Il pallone nei cantieri navali
Dagli shipyard del Wearside ai cantieri di Govan, passando per l’East End londinese; dalla H&W di Belfast fino agli stabilimenti Fincantieri in Italia.
La working class metalmeccanica e i quartieri all’ombra di gru e bacini di carenaggio sono stati, e sono ancora oggi, segni distintivi di giocatori, allenatori e squadre, ma anche di rivalità diventate iconiche per i calciofili di tutto il mondo.
Sunderland e la sua comunità operaia
“Sunderland era il più grande cantiere navale del mondo, il lavoro a Sunderland tra gli anni ’30 e gli anni ’60 è stato rappresentato dai cantieri navali e dalle miniere”, parla così Peter Farrer abbonato di lunga data, dapprima nel mitico Rokker Park e successivamente al Stadium of Light, nella prima puntata della docuserie Netflix - Sunderland ‘Til I die - .
Il legame tra i Black Cats e i loro stabilimenti navali è da sempre qualcosa di viscerale. E non è un caso che la canzone intro di ogni episodio della serie si intitoli Shipyard, brano di The Lake Poets. Non sorprende neanche che sulle ceneri dei vecchi cantieri, sulle sponde del fiume Wear, fu costruito l’attuale stadio, una struttura da 49.000 posti. Un numero impressionante se si pensa che Sunderland vanta 190mila abitanti.
In una città dove ci sono solo cantieri navali, fabbriche e pub, per i Mackems la propria squadra di calcio è qualcosa da difendere fino alla morte perché nessuno ama il calcio come Sunderland, nessuno ha bisogno del calcio come Sunderland. Così come Sunderland ha sempre avuto bisogno della comunità operaia nata e forgiata attorno all’industria navale; e sembra del tutto normale che il vecchio logo del club, negli ultimi anni utilizzato in diverse circostanze, è rappresentato da una nave mercantile. Sicuramente come una di quelle costruite nei vecchi e identitari shipyard della città.
West Ham e il Dockers Derby (vs Millwall)
In terra d’albione, però, non si può parlare del legame tra working class navale e il foot-ball senza nominare West Ham.
Thames Ironworks and Shipbuilding Company questo il nome completo del cantiere navale, situato lungo il Tamigi, che diede gli albori ad una delle squadre più iconiche al mondo. Fondato il 29 giugno 1895 come Thames Iron Workers Football Club, assunse l'attuale denominazione nel 1900. Mantenendo fino ad oggi l’appellativo di Irons.
Hammers & Irons, martelli e ferri; in piena sintonia con la cantieristica che caratterizza da sempre l’imprinting e l’anima della gente del luogo. In questo contesto, popolare e operaio, esplode una delle più forti rivalità del calcio.
Il Dockers Derby, contro i rivali del Millwall, ha origine per uno sciopero a cui quest’ultimi non aderirono. Crumiri, li avremmo chiamati noi. Un’onta nel mondo della solidarietà operaia. Un affronto, una macchia indelebile da ricordare nel tempo.
Calafati e costruttori contro portuali e scaricatori.
Cantieri navali contro banchine di approdo.
West Ham (inteso come il sobborgo londinese) versus Isle of Dog.
Le sponde del fiume a separarli, è un conflitto che affascina gli appassionati di tutto il mondo. Uno scontro che ha cambiato per sempre il calcio inglese, ispirando film, racconti e leggende.
La SS Orient e il Leyton
Sempre sulle rive del Tamigi si intreccia la storia del Leyton Orient.
