Marco Rigoni, la rivincita
Dicesi “predestinato” quella persona che sin in giovane età dimostra di avere la stoffa per emergere e diventare un giorno un campione. Nella storia dello sport, e del calcio, l’elenco dei predestinati è lunghissimo. Tra questi figura anche Marco Rigoni che, nel 1997, a 17 anni è passato dal Padova alla Juventus: aveva la stoffa del campione e su di lui c’era tantissima hype. Poi però vuoi la giovane età del giocatore, vuoi una rosa allora competitiva, minutaggio pressoché ridotto, vuoi qualche infortunio di troppo e qualche stagione deludente hanno reso Marco Rigoni il classico incompiuto. Invece la sua storia è una storia di rivincite, sacrifici, vittorie, gol ed un livello tecnico con pochi eguali. E questa è la sua storia.
Padova-Torino, un sogno lungo 400 chilometri
Marco Rigoni nasce a Montegrotto Terme, in Provincia di Padova, il 5 gennaio 1980, segno zodiacale capricorno e. come tutti i “capricorno”, è una persona piena di energia, che non si lascia ostacolare da nulla, sicuro di sé e che vive guidato da passione e amore. Sogna di fare il calciatore, Marco, come tanti suoi coetanei. Inizia seriamente a giocare a calcio nella squadra principale della sua provincia, il Padova, che fino al 1997 aveva disputato 16 campionati di Serie A, trenta in Serie B e giocava le partite casalinghe allo stadio “Appiani”.
Perché fino al 1997? Perché fino a quell’anno, la vita dell’adolescente Marco si divideva tra scuola e calcio, se nonché a casa Rigoni bussò la Juventus. “Signori Rigoni, abbiamo visto giocare Marco ed è ciò che serve al nostro settore giovanile. Lo vorremmo tesserare”. Immaginiamo che il primo incontro tra la squadra bianconera e la famiglia di Marco Rigoni sia andato così, con Marco che, senza pensarci due volte, lascia la città del Santo per approdare nella città della squadra allora campione d’Italia, Torino. Un viaggio di quattrocento chilometri lungo la A4 per approdare in piazza Crimea, a ridosso del Po e sotto la collina torinese, a firmare un contratto ed iniziare davvero l’avventura da calciatore.
Marco Rigoni non ci crede ancora, ma è vero: giocherà nella Juventus. Per questo deve lasciare le sue radici, ma se si vuole fare il calciatore professionista bisogna mettere in conto di lasciare l’ovile, mettersi in gioco e superare la propria comfort zone.
Il mito di Alessandro del Piero ed il debutto in prima squadra
La Juventus 1997/1998, quella che vede Rigoni giocare nel settore giovanile, era allenata da Marcello Lippi, era campione d’Italia in carica ed era reduce dalla seconda finale di Champions League consecutive, dove aveva perso a Monaco di Baviera contro il Borussia Dortmund. Quella Juventus vedeva in porta Peruzzi, in difesa Ferrara, Montero e Pessotto, a centrocampo capitan Conte, Tacchinardi, Deschamps, Davids e davanti Filippo Inzaghi ed un 25enne giocatore francese che con il Bordeaux aveva fatto sfracelli, Zinedine Zidane. Il giocatore più rappresentativo di quella Juventus era un ragazzo che oramai era diventato l’idolo dei tifosi ed il giocatore che tutti davano come sicura bandiera del club. Un ragazzo di 23 anni proveniente da San Vendemiano, nel Trevigiano, che nel 1993 aveva fatto come Marco Rigoni la stessa distanza chilometrica, Padova-Torino, per vestire il bianconero. Quel giocatore era Alessandro del Piero, soprannominato da Gianni Agnelli “Pinturicchio” come il pittore umbro maestro di Raffaello (già soprannome dato dallo stesso Avvocato a Roberto Baggio).
La prima cosa che tutti pensano è “Marco Rigoni è l’erede di Alessandro del Piero” e molte cose li accomunano: provenienza geografica, provenienza padovana, tecnica individuale di alto livello, piede destro molto educato, il futuro della Juventus.
A Marco il paragone pesa, ma lui va per la sua strada e sa che per arrivare dove vuole diventare (un calciatore professionista) dovrà fare tanta strada. “Strada” che era appena iniziata.
Sempre di più il giovane Marco è aggregato alla prima squadra, si allena con i ragazzi di Lippi e rimane a bocca aperta visto che si passa il pallone con giocatori che fino a poco tempo prima vedeva in tv o sulle figurine.
