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Filadelfia

Lo stadio di Via Filadelfia è uno degli stadi più noti perché legato alle gesta del Grande Torino, la squadra italiana più forte di tutti i tempi. Tra il 1963 e i primi anni 2000 si è temuto di vederlo radere al suolo, ma dal 2017 è la sede degli allenamenti del Torino: è stato ricostruito ed è diventato un gioiellino, ma non è la vera “casa” del Torino come lo “Stadium” per la Juventus e questo è un vero peccato.
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Gradinata Filadelfia - Torino - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Dall’11 settembre 2011 la città di Torino ha un primato:  è la prima città italiana ad avere due squadre in Serie A che giocano in due stadi diversi. Da una parte, uno stadio di proprietà (lo “Juventus Stadium”, nato dalle ceneri del “Delle Alpi”) e dall’altra uno stadio comunale (lo Stadio Olimpico): nella stessa città, il futuro del calcio e dall’altro il passato. A oggi solo altre sei città italiane hanno stadi di proprietà mentre in Inghilterra questa è una cosa normale.

Torino è anche una delle città più importanti del nostro calcio: qui sono nate le prime società di football e domenica 8 maggio 1898 al Velodromo “Umberto I” si è tenuta la prima edizione del nostro massimo campionato, con il Genoa che ha sconfitto nella finale l’Internazionale Torino (che due anni dopo si fonderà nella Football Club Torinese che, nel 1906, andrà a costituire il Torino). E’ torinese anche la terza squadra a vincere lo Scudetto, ovvero la Juventus nel 1905.

Nel capoluogo sabaudo di quei campi da calcio non è rimasto nulla, ma se si pensa alla Torino calcistica non si può non pensare alla squadra più iconica del nostro calcio, il Torino del periodo 1942-1949, ovvero il Grande Torino.

Il Grande Torino è considerato da tutti come la squadra italiana più forte di sempre: seconda formazione italiana a vincere cinque scudetti consecutivi. Quella squadra granata, grazie ad un gruppo di giocatori clamorosi, ha scritto una grande pagina del calcio tanto da diventare simbolo della rinascita italiana dopo la fine della guerra. Una squadra ammirata da tutti, una squadra che ha dominato la scena nazionale nel primo dopoguerra guidata in campo da capitan Valentino Mazzola ed altri iconici compagni di squadra. 

Era una sentenza quella squadra: una qualsiasi squadra poteva vincere ovunque ma contro il Torino, contro quel Torino, non passava. Una squadra che ha chiuso la sua esistenza mercoledì 4 maggio 1949 di ritorno da un’amichevole in Portogallo contro il Benfica, schiantandosi sulla collina di Superga. Persero la vita 31 persone, tra cui tutta la rosa del Torino della stagione 1948/1949 (tranne due giocatori rimasti a casa). 

La squadra di mister Erbstein (che perse anche lui la vita nella sciagura aerea) ormai quasi certa della vittoria finale non poté chiudere il campionato. Le ultime quattro giornate di quella stagione videro in campo il Torino Primavera che vinse tutte quelle partite e si aggiudicò il quinto titolo consecutivo, il sesto totale del club granata fino a quel momento. 

A Superga muore il Grande Torino di capitan Valentino Mazzola, del portiere Bacigalupo, dei difensori Aldo Ballarin, Maroso, Castigliano e Rigamonti, dei centrocampisti Grezar, Loik e degli attaccanti Gabetto, Menti e Ossola. Oltre ai vari Martelli, Schubert, Grava, Fadini, Bongiorni, Operto e Dino Ballarin, fratello minore di Aldo.

Una squadra iconica, epica, fantastica e forte. Davvero forte. Dopo di allora, il Torino ha vinto un solo Scudetto (stagione 1975/1976), tre Coppe Italia, quattro volte è arrivata seconda in campionato e una volta in finale di Coppa Uefa, perdendo contro l’Ajax. Nulla però è stato come il Grande Torino del presidente Ferruccio Novo.