“Il nome deriva da una compagnia di navigazione, la Orient Steamship Navigation Company, per la quale lavorava uno dei giocatori del Glyn Cricket Club che nel 1888 diedero la forma ufficiale di una squadra di calcio in maniera da tenersi allenati durante l’autunno e l’inverno. L’origine pareva ideale perché non pochi abitanti della zona si guadagnavano il pane lavorando nei cantieri navali dell’East End, e pure il nome Orient cadeva a puntino, perché involontariamente incorporava anche la collocazione geografica del club all’interno della Grande Londra…”, questo il racconto della genesi degli O’s da parte di Roberto Gotta, tra i più rinomati conoscitori del calcio d’oltremanica, nel suo libro Le reti di Wembley. Viaggio nostalgico nella Londra del calcio (editore Kenness).
Il giocatore citato da Gotta era Jack Dearing, player che aveva partecipato al varo della nuova nave della compagnia ovvero la SS Orient, nel 1879. Un gioiellino costruito a Glasgow e capace di trasportare poco meno di 1.000 passeggeri nella rotta migratoria, e non solo, per l’Australia.
La Orient Steamship Navigation Company, meglio conosciuta come Orient Line, attorno agli anni ’60 si fuse con la più nota P&O letteralmente The Peninsular and Oriental Steam Navigation Company.
Anche gli O’S attraverseranno diverse fusioni e cambi societari arrivando all’attuale nome, Leyton Orient, alla fine della seconda guerra mondiale, ma mantenendo fino ad oggi quel calco di resilienza e coraggio tipico dei lavoratori navali dell’East End.
George Best, Belfast, il Titanic e ... Glasgow
Navighiamo verso Glasgow, in un filo immaginario che unisce Thames and Clyde. Parlare di Glasgow significa parlare di Old Firm. Parlare di Celtic vs Rangers ci trasporta, per uno strano intreccio, nei cantieri navali di Belfast.
Nello stabilimento Harland and Wolff fu costruito il Titanic, il più grande e innovativo transatlantico dell’epoca tristemente noto per l’affondamento nel viaggio inaugurale. Nella capitale nordirlandese oggi c’è un museo che porta il nome del Titanic; così come l’aeroporto internazionale porta quello del più grande calciatore nato e vissuto in questa terra: George Best.
George cresce al 16 di Burren Way, tra le mille difficoltà che seguirono la seconda guerra mondiale, con mamma Anne e papà Dickie, un operaio qualificato dei cantieri navali Harland e Wolff. Papà Best si guadagnava da vivere proprio alla H&W, compagnia in cui dalla sua fondazione nel 1861 e fino a qualche decennio fa lavoravano quasi esclusivamente operai protestanti.
L'Old Firm nasce nei cantieri navali
Ed è qui che nasce il quadro che scaturirà in terra scozzese in una rivalità non solo calcistica, ma dal sapore religioso, settario e sociale. L’Old Firm tra Celtic e Rangers, infatti, annovera tutti questi segni distintivi creandosi nell’immaginario pop calcistico una sorte di inarrivabilità emotiva.
Ma cosa c’entra Belfast in tutto questo? Nel 1912 la società di costruzione navale Harland & Wolff (si, sempre loro) rilevò i cantieri di Govan a Glasgow. Questo contesto creò un’opportunità per un gran numero di lavoratori provenienti da Belfast.
Carpentieri, saldatori e montatori, in gran parte protestanti e unionisti, che scelsero così, una volta giunti sulle sponde del Clyde, di dare il loro sostegno ai Rangers. I Gers avevano già allora una rivalità, anche se esclusivamente competitiva, con il Celtic, ma questo nuovo scenario trasformò ben presto il confronto sportivo in una contesa politica e identitaria.
D’altronde il Celtic, matrice e anima irlandese, era stato fondato da un prete cattolico con lo scopo di creare una sorta di sostegno ai poveri e ai cattolici della città. L’Old Firm, da quei giorni, prese una forte connotazione settaria rendendolo un vero e proprio conflitto ideologico e religioso.
Un baronetto orgoglio di Govan
Govan, sede ancora oggi di importanti dockyard, diede i natali ad uno dei più grandi allenatori della storia del calcio.
