Luciano Gaucci, quando passa l'uragano
Anni '80 e '90, un’epoca di ingordigia e ambizioni sfrenate, dove tutto sembra ancora possibile per chi ha il giusto mix di fiuto, spregiudicatezza e un pizzico di sana follia. In questo contesto, c'è un uomo talmente ingombrante da essere chiamato con un solo nome: Lucianone.
Non è solo un presidente, è l'incarnazione di una generazione post-bellica italiana: affamata, pittoresca e spregiudicata. La sua vita sembra un gigantesco stereotipo della commedia all'italiana, dove il successo arriva all'improvviso e le regole esistono solo per essere aggirate.
Al centro di questo turbine c’è Luciano Gaucci, l'uomo che incarna alla perfezione questo spirito, un vero "italiano in tutto e per tutto", con il suo inconfondibile accento romanesco.
La Milanese e Tony Bin
Gaucci, nato nel 1938, parte dalle strade di Roma, dove guida un tram dell’ATAC sulla linea 85 ma la sua sete di successo è insaziabile. Fonda la sua impresa di pulizie, "La Milanese", scegliendo quel nome con l'astuzia tipica del genio impostore: "Al nord non avrei mai lavorato se avessero saputo che era una società romana".
L'azienda cresce vertiginosamente, arrivando a 3.500 dipendenti, grazie anche alle sue amicizie altolocate nella Democrazia Cristiana, fino all'entourage andreottiano.
Parallelamente, il suo vero campo di battaglia, prima del calcio, è l'ippica. Fonda la scuderia White Star nel 1980 e compie il suo primo clamoroso colpo da maestro: acquista un puledro considerato un "mezzo Brocco", Tony Bin, per una miseria (si parla di 12 milioni di lire o addirittura 6 milioni).
La storia di Tony Bin, il cui nome è ispirato a un misterioso pittore veneziano esiliato a Parigi, diventa leggenda. Quando il cavallo si prepara per il prestigioso Prix de l’Arc de Triomphe nel 1988, gli allibratori lo danno a 25. Gaucci, per orgoglio e spacconeria, tira fuori 50 milioni di lire e li scommette su Tony Bin vincente. Il cavallo vince, fruttandogli 800 milioni di lire in contanti dalla scommessa e 1 miliardo e 100 milioni di premio. La White Star accumula in breve tempo oltre 10 miliardi di lire e Gaucci rivende Tony Bin per 7 miliardi di lire ai giapponesi. Non a caso, La Repubblica lo definisce "il Re Mida dell’ippica".
Grazie alle sue amicizie altolocate viene invitato a Buckingham Palace dove, per sua stessa ammissione, facendosi capire a gesti, elargisce consigli sulle scommesse a Lady D e alla Regina Elisabetta che, grazie alle sue imbeccate, riescono a vincere diversi soldi.
Dal cavallo al pallone: Perugia
Dopo aver sfiorato la presidenza della sua amata Roma (dove era stato vicepresidente di Dino Viola negli anni '80), Gaucci capisce che la provincia è il luogo più congeniale alla sua "anima ruspante".
Nel 1991 compra il Perugia in Serie C1 dichiarando un amore immediato e totale: "Dopo Roma è venuta Perugia, dopo Perugia non ci sarà più la Roma".
Inizia un’era irripetibile, un quindicennio di "montagne russe" e puro teatro. Gaucci è un "uragano". Nei suoi primi otto anni di presidenza, licenzia 15 allenatori. L'ambiente di lavoro è tutto fuorché rilassante.
L'ex capitano e bandiera del Perugia Renato Olive racconta l'istrionismo del presidente: "Un giorno mi chiama e mi dice: questo è l’elenco dei quattro allenatori che ho deciso di prendere, quale vuoi da domani? Unico, bizzarro, mica voleva incidere sulla formazione della domenica, no. Lui comandava e basta".
Il suo nome inizia a circolare insistentemente nel calcio italiano quando, nel 1993, il suo Perugia conquista la promozione in in Serie B poi revocata. Il motivo? Illecito sportivo ovvero lo scambio di un cavallo a prezzo agevolato tra la scuderia Gaucci e il suocero dell'arbitro Emanuele Senzacqua.
Gaucci si difende, smentendo l'accusa di broglio, dicendo che lui i cavalli "Li regala tutti". Riceve tre anni di squalifica ma non si abbatte, anzi, in barba al divieto, si mette in panchina per una partita, diventando allenatore per un giorno.
Sotto la sua guida vulcanica, il Perugia scala le vette: due promozioni in Serie A (1996 e 1998), un ottavo posto e, soprattutto, la storica vittoria della Coppa Intertoto nel 2003, l’unico trofeo importante della società umbra che regala al Grifo la storica partecipazione alla Coppa UEFA nella stagione 2003-2004.
Lucida follia
Durante la sua presidenza, Gaucci è un visionario del marketing. Capisce che Perugia non può competere con i giganti del Nord e si concentra su mercati esotici e inesplorati.
La sua più grande intuizione è l'acquisto di Hidetoshi Nakata, il secondo calciatore giapponese, dopo Kazu Miura al Genoa nei primi anni 90, ad approdare in Serie A. Nakata diventa un business inimmaginabile: l'Umbria finisce negli itinerari turistici giapponesi e le maglie della Galex (la ditta di abbigliamento sportivo fondata dal figlio Alessandro) vanno a ruba.
