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Fabio Borini, Pirati si nasce

Borini ha fatto fatica ad affermarsi nelle grandi, inglesi e italiane. E allora Fabio ha deciso che, col coltello tra i denti, d’ora in poi avrebbe lottato per batterle, nella provincia dove il suo talento ha trovato il vero risalto.
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Fabio Borini - Illustrazione di Tacchetti di Provincia

C’è chi, durante il proprio percorso di vita, decide di stare dalla parte degli “ultimi”. Di aiutare chi è meno facoltoso, meno agiato, meno stimato o semplicemente meno fortunato.

C’è chi invece fin dalla nascita sembra essere fatto apposta per stare in quel lato della società.

Perché se nasci cowboy, puoi un giorno diventare indiano. Ma non viceversa.

E se sei cresciuto nelle grandi navi inglesi, pronte a solcare il mare verso nuove colonie, un giorno potrebbe capitarti di scoprire che non sei fatto per tutto ciò. Che sei fatto, piuttosto, per assaltarle quelle navi, insieme a una ciurma di scagnozzi tuoi simili.

A Fabio Borini hanno sempre detto: “un giorno sfonderai, presto o tardi riuscirai ad affermarti in una grande”.

Ma dopo una serie neanche troppo lunga di tentativi, ha preso coscienza anche lui di ciò che è: un pirata.

Un corsaro fatto non per trionfare tra gli allori dei grandi club, ma per batterli e tirarli giù dal loro dorato piedistallo.

Il principio della “maglia sudata”

Al pubblico delle grandi, infatti, un giocatore come lui non piace più di tanto. Sono abituati, d’altronde, a misurare il talento in chili e freddi numeri.

A loro non interessano i chilometri percorsi in una singola gara, le coperture difensive sempre garantite, le azioni da gol sviluppatesi nella zona del campo dove agisce una singola pedina dello schieramento. A loro interessano gol e assist. A loro interessa contare i trofei nella bacheca alla fine dell’anno.

Borini non è così. Con lui in campo poche cose sono garantite: la maglia sudata, sempre, la dispersione di ogni millilitro di energia che il corpo sia in grado di produrre, la tempra da leone e il coraggio. 

La sua è un’obbligazione di mezzi, non di fine.

Impegno e essenzialità però non bastano, se il tuo obiettivo è imbonirti una grande piazza.

Bastano e avanzano, invece, a chi da una vita è condannato a lottare e combattere, ogni giorno, col coltello tra i denti (come lui, quando esulta) per il minimo traguardo, e che ciò nonostante non perde il vizio di sognare, di tanto in tanto.

Dalla city londinese alle fabbriche del Galles

Passato molto presto dal Bologna all’Academy del Chelsea: la borghesia più borghesia che c’è.

La squadra della capitale, pilotata dall’onnipotente magnate russo. Quella dello stadio nel quartiere di un altro club (Fulham), il più vicino al centro del resto delle londinesi, 

I 10 gol in 11 gare nella squadra riserve, gli esordi con Carlo Ancelotti.

Poi il prestito allo Swansea. In quel lato del Galles dove il nero del fumo delle industrie si mescola con il grigio della nebbia. Dal tetto della Premier alla serie B inglese, per accorgersi che la provincia non è poi così male. E trovarcisi bene (9 partite e 6 gol), guadagnandosi un biglietto di ritorno per l’Italia.

Una partita con il Parma, in Coppa Italia, quindi il repentino prestito (oneroso) alla Roma. Secondo tentativo per Fabio in una grande.

" Sfonderai. È il tuo momento "

Borini bello, ma scomodo

Una buona prima parte di stagione convince i giallorossi a rilevarne la comproprietà. Poi arrivano altri gol, pesanti, a volte pesantissimi (doppietta all’Olimpico contro l’Inter in un fragoroso 4 a 0).

La doppietta di Fabio Borini in gol con la maglia della Roma contro l’Inter

A fine stagione l’agognata doppia cifra è soltanto sfiorata. 9 gol. Non abbastanza, evidentemente, da convincere la Roma a credere davvero in lui.

Con il Parma, infatti, si arriva alle buste. Vince la Roma.

Ma la reazione è la stessa del signore che alla sagra del paese vince alla lotteria un ambitissima testa di bufalo, trofeo di caccia di un facoltoso proprietario terriero.

“Bello, pittoresco. Ma che me ne faccio? Dove lo metto?”

Fortuna che, al di là della Manica, che chi non si è mai veramente dimenticato di lui.