Alexander Chapman Ferguson, o più semplicemente Alex Ferguson, nacque la notte di Capodanno del 1942, figlio di Alexander Beaton Ferguson e Elizabeth Hardie.
Alexander senior lavorava nell'industria cantieristica aiutando gli equipaggi a imbullonare le lamiere di ferro sulle fiancate delle navi, ultimo discendente di una lunga serie di Ferguson ad aver intrapreso la carriera di artigiani navali. Ad esempio anche suo padre John, nonno di Alex e originario del Dumbartonshire, aveva lavorato come rivettatore, una di quelle mansioni pericolose che nel tempo fu superata dalle moderne saldature.
Alex Ferguson rappresenta, per la working class, l’esempio perfetto di resilienza. Partendo da una famiglia operaia, con valori umani incentrati sul sacrificio e sul lavoro, fino ad arrivare sul tetto del mondo. Un figlio dei cantieri navali che nella sua personalissima bacheca può annoverare:
- 13 Premier League
- 5 Fa Cup
- 4 Coppa di Lega inglese
- 10 Charity/Community Shield
- 2 Champions League
- 2 Supercoppa Europea
- 2 Coppe delle Coppe
- 2 Coppe Intercontinentale/Mondiale per Club
- 3 Scottish Premier
- 4 Fa Cup Scottish
- 1 Coppa Scozzese
Oltre ad una miriade di riconoscimenti personali di carattere mondiale.
Una serie di successi difficilmente replicabile e culminata, nientepopodimeno che con il riconoscimento eterno del Regno Unito. Il 20 luglio 1999 è stato nominato "Sir" dalla regina Elisabetta II con la carica di Commendatore dell'Ordine dell'Impero Britannico.
Pavoletti e il suo inizio "canterino"
Ci sono diverse storie che intrecciano i cantieri navali italiani con il gioco più bello del mondo.
Partendo da Livorno e da Leonardo Pavoletti. L’uomo dei miracoli, provvidenzialmente soprannominato così in un’altra città che vive di mare ovvero Cagliari, è cresciuto calcisticamente nelle compagini giovanili della Cantieri Navali Fratelli Orlando: storica squadra livornese fondata dai lavoratori labronici. Probabilmente Pavoletti è il giocatore contemporaneo più noto, bomber di razza ed anche una presenza in Nazionale, ad aver legato il suo nome alla cantieristica navale.
L'unione Fincantieri Monfalcone
Passando per Trieste e la sua provincia con l’Unione Fincantieri Monfalcone, club con diverse apparizioni in serie D e che adesso milita nell’Eccellenza friulana. L’attuale denominazione è frutto della fusione avvenuta nel 2011 tra la Fincantieri Calcio e la U.S. Calcio Monfalcone. Nobili discendenze per l’UFM con riferimenti a vecchi sodalizi legati alla cantieristica come la S.C. Monfalcone, il G.S.Cantiere Navale Triestino e i Cantieri Riuniti dell’Adriatico Monfalcone. Compagini che possono annoverare partecipazioni prestigiose a campionati nazionali come la Seconda Divisione e la serie B.
Il tifo tra le lamiere di Sestri
E’ il momento di approdare a Genova, fulcro delle attività marittime di tutto il Mediterraneo. Fu nel capoluogo ligure che il calcio cominciò a prendere vita nel nostro paese. Sul finire dell‘800 la working class inglese iniziò a gettare le basi del foot-ball a Sampierdarena, sede dei cantieri navali dell’epoca. Con l’arrivo di Spensley e i primi palloni in cuoio, saranno proprio marinai, marittimi, scaricatori portuali e molto probabilmente anche lavoratori dei cantieri a confrontarsi, con il nuovo gioco arrivato dal mare, negli spiazzi attorno a Piazza d’Armi. Ed è assai probabile che al medico inglese l’idea definitiva di praticare e diffondere il calcio sia maturata proprio in quei momenti da classico “dopolavoro”; trasformando e creando, da vero pioniere, il suo Genoa Cricket and Football Club.
