Cristiano Bacci, un sogno portoghese
Lo chiamano “il derby dell’Invicta”, perché invitta è la città che lo ospita, Oporto, mai sconfitta militarmente e capace, negli anni, di respingere tutti gli assalti, dai Mori alle truppe di Napoleone.
Ogni anno Porto e Boavista rinnovano la loro rivalità, in una delle sfide che più infiamma la Primeira Liga portoghese.
Ma il confronto tra i due club è piuttosto sbilanciato, soprattutto negli ultimi anni. È dal 2007 infatti che le Pantere del Boavista non ottengono una vittoria contro i Dragoni rivali.
Per cambiare questa tendenza, che a qualcuno appare ormai quasi una maledizione (un po' come quella di Bela Guttman che incombe su un’altra delle grandi di Portogallo, il Benfica), il Boavista, stanco di sentirsi figlio di un Dio minore e di vedere i propri cugini festeggiare titoli su titoli per le strade della città, ha deciso di affidarsi ad un tecnico italiano, massese per la precisione.
Il suo nome è Cristiano Bacci, e il motivo per cui le Pantere hanno deciso di affidare a lui le proprie speranze è molto semplice: di miracoli se ne intende eccome.
Base di partenza: la Serie C
La storia di Cristiano Bacci inizia come quella di tanti allenatori prima di lui: in provincia.
Prima da giocatore, dove emerge nelle giovanili del Viareggio (con tanto di esordio in serie C a 16 anni nella stagione 1991-1992, che se non è record poco ci manca), poi, dopo un passaggio anche nella Primavera della Roma, in giro per i campionati di Terza Serie: Sangiovannese, Olbia, Pontedera, Sanremese, Montevarchi, Pro Vercelli, Valenzana, Legnano e Biellese. Sempre senza mai perdere di vista quel posto che chiama ancora “casa”, Massa, e senza mai avere l’opportunità di vestire, ahi lui, almeno per un minuto, la maglia della Massese.
L’ultima tappa è a Chiavari, con la Virtus Entella. Embrione della solidissima società che, negli ultimi anni, abbiamo visto per diverse stagioni anche in Serie B. Proprio qui, in riva al Mar Ligure, gli viene data per la prima volta la possibilità di allenare. Di cambiare visione, passando dalla difesa alla panchina.
Inizia dagli Juniores (che sarebbe la Primavera, se non fosse che il club ligure, tra il 2008 e il 2010, milita ancora nei Dilettanti). Vince il campionato e nel 2010 il presidentissimo Antonio Gozzi, ricco imprenditore nel settore dell’acciaio deciso a rendere la squadra della propria città una nuova Cenerentola del football italiano, gli affida la panchina della prima squadra.
La squadra è appena stata ripescata in Lega Pro, il salto è importante. Alla giornata numero 30 viene esonerato, gli subentra Luca Prina che porrà le basi per l’Entella che verrà.
Pazienza, tutta esperienza.
Bacci riparte allora dalla serie D, spostandosi di pochi chilometri (perché una gamba del compasso è sempre e comunque puntata su Massa, dove mantiene i propri affetti e la propria famiglia), a Tortona per la precisione, per guidare il Derthona. Quindi guida la Folgore Caratese.
Fino a che, nel 2015, arriva una chiamata esotica. Talmente esotica da non poter essere rifiutata.
La prima campagna portoghese
L’Olhanense è il club dell’omonima città di Olhao, finestra portoghese sull’Oceano Atlantico. Colori sociali il rosso e il nero, e una storia che vanta anche qualche trofeo e piazzamento nobile, oramai però troppo distante nel tempo.
Il club, neo retrocesso in Serie B portoghese, ha appena stretto una partnership con la Sampdoria. L’idea del club blucerchiato è quella di avere una società satellite dove far crescere soprattutto i propri giovani, e dove magari far ambientare, con più calma, soprattutto gli stranieri.
In Portogallo, infatti, non esiste un numero limite per i calciatori extracomunitari. E da quelle parti serve qualcuno che dia un organizzazione tattica alla squadra, soprattutto da un punto di vista difensivo.
Bacci prende in mano l’Olhanense mentre veleggia, per così dire, al terzultimo posto in classifica. La salva, e l’anno dopo la piazza in sesta posizione, portando con sé il gagliardetto della “miglior difesa del campionato". Tutt’altro che una Liga banale, dove trovano spazio, nelle squadre B delle big, talenti in rampa di lancio come Andres Silva, Renato Sanches, Victor Lindelof, e dove trovano invece albergo esclusi eccellenti, come Adel Taarabt, ex funambolo del Milan, che al Benfica, quell’anno, sta facendo molta fatica.
Quando termina la collaborazione con la Samp, Bacci decide di lasciare il Portogallo, portando con sé, in valigia, un nuovo idioma appreso (cosa mai banale, in un calcio sempre più globalizzato). Torna in Italia convinto di potersi sedere sul divano giusto qualche settimana, in attesa della chiamata di un club disposto a credere in lui.
