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Jari Litmanen: calcio, ghiaccio e fantasia

Quattro decenni di carriera, una storica Champions League vinta con l’Ajax e tanti tanti gol. Riviviamo la storia di Jari Litmanen, il numero 10 cresciuto tra i ghiacci che in patria chiamano ancora “Il Re”
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Jari Litmanen - Illustrazione di Tacchetti di Provincia

È il 1987.

Michail Gorbaciov è da 2 anni a capo dell’Unione Sovietica, il Parlamento Italiano per la prima volta elegge una donna come Presidente della Camera, Leonilde Iotti, e in tv debuttano dei buffi esserini gialli, inizialmente pensati per riempire le pause del Tracey Ullman Show, e destinati poi a fare la storia del piccolo schermo: i Simpson.

100 chilometri a nord di Helsinki, precisamente a Lahti, in un posto dove per 5 mesi dell’anno la temperatura non si azzarda ad andare oltre lo 0, nella prima squadra del paese, il Reipas, che milita nella serie A finlandese, debutta un ragazzino di 16 anni, figlio di due calciatori (si dice la madre fosse più forte del padre), mingherlino, con lo sguardo burbero, che in quegli anni si divide tra il calcio e l’hockey su ghiaccio, sport nazionale da quelle parti. 

Si chiama Jari Litmanen. Ben presto, per tutti i suoi connazionali, sarà semplicemente “Litti”.

L’ultima volta che Litti mette piede su un campo di calcio è il 2012. L’Unione Sovietica è un lontano ricordo, i Simpson una solida realtà, e a dominare il mondo sono gli smartphone.

In 4 decenni di calcio Litmanen ha messo insieme: il record di presenze con la propria nazionale (137), una coppa dei campioni, una coppa UEFA, una intercontinentale, un terzo posto nella classifica del Pallone d’Oro e svariati campionati o coppe nazionali, vinte in mezza Europa.

Per questo motivo, quando decide di appendere le scarpette al chiodo, Litmanen non è più solo “Litti”. Ora lo chiamano “Kuningas”. Il Re.

Il solito lungimirante Ajax

Gli occhi dei top club europei si posano subito su questo numero 10 proveniente da terre lontane e fredde, che nel frattempo in patria si sta già destreggiando niente male. Ma quasi nessuno è convinto delle sue capacità fisiche.

“Così basso, minuto, esile. Sì, in Finlandia farà anche la differenza, ma come farà nei top campionati europei? Questo i difensori se lo mangiano vivo!”

Dovrà arrivare, come al solito, il lungimirante Ajax per fargli attraversare il Canale che separa la Scandinavia dall’Europa Continentale. Aveva un’altra offerta, della Dinamo Bucarest. Ma suo papà, Olavi, ha parlato con gli olandesi, e gli sembrano la scelta migliore per il suo ragazzo.

Ad Amsterdam la vita però non è subito facile. Per due motivi.

Il primo: il numero 10 dei lancieri è un certo Dennis Bergkamp, l’”Olandese non volante” (per via della sua atavica paura dell’aereo). Tocca accontentarsi delle briciole, a livello di minuti giocati. Perché lo spazio da titolare se lo prende tutto il futuro attaccante dell’Arsenal.

Il secondo: il manager dell’Ajax è quell’orso di Louis Van Gaal. Serve qualcosa di speciale, non solo per farsi notare da lui, ma anche solo per far sì che ti rivolga la parola. Fuori dal campo devi rigare dritto e allinearti a quella che non è una democrazia, ma una ferrea dittatura: la sua. In campo, devi avere personalità e dimostrare ciò che vali. Senza se e senza ma.

Gli occhi dei top club europei si posano subito su questo numero 10 proveniente da terre lontane e fredde, che nel frattempo in patria si sta già destreggiando niente male. Ma quasi nessuno è convinto delle sue capacità fisiche.

“Così basso, minuto, esile. Sì, in Finlandia farà anche la differenza, ma come farà nei top campionati europei? Questo i difensori se lo mangiano vivo!”

Dovrà arrivare, come al solito, il lungimirante Ajax per fargli attraversare il Canale che separa la Scandinavia dall’Europa Continentale. Aveva un’altra offerta, della Dinamo Bucarest. Ma suo papà, Olavi, ha parlato con gli olandesi, e gli sembrano la scelta migliore per il suo ragazzo.

Ad Amsterdam la vita però non è subito facile. Per due motivi.

Il primo: il numero 10 dei lancieri è un certo Dennis Bergkamp, l’”Olandese non volante” (per via della sua atavica paura dell’aereo). Tocca accontentarsi delle briciole, a livello di minuti giocati. Perché lo spazio da titolare se lo prende tutto il futuro attaccante dell’Arsenal.

Il secondo: il manager dell’Ajax è quell’orso di Louis Van Gaal. Serve qualcosa di speciale, non solo per farsi notare da lui, ma anche solo per far sì che ti rivolga la parola. Fuori dal campo devi rigare dritto e allinearti a quella che non è una democrazia, ma una ferrea dittatura: la sua. In campo, devi avere personalità e dimostrare ciò che vali. Senza se e senza ma.

Via Bergkamp, tocca a Litti

Quando Bergkamp, nell’estate del 1993, firma il contratto che lo porterà a vestire la maglia dell’Inter, Litmanen decide di prendersi la maglia numero 10. E inizia la stagione intenzionato a non far rimpiangere il più celebre compagno di squadra.

Van Gaal capisce che soldi per comprare un sostituto all’altezza di Bergkamp non ce ne sono, e allora procede: “Si farà con il finlandese”.

