Campo Testaccio di Roma
La presentazione del nuovo kit è da sempre un momento atteso da tutte le tifoserie all’inizio di ogni stagione: con quella maglia, con quei colori e con quello stile una squadra di calcio gira l’Italia e l’Europa facendo conoscere ai tifosi avversari anche la storia della propria squadra. Se la prima e la seconda maglia sono dei classici (con la seconda usata in trasferta per differenziarsi rispetto alla squadra che gioca in casa), la terza maglia, in tanti casi, è puro marketing. Negli ultimi anni le cosiddette third sono diventate iconiche e spesso sono acquistate dai tifosi al posto della prima” (detta home) e della seconda (away).
Lo scorso 27 agosto la Roma ha presentato la sua terza maglia per la stagione calcistica 2024/2025: se la prima riprende i classici colori del club (rosso pompeiano e giallo ocra) e la seconda è bianca con un richiamo ai due principali colori del club, la terza abbraccia la storia del club capitolino. Questa è in blu navy con tre righe rosse sulle spalle e sui fianchi presenta inserti giallo ocra e rosso pompeiano. Lo stile ricorda la maglia della stagione 1991/1992 e la particolarità è, soprattutto, il logo della squadra, diverso da quello che appare sulla prima e sulla seconda: non è raffigurata la lupa capitolina e all’interno di un ovale è riportato “ASR”, ovvero “Associazione Sportiva Roma”. Il font in cui è scritta la parola “ASR” ricorda uno stile vintage e, infatti, lo sponsor tecnico del club romanista (la Adidas) ha deciso di aprire il cassetto dei ricordi e riportare il logo della Roma della stagione 1933/1934.
Perché proprio quella stagione? Perché è la quinta giocata dal club nell’allora suo stadio, Campo Testaccio. Il club capitolino vi gioca fino al termine della stagione 1939/1940 e Campo Testaccio rimane un campo tra lo storico, il mitico, l’iconico ed il magico. Vediamo in cosa consiste questa…magia.
Roma, tra storia e passione per il calcio
Quando un turista arriva a Roma, questo cerca di visitare tutti gli innumerevoli monumenti della nostra capitale, nessuno escluso. Se il turista è un appassionato di calcio, sicuramente andrà a vedere lo stadio “Olimpico”, situato nel complesso del Foro Italico, teatro delle partite casalinghe delle due squadre di Roma, la Lazio e la Roma.
Costruito nel 1953, l'Olimpico è lo stadio più grande della città di Pietro e Paolo, teatro delle Olimpiadi del 1960, di alcune partite di rugby, teatro di due finali del Campionato europeo (1968 e 1980), di una finale mondiale (Argentina-Germania di Italia ’90), quattro di Coppa dei Campioni/Champions League ed una di Coppa Uefa.
Roma è una città che vive di calcio, una città che per questo sport e per il tifo delle sue due squadre farebbe carte false pur di vederle vincere. Una passione che rende la nostra capitale una delle città che ama di più visceralmente il gioco del calcio al Mondo.
La Città Eterna è divisa in quartieri e tra tutti ce n'è uno che è famoso non solo perché è attrattivo, ma anche perché è noto per essere una zona della città totalmente giallorossa, esprimendo il suo tifo per la Roma: Testaccio.
3 novembre 1929
L'Associazione Sportiva Roma nasce 7 giugno 1927 e per i tifosi giallorossi quel giorno è una sorta di “secondo” Natale. Il club capitolino nasce quel giorno dalla fusione di altre tre squadre romane (Alba Audace, Roman, Fortitudo Pro Roma) per creare una sola squadra che possa competere con le squadre del nord Italia, allora più forti, più attrezzate e da più tempo nei campi da calcio rispetto a quelle del centro-sud. Rispetto alla Lazio, la Roma nasce successivamente (i biancocelesti nascono il 9 gennaio 1900), ma è l’unica delle due ad adottare i colori della città, il rosso pompeiano ed il giallo ocra.
Il primo campionato della Roma (campionato 1927/1928 di Divisione Nazionale) è disputato al Motovelodromo Appio (tempio dell’Audace Roma), per poi giocare la stagione successiva nello Stadio Nazionale (campionato 1928/1929 di Divisione Nazionale). La stagione 1929/1930, la prima con la Serie A a girone unico, vede i giallorossi giocare allo stadio della Rondinella (impianto della Lazio) solo la prima partita casalinga per poi andare a giocare in uno stadio proprio.