Il legame tra tute blu e calcio è ancora oggi vivo in quel di Sestri, sede dei moderni stabilimenti genovesi. Negli ultimi anni, alcuni lavoratori hanno costituito un’associazione di tifosi della Sampdoria riconosciuta ufficialmente dalla Federclubs (Federazione dei Clubs Blucerchiati). -Cantiere Navale Sestri Ponente-, questo il nome completo del club, a oggi conta circa 300 iscritti distribuiti equamente tra moli, officine e uffici. “Il nostro logo con lo stemma del Baciccia al centro contornato da ancore, nodi marinareschi e cime di traino è la diapositiva di ciò che vogliamo rappresentare. Il legame che per noi unisce il Cantiere Navale e la passione per la Doria, ma più in generale per il gioco del calcio, è racchiuso proprio in quel simbolo”, ci racconta così Giorgio Palomba tra i fondatori del club.
Che Genova e il suo cantiere vivano di calcio è assai scontato; anni fa non era difficile scorgere t-shirt, adesivi e felpe anche di un club del Grifone all’interno dello stabilimento, formalmente creato dalle maestranze genoane. Ed è del tutto normale che una delle figure storiche della Fossa dei Grifoni, Dario Bianchi, sia stato dapprima un riparatore navale nei bacini del porto di Genova e successivamente addetto all’apparato motore a Sestri. Artigiano dei cantieri e re delle coreografie rossoblu, di Bianchi e del suo speciale rapporto con la Gradinata Nord si parla anche nel docufilm “Genoa comunque e ovunque”. Un connubio che ancora una volta sottolinea il tres d’union tra addetti al varo, tubisti, aggiustatori, gruisti, imbracatori e la passione per il calcio.Federclubs
La Puteolana e il campoi dei cantieri Armstrong
Scendendo giù per lo stivale una sosta all’ombra del Vesuvio è obbligatoria con protagonista la squadra più antica della Campania. In quel di Pozzuoli, nel 1902, fu fondata la Puteoli Sport, club antesignano della gloriosa Puteolana, per volontà degli operai britannici che lavoravano nei vicini cantieri navali Armstrong.
E anche il terreno di gioco dei primi anni del novecento, appunto il Campo Armstrong, era stato concesso per volontà di un dirigente inglese dell’azienda costruttrice di artigliera navale. Da Newcastle, casa madre della Armstrong Mitchell & Co., fino al golfo di Napoli: quando un pallone rotola ci sono sempre gli inglesi, in quegli anni, marinai o lavoratori.
L'epopea della "Cantieri Navali" di Palermo
L’epilogo di questo lungo racconto non può che essere Palermo. Marinai e naviganti inglesi entrano, anche qui, prepotentemente nella genesi del primo club cittadino: l’Anglo-Palermitan Athletic and Foot-Ball Club. Le prime amichevoli del sodalizio palermitano furono contro equipaggi britannici e, secondo alcuni racconti tramandati nel tempo dagli abitanti del luogo, alcune di queste gare si sarebbero disputate, condizionale d’obbligo, in un campo situato vicino ai Cantieri Navali, proprio di fianco a quegli stabilimenti fondati nel 1897 da Ignazio Florio. Ed è proprio in quei Cantieri che vede la luce un club epico, una delle squadre gloriose del capoluogo siciliano.