Come detto, la Juventus allora era davvero forte e completa e per il giovane Rigoni si profilava la Primavera o tanta panchina. Ma alla fine Lippi gli diede la sua chance: era l’11 marzo 1998 e Marco Rigoni giocò uno scampolo di partita contro la Lazio in Coppa Italia: 2-2, Juventus eliminata ma l’allora numero 35 padovano era contento di sé. Ce l’aveva fatta. Poi il 17 gennaio 1999 arrivò finalmente il debutto in campionato: avversario il Venezia e ultimi dieci minuti al posto di Nicola Amoruso. Purtroppo Rigoni non giocò con del Piero, allora ai box per il grave infortunio che il numero 10 bianconero subì l’8 novembre 1998 a Udine.
Però fino al gennaio 2001 per Marco Rigoni non ci fu davvero spazio con la Vecchia Signora e nel gennaio 2001 dovette fare ciò che fanno molti giovani giocatori, girare l’Italia per trovare spazio, crescere farsi le ossa, lottare per il proprio spazio nel mondo calcistico. Lasciò Torino per Ravenna, scendendo di categoria: non importa, basta giocare”, avrà pensato il giovane Marco. In giallorosso giocò 13 partite e siglò le sue prime reti da “pro” l’8 aprile 2001 con una doppietta al Siena.
Nell’estate 2001 tornò a Torino e vi rimase fino al gennaio 2002, giocando una sola partita in Coppa Italia. A gennaio 2002 Rigoni lasciò la Juventus per trasferirsi al Cittadella, dove giocò una sola partita.
“Che delusione!”, avrà pensato Rigoni, “l’erede di del Piero non sarò io”. Ma Marco è giovane, è forte e saprà farsi valere. E poi ha tutto il tempo dalla sua.
Il destino del giovane Marco passava ancora una volta lungo la A4: nuova tappa, Trieste.
Trieste, Pescara e (due volte) Terni per dimostrare che nulla è perduto
A Trieste Marco Rigoni rimarrà tre stagioni e mezzo (dal 2002 al gennaio 2006 con 101 partite e otto reti) e, con la maglia numero 10 sulla schiena e con in mano della fantasia della squadra alabardata, trascinerà la squadra al massimo ad un quinto posto, ma niente promozione in massima serie. Alla guida del club triestin Attilio Tesser, uno che diventerà importante per il ragazzo di Montegrotto anni dopo.
Però a Trieste si pensava che quella rosa (molto forte) ce l’avrebbe fatta a tornare in Serie A. Su Rigoni ci fu molta attesa ed era facile pensarlo: erede di del Piero, fantasia, testa e piedi di altra categoria. Ed invece nulla.
Siamo nel 2006 e mentre del Piero a Berlino il 9 luglio alzò al cielo la Coppa del Mondo, il suo erede designato terminava il prestito semestrale alla Ternana in Serie B.
La stagione 2006/2007 vede Rigoni giocare ancora in cadetteria, ma a Pescara. Fu una stagione negativa per lui (32 presenze e tre reti) e per la squadra abruzzese che retrocedette in Serie C1 dopo quattro anni. Mai Rigoni era retrocesso: era capitato, non sarebbe stato né il primo né l’ultimo. Eppure a 27 anni la paura di non sfondare definitivamente si fa concreta: nulla era compromesso, ma i sogni in principio erano diversi.
Dopo l’anno pescarese, Rigoni scende per la prima volta in terza serie tornando alla Ternana: rimase nella città di San Valentino due anni pieni, non giocando tutte le partite di campionato ma diventando un punto di riferimento per la squadra ed i tifosi. Le maglie non erano ancora personalizzate in C ed il fantasista veneto si prende la maglia del giocatore più forte e tecnico di una squadra: la numero 10, come aveva a Pescara e a Trieste.
Siamo nell’estate 2009, Marco ha 29 anni, gioca in Serie C1 e la paura che diventi “uno dei tanti” si fa concreta. Ma ad un certo punto riceve una telefonata da parte di Pasquale Sensibile e la sua carriera prende una svolta.
Tappa a Novara: ora o mai più. Il gol del 5 giugno 2011 nella storia.
Pasquale Sensibile da poche settimane era diventato il nuovo direttore sportivo del Novara, nobile decaduta del nostro calcio da 33 anni insabbiata tra Serie C1 e Serie C2 e incapace di fare il salto di categoria anche solo in seconda serie (per non parlare della Serie A che mancava in quella zona del Piemonte dalla stagione 1955/1956). Sensibile convince Marco Rigoni a firmare con il Novara che ha progetti in grande per tornare nel calcio che contava e la dirigenza aveva fatto le cose in grande come campagna acquisti. Allenatore del club sarebbe stato Attilio Tesser, che aveva allenato Rigoni a Trieste.
