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Anche Parigi piange

Qualche anno prima del Leicester di Ranieri, in Francia si scrive una delle favole più belle del calcio moderno. Quella del Montpellier, capace, grazie ai gol di Giroud, di battere anche il ricchissimo Paris Saint Germain.
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Montpellier Campione 2012 - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Nell’estate del 2011 i petroldollari sbarcano ufficialmente in Ligue 1. La Qatar Investment Authority acquista infatti il Paris Saint Germain, la più prestigiosa squadra del campionato francese, dai precedenti proprietari statunitense, con l’intento di creare una macchina invincibile, capace di dominare il football nazionale e internazionale.

Grazie alla quasi totale onnipotenza economica del nuovo boarding all’ombra della Torre Eiffel sbarcano subito alcuni tra i più pregiati pezzi del calciomercato: da Lavezzi a Matuidi, da Pastore a Sirigu, fino anche a Sissoko, Menez, Gameiro e Lugano. A metà stagione viene pure silurato l’allenatore ereditato dalla precedente gestione, Antoine Kombouarè, per lasciare spazio a uno degli allenatori più vincenti del mondo, Carlo Ancelotti.

Sembra l’inizio, e lo sarà effettivamente, di una lunga egemonia parigina sulla serie A d’Oltralpe. Ma quell’anno, il primo del PSG qatariota, anche i petroldollari devono inchinarsi alle ineffabili regole del football, e alle favole che spesso porta con sé, che lo rendono uno sport da sempre unico nel suo genere.

Perché il campionato francese 2011-2012 lo vince il Montpellier. Una allegra banda di ragazzacci capitanata da uno dei presidenti più eccentrici e folcloristici del mondo del calcio: l’eterno Louis Niccolin. Capaci di scrivere una delle più belle fiabe che il calcio europeo abbia mai saputo raccontare

Pazzo o visionario?

Per capire il Niccolin-personaggio vi basterà vedere le immagini dei festeggiamenti di quello straordinario titolo, quando il presidentissimo si presenta alla folla impazzita di gioia con i capelli tinti di arancione e blu, i colori sociali della sua squadra.

E quel “sua” non è per niente casuale. Perché mai come in questo caso si può dire che il Montpellier sia effettivamente una sua creazione. Diventato presidente nel 1974, non molla più la carica, se non per lasciarla ai suoi due figli maschi: Olivier e Laurent. Quando si insedia per la prima volta, il Montpellier gioca nella cosiddetta “division d’honneur”, l’equivalente della nostra Serie D. Mattone dopo mattone, lo rende una solida realtà del calcio francese, riuscendo a mantenerlo quasi sempre ai massimi livelli.

Pochi e sparuti i momenti di gloria: il Montpellier conquista una Coppa di Francia nel 1990 grazie soprattutto a una generazione di fenomeni, alcuni cresciuti in casa, come Laurent Blanc, altri transitati quasi per caso, come Eric Cantona o Carlos Valderrama, prima di spiccare il volo nelle rispettive onoratissime carriere.

Per il resto un quasi totale anonimato, fino al saliscendi dei primi anni 2000 tra la Ligue 2 e la Ligue 1.

Uno sport nobile e galantuomo come il calcio non può però premiare una semina tanto lunga quanto accurata. E non può non aver riservato un posto a un personaggio così schietto e autentico, tanto da dichiarare pubblicamente di preferire, agli allenatori più blasonati, gente come Courbis, “capace di portare il Montpellier in Ligue 1 con dei mezzi mongoloidi” (con buona pace del politically correct).

Negli anni ha dato del “ridicolo” ad Ancelotti, ha paragonato Galliani, che non gli voleva prestare Niang, a Kojak e ha dato pubblicamente dell’omosessuale a Benoit Pedretti, beccandosi, giustamente, 4 mesi di squalifica.

Diventato ricco grazie allo smaltimento dei rifiuti, può piacere o non piacere. Ma non passare inosservato. E la stagione 2011 gli regalerà la più grande gioia della propria vita. Terminata con un infarto nel bel mezzo della festa per il suo 74esimo compleanno, il 29 giugno 2917. Un addio in puro stile-Niccolin.

I ragazzacci di Girard

Il Montpellier che prende il via nella stagione 2011-2012 è reduce da un modestissimo 11esimo posto nella stagione precedente. In panchina, ormai da qualche anno, siede Renè Girard, medianaccio di Nimes e Bordeaux a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Uno con la cosiddetta “faccia da guerra”. Uno poco abituato ad allenare le migliori squadre, ma uno a cui piace da morire batterle, le cosiddette migliori squadre.

La rosa viene splendidamente puntellata durante il mercato estivo, soprattutto nel reparto difensivo, il più sofferente durante la stagione appena terminata. Dal Marsiglia arriva l’esperienza di Hilton, centralone di difesa che di brasiliano ha praticamente solo il passaporto. Dal Lens ecco invece il camerunense Bedimo, in grado di percorrere la corsia sinistra avanti e indietro con dilagante continuità.