La Cantieri Navali Riuniti, questo il primo nome nel 1946, è stata la compagine fondata dai lavoratori stessi, come attività dopolavoristica. Dopo un’iniziale fugace apparizione in serie C, il club rossoblù scomparve dai radar federali per poi ricomparire nel 1956. Sul finire degli anni ’60 la Cantieri Navali cominciò il suo periodo di gloria disputando ben undici campionati di serie D. Memorabile la stagione 1970-1971, culminata con un ex aequo con il Siracusa. Fu necessaria una partita di spareggio: al Celeste di Messina finisce 0-0 dopo i tempi supplementari. Non erano ancora previsti i tiri di rigore e quindi fu necessario un replay. L’ulteriore gara venne giocata allo stadio Arturo Collana di Napoli, al Vomero. Sarà ancora parità, 1-1 dopo i supplementari. Così come agli Europei del ’68, una monetina decreterà vincitori e vinti. La spunterà il Siracusa, che verrà promosso in serie C, portando comunque nella leggenda quella squadra di operai-giocatori tanto amata e ancora oggi ricordata in città.
“L’Epopea dei Poveri. Un pugno di giocatori, assunti e stipendiati come operai aziendali, hanno sfiorato la promozione in C, battuti sola della Dea Bendata” cosi titolava il giornale L’Ora, storico quotidiano palermitano. Un manipolo di lavoratori guidati da un grande allenatore, quel Carmelo Del Noce che nei primissimi anni ’80 guidò, per poche settimane, anche il Palermo del presidente Parisi. Un vero e proprio maestro per Morana, Agliuzza, Sposito, Fatta, Alduino, capitan Di Gaetano e tanti altri. Di mattina elettricisti, tubisti, saldatori e al suonare della sirena di fine lavoro abili giocatori al punto da farsi prepotentemente spazio, fino ai nostri giorni, nei racconti nostalgici di un calcio che ormai non esiste più.
In tempi più recenti la Fincantieri, questo il nuovo nome dovuto alla proprietà dei cantieri navali di Palermo, fu protagonista nel 2003-2004 del suo ultimo torneo tra i semi-pro. Poi solo settore giovanile con una cantera che sfornerà tanti talenti ed un palmares di tutto rispetto con un titolo Nazionale in bacheca con la formazione Allievi.
Ma all’ombra del Monte Pellegrino, nel 2016, sempre da quello stabilimento fu sparso il seme di una squadra ad azionariato popolare. Tra i fondatori del Palermo Calcio Popolare, difatti, figurano anche un paio di lavoratori dei cantieri; e sempre tra le tute blu verranno arruolati allenatore e giocatori protagonisti di due promozioni consecutive, ma anche diversi soci sostenitori della causa.
Working Class stories
Una storia che si ripete, da Sunderland a Belfast. Dall’East End londinese a Glasgow fino ad arrivare nel nostro paese. Da Genova a Palermo. Dimenticando anche, colpevolmente, altre realtà sparse per il mondo come ad esempio il Burntisland Shipyard Football Club, compagine dilettantistica scozzese fondata dai lavoratori dei cantieri del Fife nel 1919; così come le tante compagini britanniche, e non solo, che con qualche dinamica sono legate ai lori shipyard. Per non parlare del Dockyard Derby tra Plymouth e Portsmouth; entrambe le cittadine ospitano dei cantieri navali e nello specifico Portsmouth è sede del BAE Systems Maritime - Naval Ships, mentre Plymouth del Devonport Dockyard.
Storie di calcio e di working class. Storie di passione pura e di un pezzo di pane intriso di dignitosa fatica. Storie di eccellenze ingegneristiche e manifatturiere, orgoglio identitario delle comunità locali.
Ed è doveroso, in conclusione, citare le parole di colui che ha incarnato più di tutti il modello della classe operaia applicata al pallone: “Anni fa lessi un articolo su di me che diceva: - Alex Ferguson ha fatto grandi cose nella vita, nonostante provenga da Govan -, la trovai una frase offensiva: è proprio perché sono partito dal quartiere dei cantieri navali che ho ottenuto i miei successi nel calcio” (fonte @StoriediPremier – pagina instagram)
Una vera e propria redenzione sociale per tutti i lavoratori dei cantieri navali .
Thanks Sir Alex.
Racconto a cura di Giuseppe Vassallo