St. Pauli, Il calcio dei pirati
Per comprendere il fenomeno cult del Sankt Pauli Fc, club tedesco che quasi mai si è affacciato in Bundesliga, dobbiamo prendere in prestito le parole di Jack Sparrow, anzi di Capitan Jack Sparrow, nel film icona I Pirati dei Caraibi – La Maledizione della Prima Luna:
“Cio che conta non è la destinazione, ma il viaggio”
Attenzione: l’abbinamento tra Jack Sparrow e il St.Pauli non è casuale, ma fortemente voluto. Perché da sempre i tifosi di questa squadra, il cui stadio è situato nel bel mezzo del Reeperbahn, la zona a luci rosse di Amburgo, sono da sempre conosciuti come “i pirati”.
Vuoi perché in curva campeggia, fiera, la Jolly Roger Flag. Vuoi per quella loro identità unica nel suo genere.
Oggi vi spieghiamo perché il St.Pauli, senza aver mai visto gloria in nessuno dei suoi 111 anni di vita, è una realtà che qualunque amante del calcio dovrebbe conoscere.
“Se non sei come noi capire tu non puoi”
È proprio così. Per i tifosi del St.Pauli non contano i titoli, le coppe, non conta battere le superpotenze del calcio teutonico o giocare in palcoscenici europei. La cosa più importante, da queste parti, è non essere come loro. La propria identità come centro dell’universo.
I tifosi Kiezkicker sono di sinistra, tutti. Più a sinistra di qualsiasi altra tifoseria di sinistra.
Qui se simpatizzi per la destra, più o meno estrema, allo stadio non solo non ti vogliono, ma non ti fanno nemmeno entrare.
Devi adeguarti a uno stile di vita, a un modo di essere. Non si viene allo stadio per sperare di vedere Gerd Muller indossare la maglia granata, ma semplicemente per essere parte di qualcosa.
Risultato? Millerntor Stadion sempre pieno, quasi 30 mila presenze costanti. Nonostante, come detto, la squadra si debba sempre barcamenare nelle serie inferiori, tra salvezze sofferte e crisi economiche.
St. Pauli, i pirati buoni
Proprio durante uno di questi crac finanziari, il club, a inizio anni 2000, rischia di scomparire. A salvarlo, e chi se non i propri tifosi?
Campagna di merchandising pompata, tassa su birre e attività commerciali del quartiere (e di giro, in una zona così, ce n’è parecchio), ed ecco riapparire i soldi per salvare il St.Pauli da un fallimento che pareva annunciato.
È un quartiere di marinai, affacciato com’è sul fiume Elba. Gente di mare che di fronte alla tempesta non si spaventa, ma si rimbocca le maniche per trovare una soluzione.
Da veri pirati, sì. Ma di buon cuore.
Tante le iniziative sociali lanciate dal club insieme alla sua gente. Recentemente hanno fatto il giro del mondo le immagini del copioso lancio dagli spalti di peluches, che verranno poi raccolti e donati ai piccoli ospiti del vicino ospedale pediatrico.
L’altra faccia di Amburgo
Calcisticamente parlando, il più grosso e forse unico obiettivo per chi indossa questa maglia è battere i cugini dell’Amburgo.
Certo, bisogna beccarli prima. Perché se da un lato il St.Pauli, come detto, nella massima serie ha fatto solo delle brevi comparsate, l’HSV è parimenti una delle squadre più longeve del calcio tedesco. Con l’orologio situato nel Volksparkstadion, che teneva segnato da quanto tempo gli anseatici militavano ininterrottamente in prima divisione, azzeratosi solo nel 2018 dopo 55 anni.
Ma anche per i pirati ci sono stati rari, sporadici momenti di gioia. Come il 16 febbraio 2011, quando una rete di Gerald Asamoah consente al St.Pauli di espugnare la casa degli odiati vicini per la seconda volta nella storia. O come la cavalcata del 2006 in Coppa di Germania, conclusasi solo in semifinale, quando ormai l’Olympiastadion di Berlino pareva a un passo.
Roba da pirati
Ma in fondo a nessuno frega niente qui. Va bene così.
Si sa che, se sei nato di fede granata, sei destinato a soffrire sportivamente. E che le uniche gioie ti derivano proprio dall’essere ciò che sei, diverso da tutti gli altri.
L’Hells Bells degli AC/DC prima della partita, Song 2 dei Blur ad ogni gol, la pubblicità pre-gara che si interrompe 15 minuti esatti prima del fischio d’inizio, perché da quel momento in poi conta solo il ruggito della folla.
A tutti consigliamo, una volta nella vita, di assistere a uno spettacolo del genere, a vivere un’esperienza così, respirando l’aria di questa zona di Amburgo che le guide turistiche ti consigliano di non frequentare.
Perdendosi in tutto ciò che accade intorno.
Perché, alla fine, perdersi è l’unico modo per trovare qualcosa che sia introvabile. Altrimenti chiunque saprebbe dove trovarlo.
Anche questa frase l’abbiamo presa in prestito da Jack Sparrow. Ma d’altronde… è roba da pirati!