giustizia e di non abbattersi perché la giustizia vince sempre.
Grazie al figlio è approdato sui social ed è invitato a partecipare ai raduni di ex giocatori dove è tra i più applauditi. Insomma, almeno umanamente è tornato in pista e spera che anche calcisticamente possa tornare a dire la sua, con la volontà di dare calcisticamente agli altri ciò che lui ha ricevuto.
Vedremo cosa gli regalerà questa quarta “vita”. Una cosa è certa: la vivrà più intensamente delle altre perché vuole rimettersi in gioco e tornare a vivere. Certo, quei 17 anni non glieli darà mai più indietro nessuno, ma sa che la libertà è la cosa più bella e preziose di tutte.
Altro che vincere una Champions. Ma quel coro dei tifosi juventini fatto sulla base de “Le avventure di Pinocchio” (che magari avrà visto da bambino) non lo dimenticherà mai.
Racconto a cura di Simone Balocco