Djibril Cissé, Il redivivo
E se, invece che il geniale Leonardo Di Caprio, il regista Alejandro Gonzalez Inarritu avesse scelto Djibril Cissè come protagonista del film campione d’incassi “The Revenant – Il Redivivo”?
Di sicuro si sarebbe risparmiato sui costumi. Perché siamo abbastanza certi che, nel guardaroba di Djibril, in mezzo ai tanti capi stravaganti sfoggiati nel corso della sua carriera, ci sarà anche un pellicciotto marrone, come quello indossato per quasi tutta la durata della pellicola dal fu Jack Dawson in Titanic.
Sicuramente non avrebbe sfigurato come attore. La sua è una di quelle facce che buca lo schermo. Non per niente, infatti, ha collezionato più di qualche apparizione in film piuttosto che in video musicali.
Ma a renderlo particolarmente adatto a quella parte specifica è la sua storia, il suo percorso. Quello di un ragazzo nato ad Arles con un dono: saper giocare splendidamente bene a pallone. E mai arresosi, nemmeno quando tutto sembrava finito.
Djibril Cissè non interpreta, è un redivivo.
Un bomber giramondo
Il mondo del calcio si accorge di Cissè quando Djibril gioca in patria, nell’Auxerre.
Con la maglia dell’AJA segna subito caterve di gol, e diviene, a soli 20 anni, capocannoniere della Ligue 1. 22 gol nella stagione 2001/2002, a pari merito con Pauleta, portoghese in forza al Bordeaux.
Due stagioni più tardi riuscirà pure a migliorarsi, e allora i gol saranno 26. E stavolta niente ex-aequo: alle sue spalle, infatti, si piazza Alexaneder Frei del Rennes, a ben 6 gol di distanza.
Cissè ha tutto quel che un centravanti prolifico dovrebbe avere. Potente, rapidissimo (grazie anche alle sue origini ivoriane), lucido sotto porta, abile nell’uno-contro-uno e in possesso, oltretutto, di eccellenti doti balistiche.
Di lui si innamora perdutamente un suo connazionale. Si chiama Gerard Houllier e in quegli anni è impegnato in Inghilterra a provare a far tornare grande il Liverpool.
Convince il club del Merseyside a sborsare le sterline necessarie al suo acquisto (e non sono poche). Ma, ahilui, non potrà mai godere delle sue prestazioni, dal momento che quella stessa estate verrà sostituito, sulla panchina dei Reds, da Rafa Benitez. E, come si dice in questi casi, tutto il resto è storia.
Da qui comincerà la carriera di Djibril Cissè, che lo porterà praticamente ovunque nel mondo. Dopo gli anni a Liverpool, con tanto di Champions portata a casa nella magica notte di Istanbul, ripercorrerà un altro paio di volte il canale della Manica, per andare dal Marsiglia al Sunderland. Poi Grecia, con il Panathinaikos, Italia, alla Lazio. E ancora Qatar, Russia e Svizzera.
Il tutto nonostante, in due precisi momenti, sembrava stesse per sfuggirgli tutto dalle mani.
Il primo crack
Primo momento “Sliding Doors”. 30 ottobre 2004.
Cissè, partito a cannone in Premier in maglia Liverpool, è titolare in un match di campionato ad Ewood Park contro il Blackburn Rovers.
Ad un certo punto si scontra contro un maniscalco dei Rovers, James McEveley, e si accascia al suolo.
Diagnosi impietosa: frattura di tibia e perone della gamba sinistra. I sanitari sono costretti a sistemargli le ossa praticamente in campo, per evitargli una possibile amputazione dell’arto.
Già di per sé, sarebbe un infortunio grave. A lui capita la versione grave di un infortunio grave.
Sembra tutto finito. Il problema non sta più tanto nel “tornerà a giocare?”, quanto nel “tornerà a camminare come prima?”.
Sapete come andrà a finire?
Che nella pazza rimonta del Liverpool a Istanbul, in finale contro il Milan, quello stesso anno, c’è anche la sua firma.
La serenità con cui tira uno dei rigori della frenetica lotteria è tipica di chi ha appena attraversato, con la sola forza della propria volontà, un mare in burrasca. Rischiava di rimanere amputato, pensate che 11 metri davanti a un portiere possano spaventarlo?.
Ma va là. E infatti è gol. Campioni d’Europa.
Dal sogno Mondiale al nuovo incubo
Secondo momento “Sliding Doors”. 7 giugno 2006.
Djibril Cissè, che nel frattempo si è completamente ristabilito, sta per perfezionare il suo ritorno in Francia. Se ne andrà dal Liverpool, dove Benitez lo fa giocare ormai stabilmente da ala, ruolo che non gli piace, per approdare all’Olympique di Marsiglia.
Il tutto però viene rimandato. Perché nel frattempo Cissè ha trascinato, a suon di gol, la Francia ai mondiali tedeschi. Domenech ovviamente lo inserisce nella lista dei 23, e Djibril si appresta così a vivere il primo mondiale della propria carriera.
Quel 7 giugno si gioca una delle classiche amichevoli di avvicinamento: Francia-Cina. Dopo pochi minuti di gioco, un altro terribile frontale con un altro maniscalco, stavolta con gli occhi a mandorla (tale Zheng Zhi, capitano della selezione asiatica) gli è nuovamente fatale.
Si accascia e inizia subito a urlare. Lo conosce bene quel dolore. Stessa diagnosi: tibia e perone fratturati. Solo che stavolta si tratta della gamba destra.
Ai Mondiali ci va Sidney Govou, e la maggior parte degli addetti ai lavori pensa che si possa già dichiarare conclusa la carriera del centravanti di Arles.
Ma si sbagliano. Anche stavolta.
Conclude la riabilitazione, che stavolta sarà più psicologica che fiscia, si rimette in sesto e torna a giocare e a segnare.
Si toglie pure lo sfizio di tornare in Inghilterra, per sentirsi ancora degno del campionato più bello del mondo. Al Sunderland trova come manager Roy Keane. Rimane indimenticabile il momento in cui Cissè segna un bellissimo gol contro il Blackburn e corre a dare la mano al proprio allenatore, che durante l’intervallo gli aveva detto “non la butti dentro neanche con le mani”.
L’Italia, per davvero e per finta
Anche l’Italia farà in tempo a conoscere questo estroverso numero 9, appassionato di musica e auto di lusso.
Nel 2011 la Lazio lo sceglie come vice-Klose. Poche presenze e un solo gol in campionato, alla prima contro il Milan.
Poi l’estate seguente viene lasciato andare, di nuovo in Inghilterra, ma stavolta al Q.P.R.
Il 20 agosto 2018, all’improvviso, un annuncio scuote il mondo del calcio: Djibril Cissè torna in Italia. Ha firmato per il Vicenza.
Solo che non si tratta del glorioso Lanerossi Vicenza. Ma dell’A.C. Vicenza 1902. Una società fantasma creata da due sedicenti imprenditori francesi, alla ricerca di mera notorietà.
Una società che non prenderà mai vita, rimanendo nelle idee sognanti di questi due personaggi.
Lo stesso annuncio dell’ingaggio di Djibril è grottesco. Foto con la maglia, con più che evidente modifica tramite Photoshop. E poi, a margine dell’annuncio, la specificazione:
“Una volta firmato il contratto l’attaccante è tornato in patria, dove a breve parteciperà come concorrente ad un reality televisivo”.
Ovviamente non se ne fece niente.
Perché va bene che Djibril è Il Redivivo. Ma per il dono dell’ubiquità ci sembra, onestamente, di esagerare.