Rigoni accetta perché sa che a 29 anni nulla è perduto e aveva ancora modo di far vedere di cosa è capace.
Morale? La stagione 2009/2010 vide il Novara vincere il campionato e tornare in Serie B dopo 33 anni, facendo il double con la Supercoppa di Lega Pro. La piazza è in ebollizione perché finalmente era tornata in cadetteria e tanti la stavano scoprendo. Rigoni, maglia 10 sulla schiera, segnerà tre reti tra cui il gol vittoria nel derby regionale in notturna contro l’Alessandria il 28 settembre 2009, il suo primo gol con il Novara: Marco divenne l’idolo della piazza che si ricorda di lui l’erede di Alessandro del Piero.
Morale…seconda parte? Il campionato 2010/2011 vede il Novara arrivare terzo in campionato e vincere i play off promozione. Dopo 55 anni la squadra era tornata in massima Serie. Un campionato pazzesco, dominato e concluso con la vittoria 2-0 il 12 giugno 2011 nella finale contro il Padova. Rigoni nella regular season segnò quattro reti e due gol nei play off, pesantissimi. Segnò il gol del definitivo del 2-0 con la sua ex squadra ma non ci sarebbe stata la finale contro i patavini se il Novara non avesse superato la Reggina in semifinale. La partita di andata al “Granillo” si chiuse sullo n0-0 e al ritorno al Novara sarebbe bastato un pareggio per accedere alla finale. I ragazzi di Tesser erano in vantaggio 1-0 dopo otto minuti ma gli ospiti al minuto 32 pareggiarono e al 75’ passarono in vantaggio con la doppietta Bonazzoli. Al minuto 90 la Reggina sarebbe stata qualificata per la finale tra la delusione di tutto il “Piola”.
Ma visto che il calcio è emozione e un pallone dentro la rete fa la differenza rispetto ad un pallone che non entra in rete, Marco Rigoni decise di riscrivere la storia del suo club e la sua storia calcistica: cross da sinistra di Gemiti con la palla che si fa tutta l’area. La palla, dopo una “spizzata” in area, arriva fuori dall’area di rigore dove di gran carriera si avventa Marco Rigoni. La palla non tocca per terra ed il numero 10 azzurro la colpisce al volo di destro. Tutti i presenti trattennero il fiato: tifo e gol all’incrocio. Gol. 2-2, stadio che “viene giù” e Novara che riagguanta la finale. Rigoni capisce di avere fatto il gol della vita, si toglie la maglia e va sotto la Curva Nord a prendersi l’abbraccio del tifo azzurro. Pochi minuti dopo l’arbitro Tommasi chiuse la disputa: Novara in finale. Senza quel gol, il Novara non avrebbe giocato la finale contro il Padova, non l’avrebbe vinta e non sarebbe stato promosso in Serie A.
La carriera di Marco Rigoni si era presa una gran bella rivincita.
La prima stagione “piena” in Serie A e…capocannoniere della squadra
Il Novara Calcio che partecipa al suo 13° campionato di Serie A è rinnovato rispetto a quello passato. Rigoni è confermato, maglia numero 10 sulla schiena e pronto a giocare la sua prima “vera” stagione in massima serie. A 31 anni era arrivato in Serie A. E Rigoni partì con il botto: prima partita casalinga della stagione e doppietta contro l’Inter. Quelle due reti hanno avuto un grande significato: per lui, la rivincita; per gli altri “ma perché uno così è arrivato solo a 31 anni in Serie A?”.
La città è ai piedi del suo “King” e lui ricambia l’affetto impegnandosi in diverse campagne di solidarietà verso le persone più sfortunate, in particolare i bambini nati prematuri dell’Ospedale Maggiore di Novara.
Il Novara però retrocede subito in Serie B, ma Marco Rigoni fa una stagione che dire clamorosa è poco: 11 gol, capocannoniere della squadra, primo centrocampista con più marcature in stagione. Ciliegina sulla torta: 6 domenica 2012, tripletta segnata al Cesena nell’ultima partita casalinga della stagione in Serie A. Si portò a casa il pallone e con quello stesso pallone aveva esultato simulando la gravidanza della moglie in dolce attesa. E visto che Novara (ed il Novara) gli avevano dato tanto, decise di chiamare la figlia Azzurra. Molti hanno azzardato che se il Novara si fosse salvato, Rigoni sarebbe stato convocato in Nazionale in vista dello stage pre-Euro 2012 indetto dall’allora CT Prandelli, che durante la stagione è stato visto molte volte al “Piola” e non per vedere il campo in sintetico.