In mezzo c’è sempre l’insostituibile capitano Mapou Yanga-Mbiwa, che negli anni successi impareremo a conoscere, con la maglia della Roma, nella nostra serie A.

Nella zona nevralgica del campo tutto ruota attorno al talento del marocchino Younes Belhanda, trequartista cresciuto nel vivaio del club e atteso da una più o meno definitiva consacrazione. A fare legna ci pensano invece i vari Marveaux, Estrada e Stambouli.

Corsie presidiate da due eccellenti scattisti, come il nigeriano Utaka e il senegalese Camara.

In attacco ecco forse l’unico vero diamante grezzo di questa squadra, l’unico fuoriclasse che in una ipotetica squadra come il PSG forse riuscirebbe a giocare qualche scampolo di partita: si tratta di Olivier Giroud. Capace negli ultimi 2 anni di vincere la classifica marcatori, in Ligue 2, con la maglia del Tours, e di gonfiare 14 volte la rete alla prima stagione nella massima serie transalpina.

Con questi ragazzacci Girard imposta il suo credo: lavoro di squadra, ripartenze fulminanti e solidità difensiva. “Che il gol facciamo sempre tempo a farlo”

Nulla che comunque possa far credere agli addetti ai lavori che gli arancioblù possano anche solo competere per un piazzamento europeo.

Il lungo testa a testa

L’avvio però da un piccolo spoiler di ciò che dirà la neonata stagione. Alla seconda giornata, infatti, i ragazzi di Girard battono i campioni in carica del Lille 1 a 0, al Metropole, con gol di Giroud. Ma fin dalle prime battute si capisce che il nuovo PSG è troppo forte per qualsiasi contendente, e che le altre dovranno presumibilmente dividersi le briciole.

Lo scontro diretto dell’ottava giornata è eloquente: al Parco dei Principi i capitolini si impongono 3-0 con doppietta del Flaco Pastore dopo il vantaggio iniziale di Gameiro. Ma nelle giornate successive il Montpellier riparte, e comincia a macinare risultati su risultati, tanto da far vacillare anche i più potenti e ricchi rivali.

A metà stagione a Parigi si procede con il cambio annunciato: via Kombouarè, che già a inizio stagione pareva avere i minuti contati, dentro Carlo Ancelotti. Il tutto nonostante la squadra sia in testa con 3 punti di vantaggio. Si cerca insomma di dare il colpo decisivo, e di fiaccare un Montpellier che, secondo molti, sta overperformando.

Accade l’esatto contrario. Il Paris non beneficia fino in fondo del cambio, mentre gli arancioblù di Girard si trasformano in una macchina praticamente invincibile. Sicuramente invincibile in casa, allo Stade de la Mosson, dove la squadra non lascia più per strada nemmeno un punto.

Il secondo scontro diretto termina in parità, 2-2. Rendendo chiaro a tutti che l’aria è cambiata, e che ora il Montpellier può pensare anche di giocarsela alla pari.

La giornata decisiva è la numero 29. Il PSG di Ancelotti inciampa in casa contro il Bordeaux. Diversi chilometri più a sud Olivier Giroud castiga il Saint Etienne, e le due squadre girano la boa, prima del rettilineo finale, a pari punti.

7 giorni dopo i parigini perdono, addirittura, a Nancy. Mentre il Montpellier fa quello che vuole in casa contro il Sochaux, e si permette subito dopo di andare anche a dominare, nel gioco e nel punteggio, in casa del Marsiglia di Didier Deschamps. Per poi, di lì in poi, non girarsi praticamente più indietro.

L’ultima trappola è alla penultima giornata, quando il Paris maltratta il Rennes, mentre gli arancioblù sono bloccati sullo 0a0 in casa contro il Lille. Ma in ogni fiaba che si rispetti ci dev’essere un mago, e il ruolo stavolta non può che spettare al buon Girard. Che dalla soffitta rispolvera e getta in campo un certo Karim Ait-Fana, come Belhanda marocchino e come Belhanda cresciuto nel vivaio. Ma a differenza del compagno, quasi mai preso in considerazione durante la stagione.

Sarà ovviamente lui a sfruttare l’incredibile lavoro di Giroud, che fa tutto da solo prima di mettere il compagno davanti alla porta libera, e a spedire alle spalle di Landreau la palla del titolo, del tripudio di gioia.

All’ultima giornata, infatti, l’Auxerre, con l’ex Juventus Kapo, riesce solo a spaventare Hilton e compagni. Poi la doppietta di Utaka dà il via ai festeggiamenti.

Vince il Montpellier. Uno dei titoli più straordinari del calcio europeo, paragonabile solo forse a quelli vinti dal Kaiserslautern in Germania, al Verona in Italia e al Leicester in Inghilterra.

Piange invece il PSG. E con lui tutta Parigi. Che impara sulla propria pelle quanto i sogni e le idee possano spesso essere più forti del vil denaro.

 

 

Racconto a cura di Fabio Megiorin

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