Sarà un momento di svolta per la vita di tutti e 3 le parti in causa: per Van Gaal, per l’Ajax e, soprattutto, per Litmanen.

Alla prima stagione da titolare gioca da trequartista e segna VENTISEI RETI in Eredivisie, capocannoniere del campionato. L’anno successivo trascina una squadra, formata oggettivamente da fenomeni (da Davids a Kluivert, passando per Seedorf e i fratelli De Boer), durante un esaltante cammino europeo.

In finale di Coppa dei Campioni il Milan di Capello si deve inchinare a un gol di Kluivert, lasciando ai lancieri la conquista della “coppa dalle grandi orecchie”.

L’anno successivo si portano a casa pure l’Intercontinentale, battendo il Gremio a Tokyo ai calci di rigore, e arrivano nuovamente in finale di Champions League. 

Di fronte un’altra italiana, la Juventus. Zingarata di Ravanelli al 13esimo e bianconeri in vantaggio. Pareggio proprio di Litmanen in chiusura di primo tempo, con una zampata in mischia. Ai rigori gli juventini sono perfetti, nell’Ajax invece sbagliano sia Davids che Silooy. La coppa finisce a Torino.

A fine anno Litti è uno dei favoriti per la vittoria del Pallone d’Oro. Tutta Europa è rimasta folgorata da questo folletto finlandese, rapidissimo sia con la palla al piede che negli inserimenti e dotato di una tecnica sopraffina.

Finirà terzo in classifica, dietro solamente a Weah e a Klinsmann. E ancora oggi qualcuno polemizza, sostenendo che quel riconoscimento dovesse andare proprio a Litmanen.

Con Van Gaal in blaugrana

All’Ajax non si resta, lo sanno tutti. Amsterdam è uno dei migliori trampolini europei per lanciarsi nel calcio che conta.

Jari Litmanen, come ogni buon numero 10 che si rispetti, finisce a Barcellona. Seguendo colui che, oramai, è diventato il suo mentore, Louis Van Gaal.

In Catalogna Jari scopre due cose.

Uno. Quanto sia bello il clima di quel posto. Sole, caldo, inverni miti e mare balneabile.

Due. Quanto siano fragili le sue caviglie, che ne limitano tremendamente le potenzialità.

In Catalogna le cose non vanno per niente bene. Continui infortuni minano il suo minutaggio. Quando poi il club manda via Van Gaal per chiamare in panchina Serra Ferrer le occasioni per giocare diminuiscono ulteriormente.

In Jari Litmanen, tuttavia, più di qualcuno è disposto a credere ancora. Uno su tutti, Gerard Houllier. Solo la destinazione desta qualche perplessità. Perché nell’estate del 2001 Jari firma per il LIVERPOOL.

Litmanen, un finlandese ad Anfield

“In Inghilterra? Uno così? Piccoletto, fragile, che se soffi troppo forte si rompe? Ma fammi il piacere!”

Houllier però è convinto, lo definisce “uno degli acquisti più eccitanti che abbia mai fatto”. La verità è che ha ragione!

Perché se è vero che, anche nel Merseyside, il finlandese è perseguitato dagli infortuni, mette in mostra anche in un campionato fisico e difficile come la Premier League giocate d’alta scuola. Tutt’ora i tifosi Reds, a dispetto del poco tempo passato insieme, lo ricordano come un vero e proprio fenomeno (anche se solo potenziale).

I Reds, quell’anno, ottengono il Cup Treble, vincendo FA Cup, Coppa di Lega e Coppa UEFA (in una sfida leggendaria con l’Alaves). Litmanen salta tutte e 3 le finali, perché infortunato.

A fine stagione, a malincuore, il Liverpool lo lascia libero. “Vai Jari, rimettiti, ricostruisci la tua carriera e fai vedere a tutti chi sei”.

Le migliori giocare di Jari Litmanen con la maglia del Liverpool

Integrità fisica, dove sei?

Tornerà all’Ajax, accolto come un eroe. Poi se ne andrà di nuovo, alla ricerca di una integrità fisica che, per la verità, non arriverà mai.

Nemmeno il doppio ritorno a casa, per vestire la maglia del suo Lathi, serviranno a rigenerarlo.

L’ultima stagione, come detto, nel 2012, con la maglia dell’Helsinki. Giusto il tempo di diventare il recordman della Nazionale sia per quanto riguarda le presenze (137) sia per quanto riguarda i gol segnati (32).

Per due volte il Campionato Italiano è stato vicino ad accogliere questo fenomenale numero 10 venuto dal freddo. La prima volta a inizio anni 2000,quando lo cercava la Roma, poco convinta però delle sue condizioni fisiche (immaginatevi lui e Totti a condividere le stesse porzioni di campo, wow).

La seconda qualche anno dopo, quando il Livorno di Spinelli pensava di puntare su di lui per continuare a inseguire il sogno europeo. Ma anche in quel caso non se ne fece nulla.

A una prima occhiata, quella del Kuningas Litmanen, potrà sembrarvi la storia dell’ennesimo wonderkid. Che poteva diventare… però….

Ma qui stiamo parlando di un talento purissimo. Che forse il destino aveva dotato solamente di qualche anno di carriera ad alto livello, prima di rinascondere tutta quella classe.

A fine carriera i numeri di Litmanen parlano di 658 presenze e 259 reti. Una media di 0,39 gol a partita. Considerando che, di queste 658 partite, quasi la metà le ha giocate con una gamba sola….

0,39 gol a partita. Giocando da numero 10. Scusate se è poco.

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