La passione dei tifosi della squadra giallorossa inducono la giunta comunale di allora a cercare uno spazio dove creare uno stadio capace di contenere un consistente numero di tifosi. E seguendo il concetto fascista di “uno stadio in ogni città”, l’allora giunta capitolina trova uno spazio in via Zabaglia, nel quartiere popolare di Testaccio, nella zona sud-ovest della città, sulla sponda sinistra del Tevere.
Il quartiere prende orma con l’inizio del Novecento, ma è una parte di Roma abbandonata al suo destino, povera e senza servizi. Con l’avvento del fascismo il quartiere inizia ad essere maggiormente vivibile e tra gli abitanti nasce una voglia di rivalsa e riscatto sociale dopo tanti (troppi) anni di abbandono e disinteresse. E la costruzione di Campo Testaccio è la ciliegina sulla torta di un quartiere che non solo incarna la romanità più … romana ma che stava rialzando la testa. Testaccio apre le braccia e accoglie con passione la Roma, che diventa la squadra “proletaria” della città anteposta alla più borghese Lazio.
L’impianto viene inaugurato domenica 3 novembre 1929 e alla cerimonia sono presenti l’allora presidente della Roma, Renato Sacerdoti, l’arcivescovo Bartolomasi ed il Presidente del Coni, Augusto Turati. La Roma disputa quella stagione il primo torneo a girone unico della storia del nostro calcio, il terzo dalla sua fondazione.
Il nuovo stadio è molto british: costruito sulla falsariga del Goodison Park, casa dell’Everton. Il progetto è dell’ingegner Silvio Sensi e costa oltre 1,3 milioni di lire dell’epoca (oggi circa 1,3 milioni di euro). I tifosi sono a ridosso del campo e fanno sentire il loro tifo e la vicinanza al loro club, una caratteristica non da poco.
Custodi dell’impianto sono due coniugi romani, Francesco e Angelica, noti con i soprannomi romaneschi di “zì Checco e sora Angelica”. L'impianto prevede anche l’abitazione del mister: il primo a soggiornarvi è Guido Baccani, sostituito dopo poche giornate dall’inglese Herbert Larry Burgess.
La partita di debutto della Roma a Campo Testaccio avviene alla quinta giornata contro il Brescia e a vincere è la Roma per 2-1. Primo marcatore nel nuovo impianto è Rodolfo Vojk, il secondo diventa Fulvio Bernardini mentre per i lombardi il gol della bandiera è segnato da Arnaldo Prosperi a partita ormai conclusa. La Roma gioca il primo derby del Colosseo a Campo Testaccio contro la Lazio il 4 maggio 1930, vincendo 3-1, dopo aver vinto la partita di andata giocata allo stadio della Rondinella.
Campo Testaccio fortino praticamente inespugnabile
Campo Testaccio diventa la casa della Roma, nonostante il prezzo per assistere ai match non è a buon mercato (si parla di prezzi che vanno dalle 6 lire per i “popolari” alle 10 lire per le gradinate, alle 15 lire per i distinti alle 25 lire per la tribuna laterale alle 35 lire per la tribuna centrale), ogni partita la Roma può contare davvero su un dodicesimo uomo in campo, visto che, nonostante i prezzi, Campo Testaccio è sempre sold out.
Non mancano i furbi e la vicinanza con Monte Testaccio (alias Monte de’ Cocci) permette loro di arrampicarsi fino in cima al monte e poter così vedere la partita, ovviamente non bene come chi paga il biglietto. Ma loro a questo sono poco interessati perché possono comunque dire “io c’ero a vedere la Lupa giocare”.
L'ultima stagione
La Roma gioca a Campo Testaccio dal 3 novembre 1929 al 2 giugno 1940 come partite ufficiali, mentre l’ultimo match disputato è una amichevole contro il Livorno. L’ultima partita di campionato giocata in via Zabaglia è Roma-Novara finita 3-1 per i giallorossi: l’ultimo a segnare sul campo testaccino è il centrocampista novarese Remo Versaldi.
Gli anni di Campo Testaccio vedono la Roma issarsi come best position per ben due volte al secondo posto dietro alla Juventus (stagione 1930/1931) e al Bologna (stagione 1935/1936). Risultati nel complesso lusinghieri che si raccolgono con questi numeri: 161 partite giocate, 103 vinte (64%), 32 pareggiate (20%) e solo 26 sconfitte (16%) per un totale di 337 reti segnate e centoundici subite. Numeri importanti per la squadra giallorossa che a Campo Testaccio costruisce un vero fortino.