Ma nell’estate 2012 le strade di Rigoni ed il Novara si divisero.
L’addio azzurro per Chievo e Genoa
Il Novara che ripartìva dalla Serie B era stato costruito per tentare subito l’assalto alla massima serie ma affrontò la stagione senza Rigoni. Il motivo? Sul giocatore veneto si erano fatte avanti tante squadre e anche il Milan aveva mostrato interesse verso il giocatore, ma il suo destino era ancora lungo la A4: da Novara Est si fece 220 chilometri e uscì a Verona. Passò in prestito al Chievo di Campedelli allenato da Mimmo di Carlo.
I tifosi azzurri ci rimasero male perché si erano affezionati al loro numero 10, ma erano consci che era difficile trattenere un giocatore in forma fisicamente e cercato in Serie A. Per “sdebitarsi”, Rigoni scrisse una lettera accorata ai tifosi per il tifo e l’amore dimostratogli nelle tre stagioni passate a Novara.
La stagione 2012/2013 vide Rigoni giocare fino a gennaio nel Chievo e poi da gennaio nel Genoa: delusione in riva all’Adige, decisivo sotto la Lanterna. Segnò una rete con entrambe le reti: “gol olimpico” a Palermo; gol salvezza contro la Lazio al 95’. Ma rispetto alla stagione precedente Rigoni fece diversi passi indietro. Che fare ora? Il 1° luglio sarebbe tornato a Novara: rimanere in Serie B o cercare uno sbocco ancora in massima serie?
Il ritorno a Novara ed nuovo ruolo dirigenziale
Le chiamate dalla massima serie non mancarono (Bologna e Livorno), ma si vociferò un clamoroso ritorno a Novara. Alla fine del mercato Rigoni tornò in azzurro convinto dal nuovo ds Cristiano Giaretta, ma non ebbe più la “sua” 10 passata ad un giocatore greco arrivato in azzurro prima di lui. Prese la numero “14”.
La stagione fu deludente per lui (solo tre reti) e per la squadra che retrocedette amaramente in Lega Pro perdendo i play out contro il Varese, con Rigoni che nella partita di ritorno, colpì una clamorosa traversa, la terza traversa colpita in altrettante partite che gli azzurri disputarono nel giro di venti giorni (24 maggio, 6 e 13 giugno) contro i lombardi tra il match di campionato e i play out. Era destino che sarebbe stata una stagione maledetta.
Novare retrocesso dopo quattro anni in terza serie e tutto da rifare. Sembrava che il “giochino” si fosse rotto e la favola Novara incartata su sé stessa, ma i tifosi erano pronti a supportare la loro squadra anche nei campi poco mainstream. Ma fecero questo senza Marco Rigoni. Il motivo? A 34 anni decise di ritirarsi per i troppi infortuni avuti in carriera e nelle ultime stagioni. Quella storia (calcistica) bellissima nata a Padova e che ebbe come zenith l’approdo a Torino e poi diventata una rivincita contro tutto e tutti a Novara si chiudeva in riva all’Agogna tra le risaie e le zanzare.
Marco Rigoni non uscì dal calcio ma rimase nel Novara diventando brand manager, ovvero colui che avrebbe portato in giro per l’Italia il marchio azzurro, lui che nelle quattro stagioni in azzurro era diventato il simbolo del “Novara dei miracoli” di Attilio Tesser, l’uomo immagine del club, colui che, come recitava il comunicato che annunciava il suo nuovo ruolo dirigenziale, aveva in mano “la responsabilità di sviluppare ed implementare progetti marketing volti ad accrescere l’immagine del marchio Novara Calcio attraverso nuove idee e strategie rivolte soprattutto al territorio”.
Rimase brand manager del club fino al 2020 quando divenne Consulente Tecnico del Settore Giovanile del Novara (in pratica il nuovo responsabile del settore giovanile), carica che occupò fino al successivo luglio quando la squadra fu esclusa dal professionismo. Rigoni ripartì poi dalla Sparta, storica società calcistica novarese, ma poi decise di tornare a Padova dove ora vive, tornando appena possibile a Novara.
Questa è stata la storia (calcistica) di Marco Rigoni da Montegrotto Terme, Padova: doveva essere l’erede di del Piero, è diventato il “Kng” in provincia. Soprattutto a Novara, terra della sua rivincita dove la sua rete di quel 5 giugno 2011 è ancora ricordata con il cuore palpitante ed il groppo in gol a distanza di anni da parte del tifo novarese.
Anche i tifosi della Reggina non dimenticheranno mai quella rete. Da applausi, comunque.
Racconto a cura di Simone Balocco