Ma le scommesse sono spesso ai limiti del grottesco. Arrivano giocatori da tutto il mondo, come l'ecuadoregno Iván Kaviedes o l'iraniano Ali Samereh, soprannominato l'Inzaghi persiano. Il più improbabile è Ma Ming-yu, il primo calciatore cinese in Serie A. Gaucci si rende conto di aver comprato il giocatore sbagliato, infatti Ma, soprannominato "Luca", ha l'aspetto di un cinquantenne e gioca solo 5 minuti in Coppa Italia.
Nel 2003, Gaucci compie l'acquisto più assurdo: Saadi Gheddafi, figlio del dittatore libico. Nonostante le dubbie capacità calcistiche, Gaucci lo accoglie a Torre Alfina, il suo castello, sperando di fare più affari fuori che dentro al campo: Saadi è padrone della Tamoil.
Gheddafi gioca solamente 13 minuti in campionato. Il figlio Riccardo ricorda il desiderio del padre di stupire: "Mio padre pensava che mettere il figlio di un leader di questo genere avrebbe fatto parlare del Perugia in tutto il mondo. Lui voleva stupire, era fatto così".
Gaucci non si ferma qui. È il primo, e per ora unico, presidente a mettere un'allenatrice sulla panchina di una squadra maschile professionistica, chiamando Carolina Morace alla guida della Viterbese (società di sua proprietà) nel 1999. Lei si dimette dopo sole due partite, anche se Gaucci aveva commentato saggiamente, anticipando i tempi: “Le donne ormai fanno i capi di Stato, non capisco lo stupore per questa notizia”. L'anno dopo, tenta invano di tesserare la stella tedesca Birgit Prinz per il Perugia maschile.
Infine, non dimentichiamo il suo talento per lo show, immortalato nelle liti televisive. È celebre lo scontro con Vincenzo Matarrese, presidente del Bari: "Gaucci, noi siamo di Serie A!" grida, in un battibecco che lo vede tentare perfino di assaltare il pullman degli avversari.
Ma l'apice della sua nazionalistica, sanguigna reazione arriva nel 2002. Quando il coreano Ahn Jung-Hwan, attaccante del Perugia, segna il golden gol che elimina l'Italia dai Mondiali. Gaucci lo licenzia in diretta televisiva al Processo di Biscardi, tuonando: "Non ho intenzione di pagare uno stipendio a uno che ha rovinato il calcio italiano".
L'eredità Immortale: un Romantico cialtrone
La favola giunge al termine nel 2005. Il Perugia retrocede e, a causa di inadempienze finanziarie, fallisce, non riuscendo a iscriversi in Serie B. Gaucci, accusato di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, fugge a gambe levate, riparando nel suo "paradiso inviolabile" a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana.
Patteggia una pena di tre anni, poi annullata grazie a un indulto. Lì vive il suo esilio dorato e lì si spegne nel febbraio 2020, all'età di 81 anni.
Qual è l'eredità che lascia questo "uomo più grande della vita stessa" (larger than life) al calcio italiano? Gaucci resta l'esempio più vivido e romantico di un'epoca del calcio di provincia che non torna più.
Gaucci anticipa, nel bene e nel male, il calcio moderno:
1. Scouting Globale: ha un occhio lungo per le scommesse sui talenti emergenti. Il Perugia di Gaucci lancia campioni come Hidetoshi Nakata e ben tre futuri Campioni del Mondo con l'Italia nel 2006: Gennaro Gattuso, Marco Materazzi e Fabio Grosso. Materazzi stesso gli rende omaggio dopo la morte: "Non ti sarò mai grato abbastanza, a te e alla tua famiglia. Grazie di tutto. Dopo di te il NULLA a Perugia".
2. Show Business: usa le sue stravaganze come straordinari strumenti di marketing. Il tesseramento di Gheddafi e il tentativo di ingaggiare la stella del calcio femminile Birgit Prinz sono colpi mediatici per spingere il nome del Perugia oltre i confini del calcio italiano.
3. Anticonformismo: affidando la Viterbese a Carolina Morace, rompe le barriere di genere, pur gestendo la situazione con la sua tipica prepotenza.
Nonostante i fallimenti e i guai giudiziari, Luciano Gaucci ha legato in modo indissolubile la sua figura alla città umbra, risollevando le sorti calcistiche del Perugia.
Il suo ricordo "resterà immortale nella memoria dei perugini e dei tifosi del Perugia Calcio", tanto da diventare la sua figura un’icona pop, con il suo volto riprodotto in omaggi artistici, che richiamano l'iconica opera di Andy Warhol con la duplicazione del volto di Marilyn Monroe, in Via Baldo nel cuore del centro storico della città creando un legame indissolubile nel tempo e nello spazio. Un'icona pop che esce dal mondo del calcio e si fa reale nell'immaginario quotidiano.
Luciano Gaucci è stato un "uragano" che, passando, ha lasciato dietro di sé il caos ma anche la consapevolezza che, per un breve, scintillante momento, anche una squadra di provincia poteva competere, far sognare e, soprattutto, far parlare di sé in tutto il mondo.
Luciano Gaucci rimane il ritratto di un uomo che, guidato da feroce determinazione e ingenua bonarietà viveva la sua vita al limite, in un continuo su e giù di successi e fallimenti. Gaucci non è stato solo un uomo, ma un racconto vivente di un’epoca su cui torniamo a riflettere con emozione e stupore.
La sua "leggenda" è ancora oggi un invito a non chiudere mai le porte all’audacia, alla passione e alla capacità di immaginare un calcio che, prima di tutto, sappia emozionare.
Racconto a cura di Biagio Gaeta