A partire con la stagione 1940/1941 la Roma abbandona l’impianto per andare a giocare nello Stadio Nazionale di via Flaminia, dove vi rimane fino al 1953. Al Nazionale vince anche il suo primo scudetto nella stagione 1941/1942. Il motivo dell’abbandono dell’impianto testaccino è ritrovabile nel fatto che, nonostante fosse giovane, l’impianto risulta problematico nella gestione strutturale e lo si abbandona alla fine della stagione 1939-40 per sopravvenuta obsolescenza. L’impianto subisce modifiche strutturali che portano anche alla riduzione della capienza, ma fino all’ultimo la Roma ci gioca. Lo stadio è abbattuto il 21 ottobre 1940.
Delle 161 partite giocate a Campo Testaccio, sono due quelle entrate nell’immaginario collettivo dei tifosi giallorossi come partite epiche: la vittoria per 5-0 contro la Juventus il 15 marzo 1931 (doppietta di Bernardini e gol di Lombardo, Volk e Fasanelli) e quello del derby contro la Lazio del 1 novembre 1933, un altro 5-0 di prepotenza (tripletta di Tomasi e doppietta di Bernardini).
La vittoria contro i bianconeri (che vinsero poi quel campionato ed i successivi quattro) è diventata così iconica tanto che in onore di quella partita è girato “Cinque a zero” di Mario Bonnard, considerato il primo film italiano sul calcio con protagonisti l’attore catanese Angelo Musco, l’alessandrina Milly (alias Carolina Mignone) e… l’intera Roma di quella stagione chiusa al secondo posto, la migliore della storia del club fino a quel momento.
L’abbandono e i progetti di riconversione
La Roma a oggi ha vinto tre scudetti, nove Coppe Italia, due Supercoppe italiane, una Conference League e una Coppa delle Fiere (non più riconosciuta dalla UEFA). Tutte queste vittorie sono state lontane da Campo Testaccio, l’impianto della prima Roma, quella che si avvicinava al mondo calcistico nazionale, quella che fino al 1940 sapeva che difficilmente avrebbe perso tra le mura amiche.
A parte due stagioni giocate dalla Rugby Roma tra il 1937 ed il 1939, Campo Testaccio ospita anche una partita della Nazionale italiana di rugby giocata contro la Romania il 29 aprile 1939 con vittoria azzurra per 3-0. Poi il nulla: erba alta, ruderi, tutto distrutto. Un vero peccato perché in quello spazio, oggi all’interno del I° Municipio, si è scritta una grande storica pagina di calcio.
Dal 1940, in pratica, Campo Testaccio non esiste più e quel poco che ne rimane è un rudere. Un vero peccato perché in quello stadio, nato sulla base di uno degli stadi inglesi più belli del tempo, è nata la passione dei romani verso la squadra giallorossa che poteva competere con gli squadroni del Nord.
Tra il 2000 e oggi si è cercato di fare qualcosa per riprendere Campo Testaccio, ma tutto è caduto in un nulla di fatto. Doveva sorgere un nuovo stadio più piccolo come capienza, ma l’idea è presto abbandonata. Si decide di costruire un parcheggio sotterraneo, ma sorgono diversi problemi burocratici e anche questa idea è abbandonata.
Dal 2015 l’area di Campo Testaccio è tornata al Comune di Roma e c’è una parziale bonifica nel settembre 2018.
Poteva essere il quartier generale per una squadra di quel quartiere (il Real Testaccio) ma gli elevati costi di gestione per un club dilettantistico hanno fatto cambiare l’idea al club. Si è perfino parlato di demolire quel poco che rimane per costruire un’area sportiva dominata dallo sport del decennio, il padel, ma l’idea tramonta quasi subito.
Visto che la memoria è importante, venerdì 3 novembre 2023 un’associazione di tifosi, il “Roma Club Testaccio”, con il sostegno di Comune, AS Roma e Ama (la società municipalizzata della nettezza urbana cittadina) si è riunita dentro l’allora campo di calcio e ha provveduto, grazie a diversi tifosi e volontari, a rimboccarsi le maniche e togliere tutte le erbacce presenti nell’allora campo da gioco, grazie a rastrelli e dei piccoli caterpillar: era da quattordici anni che tutto era abbandonato e per i tifosi-volontari è stato un colpo al cuore perché quel rettangolo di gioco è parte dei monumenti di Roma, una sorta di “suolo sacro”. Da allora è attivo un servizio di vigilanza onde evitare che nell’area possano insediarsi abusivi ed evitare situazioni di degrado.
Si dice che senza memoria non c’è futuro e vedere ridotto in quello stato un tempio del nostro calcio spiace davvero tanto. Quindi si ringrazia la AS Roma per aver ricordato a tutti che la storia non va dimenticata, ma rispettata. E farlo con un simbolo laico calcistico come la terza maglia è un gesto di vero pregio, unendo innovazione, marketing e storia passata.
Racconto a cura di Simone Balocco