Ma nel Bel Paese Cristiano scopre un’amara verità: l’eco di quanto ha fatto in Algarve qui non è arrivato. Le uniche proposte che arrivano provengono dalla Serie D, terreno dove Bacci ha lasciato tanto di sé e che desidererebbe considerare un trampolino di lancio, non un punto di ritorno.
Non a tutti, però, il suo periodo portoghese è passato del tutto inosservato.
I re di Salonicco
Quello di Razvan Lucescu è il classico caso del “buon sangue non mente”. Figlio del grande Mircea, allenatore rumeno giramondo, visto in Italia tra Pisa, Brescia, Reggiana e Inter, dopo una dignitosa carriera da portiere, trascorsa però per lo più in Romania, inizia presto a ben figurare nelle vesti di allenatore.
Dopo aver condotto il piccolo Skoda Xanthi alla finale di Coppa di Grecia, accetta l’incarico di guidare il Paok Salonicco, club nobile del calcio ellenico, ma alla costante ricerca di un posto al sole, in un campionato spesso e volentieri dominato dalle Big Three di Atene (Aek, Olympiakos e Panathinaikos).
Lucescu vuole con sé Cristiano Bacci, proponendogli l’incarico di secondo allenatore, con assoluta possibilità di legiferazione per quanto riguarda la fase difensiva, il piatto forte servito in Portogallo.
Siamo nel 2017. Sono esattamente 32 anni che a Salonicco non si festeggia la vittoria di un campionato.
Bacci organizza una retroguardia imperforabile. Lucescu, insieme a Diego Longo, grande amico di Cristiano, con cui condivide l’hobby della pesca subacquea, deve solo occuparsi di sprigionare il talento dell’ex Napoli El Kaddouri o la fame di gol del bomber serbo Prijovic. Non serve nemmeno un anno di assestamento.
Il Paok chiude al secondo posto la Souper Ligka Ellada dietro l’AEK Atene. Ma soprattutto porta a casa la Coppa di Grecia, battendo in finale proprio i gialloneri della capitale con i gol di Vieirinha e Pelkas.
L’anno successivo la Premiata Ditta fa ancora meglio, riuscendo non solo a rivincere la Coppa, ma a completare un clamoroso “double” vincendo anche il campionato greco. Troppo forti per tutti i bianconeri dell’Aquila bicefala del nord, anche per Olympiakos e Aek, che chiudono rispettivamente in seconda e terza posizione. Dopo 31 anni il dominio ateniese è finito.
Per le vie di Salonicco si scatena il tripudio. Lì dove battere Atene conta sempre un po' di più.
Una rivincita per tutti: per il presidente Ivan Savvidis, passato agli onori della cronaca l’anno prima più per la pistola portata in campo che non per la lungimiranza calcistica; per Lucescu, capace finalmente di uscire dall’ombra ingombrante di cotanto padre; ma anche per Bacci, dopo le porte chiuse trovate in Italia e una carriera, in generale, piuttosto avara di successi.
Lucescu e Bacci poi, nel 2019, si spostano in Arabia Saudita, all’Al Hilal. Qui la truppa italiana agli ordini del tecnico rumeno si allarga, con l’arrivo di Gianpaolo Castorina e Matteo Spatafora. Ma soprattutto arrivano altri trofei: campionato, Coppa del Re dei Campioni e Champions League araba. Poi anche un quarto posto al Mondiale per Club, eliminato solo ai rigori dai messicani del Monterrey.
Dopo un ritorno privo di successi al Paok le strade di Lucescu e Bacci si dividono. Ma nei successi del tecnico figlio d’arte è evidente la mano del bravissimo allenatore massese, in difesa ma non solo. Tanto da sembrare a tutti pronto per tornare ad essere un primo allenatore.
Il grande ritorno
Dev’essere stato troppo forte il richiamo della Serie A, quando il 25 ottobre 2023 Bacci decide di tornare in Italia per fare ancora l’assistant coach, stavolta del giovane Gabriele Cioffi all’Udinese.
Un’avventura decisamente sfortunata per i due, conclusasi dopo una sconfitta contro il Verona a fine aprile 2024, con il club a un passo dal baratro chiamato Serie B.
D’estate, quando tutto si rimette in discussione, e chi non ha una panchina riparte inevitabilmente da zero, ecco l’ultimo eco delle sue imprese in terra portoghese.
La chiamata del Boavista, deciso a interrompere la propria personalissima maledizione, sarebbe troppo attraente per qualsiasi allenatore. Figuriamoci per uno come lui, in grado di conoscere la lingua ma non solo. Perché negli anni ha studiato ed osservato, è intervenuto e ha dato il proprio contributo. Ora sa come si compiono i miracoli.
Quest’anno toccherà a lui riprovarci. In un club che deve al più presto dimenticare il 15esimo posto dell’anno precedente e provare a tornare in Europa, cosa che, dalle parti dell’Estadio do Bessa Seculo XXI, non si vede dall’oramai lontano 2002.
Ora che al comando pare esserci l’uomo giusto il popolo bianconero ci crede. In caso di successo siamo sicuri che, stavolta, l’eco di ciò che ha fatto Bacci arriverà eccome, anche in Italia.
Racconto a cura di Fabio Megiorin