È un mister scozzese dalle idee innovative, che ha coronato il sogno di allenare una grande, e che ora deve rincorrere un titolo che, da quelle parti, manca da troppo tempo. È Brendan Rodgers, suo ex allenatore allo Swansea, e che ora allena il Liverpool.

Sprofondo rosso

Forse è proprio l’eccessiva fame di gloria del popolo del Merseyside a rendere complicati gli anni in Reds, a Fabio e compagni. C’è poca voglia di aspettare, dal momento che, al dominio dell’odiatissimo Manchester United, ora si sono aggiunti anche i loro “vicini rumorosi” del City dello sceicco.

Ma quella squadra è tutt’altro che pronta per competere. Borini Il Pirata ci mette, come al solito il suo: tanta corsa, impegno, sacrificio al servizio dei compagni. Ma tolti il capitano Gerrard e il Pistolero Suarez, davanti la situazione si complica, se devi decidere a chi dare la palla tra Carroll, Shelvey, Assaidi e Pacheco.

Settimo posto, e tanta delusione. Nel suo bilancio finale Borini vede che le mani sono pressoché vuote: spiccioli di presenze e un solo gol in Premier, al Newcastle, più uno al Gomel nei preliminari di Europa League. Poca roba.

Fabio Borini in gol con la maglia del Liverpool

Il destino gli offre però un’altra occasione per scoprire la propria vera identità.

Lo vuole il Sunderland. E il viaggio di Fabio, dal Merseyside al Tyne and Wear, sarà destinato a cambiargli la visione delle cose.

Il galeone dei gatti neri

I Black Cats sembrano infatti essere la squadra ideale per uno come lui.

Club prestigioso,  di lunghissima tradizione (fondato nel lontanissimo 1880), ma con una bacheca desolatamente semivuota (l’ultimo trofeo è un FA Cup di inizio anni ’70) e in perenne lotta con il potere centrale, con gli squadroni. Oltre che, ovviamente, con il Newcastle.

E proprio il derby con i Magpies segna l’inizio dell’amore tra il pubblico di fede biancorossa a Fabio. Che a 6 minuti dal termine segna la rete che decide il match in favore dei gatti neri.

Destro alla dinamite, palla sotto il sette e corsa sfrenata verso i tifosi, mimando con la mano il coltello tra i denti.

Eccolo, il pirata! Ora sì che lo si riconosce.

Dopo un secondo tentativo (testardo d’un bolognese) con il Liverpool, ritorna a vestire la maglia del Sunderland a titolo definitivo, e per una volta decide di fermarsi.

Anche i corsari, a volte, trovano una nave dove lasciare il cuore.

Fabio Borini in gol con la maglia del Sunderland

Borini e il tentativo numero 3: Milan

Il terzo e ultimo tentativo di sfondare in una grande Fabio lo prova nel 2017, quando sceglie di indossare la maglia del Milan.

Sembra avere tutto per sfondare questa volta. Delle stagioni giocate con regolarità alle spalle, esperienza e maturità.

Ma niente da fare, al Milan (come prima al Liverpool e prima ancora alla Roma) serve qualcosa di più.

La differenza sta nel fatto che stavolta trova un allenatore in grado di capirlo. Con Montella c’è feeling, il mister partenopeo capisce che, in questo Milan in ricostruzione, c’è bisogno di uno come Borini. Di uno con le sue qualità.

“Non rende come attaccante? Benissimo, lo schiererò da un’altra parte. Esterno di centrocampo, ad esempio”. 

E Borini…neanche una parola. Accetta, sta zitto e si mette a disposizione. Con Gattuso finirà addirittura a fare il terzino! Poco male: tanta corsa, tanta legna e impegno al 150% garantito.

Dall’Arena ai Dardanelli

Il ritorno alla nobiltà dei rossoneri lo porta a cambiare aria, a cercare nuove strade, nuovi oceani da solcare e da terrorizzare. 

Prima al Verona, dove, complice qualche noia fisica, fatica a trovare continuità.

Poi in Turchia.

“In Turchia? E dove? Al Galatasaray? Al Fenerbahce? Ah no dai… ho capito! Al Besiktas!”

Nossignore. Va al Fatik Karagumruk, ambiziosa squadra del quartiere Vefa. In poche parole, la quarta o quinta squadra di Istanbul.

Come mai lì?

Perchè ai pirati piace così. Solcare acque torbide in ambienti lugubri, dai quali spuntare all’improvviso per assaltare le grandi corazzate.

E pirati, d’altronde, si nasce.

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