Il mito granata è andato di pari passo con il campo dove si allenava e dove giocava al tempo. Uno stadio entrato nell’immaginario collettivo come la “tana”, il luogo dove, in una sorta di inferno dantesco, al suo ingresso c’era scritto “lasciate ogni speranza voi che entrate”: il campo di Via Filadelfia 36.

E vediamo cos’è stato questo “Filadelfia”.

Torino, capitale del calcio italiano. Tante squadre, tanti campi. Nasce il Torino FC.

Torino, insieme a Genova, è considerata la capitale del calcio italiano. Il motivo è semplice: sono di Torino le prime squadre nate nella nostra Penisola e tre delle quattro che hanno preso parte alla prima edizione del campionato italiano domenica 8 maggio 1898. La Juventus, nata nel 1897, è stata la prima sabauda a vincere il titolo nazionale: era il 1905 e dopo Genova e Milano anche l’ex capitale nazionale metteva il suo nome dell’albo d’oro del nostro calcio. 

L’anno dopo, invece, dalla fusione tra la Torinese ed un gruppo di fuori usciti della Juventus, nacque la seconda squadra della città, quella ad avere nel suo nome … il nome della città di San Giovanni: il Torino. Dalla caratteristica maglia granata, la squadra torinese gioca le sue prime partite al Velodromo Umberto I (teatro dell’unica giornata del campionato 1898) per poi approdare nei campi di Piazza d’Armi e allo “Stradale Stupinigi” che ospita le gare del “Toro” fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale per poi giocare al motovelodromo di Corso Casale, a ridosso del Po.

Siamo nel 1926 e la squadra granata è ormai pronta ad avere un proprio campo, una sorta di stadio di proprietà ante litteram. Secondo la dirigenza del tempo è ora che la squadra non deve più migrare di campo in campo in città ma dotarsi di un proprio tempio calcistico. 

17 ottobre 1926: si inaugura il campo di via Filadelfia. Il mito del Grande Torino.

L’amministrazione comunale di Torino scelse un appezzamento di terreno nel quartiere Santa Rita e pone le basi per creare lo stadio dove avrebbe giocato il Toro. Il nuovo impianto sarebbe stato creato in una via dedicata alla città americana dove nel 1776 era stata redatta la dichiarazione d’indipendenza e la costituzione americana, Filadelfia. 

Si scelse quella parte della città perché lontana dal centro e per i costi bassi del terreno. Il deus ex machina dell’operazione è l’allora presidente del Torino, il conte Enrico Marone di Cinzano che decide di formare una società (la Società Civile Campo Torino, la SCCT) che avrebbe gestito la costruzione dell’impianto con i fondi messi a disposizione dei soci e dei tifosi.

Il Torino presenta il progetto il 24 marzo 1926 ottenendo la concessione da parte del Comune guidato allora dal commissario Donato Etna. Il progetto è affidato all’ingegner Miro Gamba mentre i lavori vengono seguiti da Riccardo Filippa. Servono soltanto cinque mesi per erigere lo stadio. Un impianto che nelle intenzioni avrebbe ospitato oltre 15mila spettatori tra tribuna centrale, parterre, gradinate e tribune laterali. 

Lo stadio viene inaugurato 17 ottobre 1926 alla presenza dell’allora erede al trono Umberto II e della principessa Maria Adelaide. La prima partita è tra il Torino e Fortitudo Roma, terza giornata del campionato di Divisione Nazionale, e a vincere sono i padroni di casa per 4-0, con gol dell’argentino Locatelli e tripletta di Libonatti.

Lo stadio è subito teatro della vittoria di due scudetti (1926/1927 e 1927/1928 ma uno viene revocato per l’illecito del “caso Allemandi") e la vittoria della Coppa Italia del 1935/1936. Il mito del Filadelfia, però, nasce con i cinque scudetti consecutivi di Mazzola e soci e alla Coppa Italia 1942/1943. Il Torino, diventa così anche la prima squadra a vincere nella stessa stagione campionato e coppa nazionale.

Il “Campo Torino” (questo il vero nome dell’impianto calcistico) ospita anche quattro partite della Nazionale italiana: tre amichevoli contro Francia, Portogallo, Germania ed il match di Coppa Internazionale (un'antenata della Coppa Delaunay, l’attuale Campionato Europeo) contro l’Ungheria il 13 dicembre 1931 e vinta dall’Italia per 3-2.

Progettato per avere 15mila spettatori, lo stadio di Via Filadelfia, subisce nel tempo diversi restyling di ammodernamento e ricostruzione, infatti il bombardamento del 29 marzo 1944 che colpisce la città sabauda, porta al crollo di parte di esso. Nonostante ciò il Filadelfia rimane la casa del club granata fino alla stagione 1962/1963. 

Ma è durante l’epoca del Grande Torino nasce il mito del “Fila”: qui i granata rimasero imbattuti per 100 partite consecutive tra il 31 gennaio 1943 e il 6 novembre 1949 (le ultime sette non giocate dal Grande Torino, perito il 4 maggio 1949 a Superga) con un computo di 89 vittorie e 11 pareggi con 363 gol fatti e 88 subiti. E poi i record: la massima vittoria in una partita (dieci gol rifilati all’Alessandria il 2 maggio 1948) e i 125 gol segnati nella sola stagione 1947/1948.

Tra i momenti più iconici vissuti al Filadelfia c'è sicuramente il “quarto d’ora granata”, dove nell’ultimo quarto d’ora di partita, spinti dal tifo incessante e dal suono della tromba di Oreste Bolmida (il capostazione di Porta Nuova, tifosissimo della squadra), Valentino Mazzola sul campo da gioco si aggiustava i capelli e si rimboccava le maniche della maglia granata e dando inizio ai compagni a quel quarto d’ora, in cui la squadra diventava irresistibile per gli avversari.

Poi il 4 maggio 1949 avviene la strage e due giorni dopo tutta Torino si ferma per l’ultimo saluto alla squadra del Filadelfia, il Grande Torino.

Il post 1949: nulla è stato più come prima. Anche per il Filadelfia.

La Torino granata è scossa e fatica a riprendersi per superare il lutto di Superga. La squadra perde la sua imbattibilità il 6 novembre 1949 nel derby cittadino contro la Juventus (che poi vince lo scudetto 1949/1950) e anche “Campo Torino” entra in crisi.

Nella stagione 1958/1959, a seguito anche dell’inagibilità del “Fila”, il Torino è costretto a giocare le proprie partite interne al “Comunale” insieme alla Juventus. Il Filadelfia in quel periodo funge soltanto da campo di allenamento della Prima Squadra e della formazione Primavera,  Alla fine della stagione i granata retrocedono in Serie B per la prima volta nella loro storia. La stagione cadetta viene disputata al Filadelfia con i granata che vincono il campionato ritornando subito in Serie A. 

A partire dal 1959, con il nuovo piano regolatore, si stabilisce che l’area dove era stato costruito il “Filadelfia” sarebbe diventata area residenziale e si vocifera di abbattere l’impianto per destinare la zona a “verde pubblico”. Il Torino rimane a giocare, comunque, al “Filadelfia” fino al termine della stagione 1963/1964. 

L’ultima partita giocata  è la semifinale di ritorno di Mitropa Cup contro gli ungheresi del Vasas il 19 giugno 1963: 2-1 granata ma, la squadra allora allenata da Giacinto Ellena, eliminati per differenza reti. L’ultima partita in Serie A, invece, è Torino-Napoli del 19 maggio 1963 e l’ultimo gol granata al “Campo Torino” porta la firma da Enzo Bearzot, capitano della squadra torinista.

Filadelfia, ingombrante quanto intoccabile.

Dalla stagione 1963/1964 il Torino non gioca più in via Filadelfia e condivide con la Juventus prima il “Comunale” (dal 1958 al 1990), poi il “Delle Alpi" (dal 1990 al 2006) per poi approdare al nuovo “Comunale” ristrutturato per le Olimpiadi invernali del 2006. Le due squadre ci rimangono insieme fino al 2011 quando la Juventus si trasferisce nel suo nuovo stadio di proprietà: "Juventus Stadium" (oggi Allianz Stadium per motivi di sponsorship). Da quel momento, lo Stadio Olimpico viene ribattezzato “Grande Torino"

E lo stadio di via Filadelfia, che fine ha fatto? A partire dalla stagione 1963/64 è diventata la sede del settore giovanile e il Torino da allora ci gioca solo due partite: l’11 dicembre 1963 contro il Varese (2-1 nel secondo turno di Coppa Italia) e il 14 giugno 1986 nella terza giornata del Torneo Estivo (una manifestazione organizzata dalla Lega Serie A cui prendono parte tutte le squadre dell’allora Serie A) dove perde contro il Pisa per 1-2. Da allora, basta grande calcio tanto che lo stadio divenne quasi un peso (gestionale) per la città.

Può un impianto sportivo che ha scritto una grande pagina italiana ed europea diventare un ingombro?

Addirittura negli anni Sessanta si pensa addirittura di abbatterlo perché l’area dove era stato costruito era stata considerata di uso abitativo: alla faccia di ciò che fece il Torino per il nostro calcio!. Fortunatamente questa idea non viene approvata, ma non si interviene nemmeno per sistemarlo e farlo diventare definitivamente la casa del Torino. Invece passano diverse giunte comunali e tanti presidenti, ma il destino del “Fila” rimane appeso tra l’abbattimento, la ristrutturazione e l’abbandono. E negli anni l’impianto di Via Filadelfia diventa un rudere e occupato da senza fissa dimora e luogo di degrado.

In più il Torino, a partire dalla metà degli anni Novanta e per oltre dieci anni, ha enormi problemi societari dovuti a presidenze non all’altezza della situazione e la città rischia di perdere sia la seconda squadra cittadina (per successi) che il tempio del Grande Torino. Una concatenazione di eventi e situazioni che mettono in difficoltà sia le giunte comunali che i tifosi, certi di perdere un tesoro storico e sentimentale.

Nel 1994 nasce una fondazione ad hoc per la salvaguardia del “Filadelfia” che rileva lo stadio dal presidente Calleri e nel 1997 la Sovrintendenza stabilisce che lo stadio non si può demolire.

Dopo altre vicissitudini e tante idee solo pensate e non messe in campo, nel 2010 inizia la prima parte di demolizione e nell’ottobre 2015 si parte con i lavori di ristrutturazione con la prima pietra messa dal presidente del “Toro”, Urbano Cairo, e dall’indimenticato Paolo Pulici. Il 25 maggio 2017 il nuovo Filadelfia viene inaugurato alla presenza di decine di migliaia di tifosi e appassionati. 

Oggi lo stadio è cambiato totalmente rispetto al passato: è il nuovo centro sportivo del Torino, abbandonando il centro di Orbassano che lo ospitava dal 1994. Per onorare la storia del club, all’ingresso dell’impianto è stato chiamato “Piazzale della memoria" dove sono presenti 12 pennoni che ricordano le squadre granata ed i campioni del passato (il Torino del primo scudetto 1927/1928; i caduti di Superga: Bacigalupo e Ballarin, Maroso e Grezar, Rigamonti e Castigliano, Loik e Menti, Valentino Mazzola, Ossola e Gabetto, Ferrini e Meroni, il Torino dell’ultimo Scudetto 1975/1976, la Fondazione Filadelfia e la società Torino FC.

Oggi il Filadelfia è là, ristrutturato, sistemato e luogo dei sogni dei giovani giocatori granata che aspirano un giorno di militare in Serie A. Il “Filadelfia” è un campo intriso di storia, passione, grinta e di quel tremendismo granata che ha fatto grande il Torino durante tutta la sua esistenza. 

Ricordando sempre che come il Grande Torino non ci sarà mai nulla. Non c’è “Fila” senza Grande Torino, non c’è Torino senza il “Fila”. La storia non si dimentica e non si può (e deve) dimenticare.

Racconto a cura di Simone Balocco

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