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Il giallo del Marassi

Il gol fantasma di Aldo Agroppi in Sampdoria-Torino 1972, uno degli episodi che tolse al Toro uno Scudetto quattro anni prima di quello vinto con Radice.
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Torino 1972 - Sogni infranti - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Gli anni 70 per l’Italia si sono aperti con una sorpresa nel panorama calcistico. Lo Scudetto non è più appannaggio delle grandi storiche. Già nel 1969 la Fiorentina di Bruno Pesaola ha conquistato un meritato campionato, mettendosi alle spalle il Cagliari di Rombo di Tuono Gigi Riva. La Serie A è un campionato con le frontiere chiuse, avvincente, a 16 squadre ed equilibrato, che ha riconquistato valore dopo la figuraccia ai Mondiali inglesi del 1966, con gli Europei vittoriosi del 1968 e la finale mondiale del 1970, persa contro il Brasile di Pelé. 

Proprio in quell’annata, il Cagliari si ripropone con personalità, dominando il torneo che l’anno primo era sfumato per poco, vantando un’invidiabile quota di gol subiti (appena undici) e un Riva in stato di grazia, capocannoniere con 21 reti, esattamente la metà di quelli segnati dai sardi. Nel 1971, invece, Riva si infortuna per quasi tutta la stagione e il Cagliari deve abbandonare presto i suoi sogni bellicosi, a vantaggio di Milan, Napoli e Inter, che si giocheranno lo scettro di Campioni d’Italia, alla fine vinto dai redivivi nerazzurri di “Robiolina” Invernizzi, con un mix di vecchia (e gloriosa) guardia ed elementi nuovi di spessore (Bertini, Boninsegna).                                 

L’entusiasmo dei tifosi, ormai da anni affezionati alla radiolina domenicale, è palpabile. Ma alla vigilia del campionato 1971/72, i club si ritrovano a fronteggiare una crisi finanziaria importante. Lo stesso Riva e Chinaglia, prede di mercato, non si muovono, l’Inter campione in carica aggiunge solo Ghio, dalla Lazio, mentre Milan e Juventus puntano rispettivamente su Albertino Bigon per l’attacco e Pietro Carmignani per la porta. Ai nastri di partenza, scattano bene Inter, Milan e Juventus, fin quando i bianconeri, guidati da Cestmir Vycpalek, prendono la testa della classifica alla sesta giornata. Le vittorie importanti contro il Torino e la Fiorentina confermano che le ambizioni juventine sono serie e fondate. Nonostante il problema ai polmoni di Roberto Bettega, costretto a stare ai box per tutto il girone di ritorno, la Juventus si conferma prima, mentre Milan e soprattutto Inter, impegnata in Coppa Campioni, perdono contatto. 

Rivera poi, dalle parti rossonere dei Navigli, viene squalificato per due mesi (da aprile a giugno) per le pesanti parole d’accusa rivolte al responsabile degli arbitri Giulio Campanati, accusandolo non troppo velatamente di qualche complotto per favorire la Juventus. Nel frattempo, la truppa di Boniperti e capitan Salvadore comincia ad accusare qualche affanno, e a salire in cattedra è il Torino di Gustavo Giagnoni, che si è vendicato nel derby di ritorno sconfiggendo i cugini per 2-1 (gol di Claudio Sala e Agroppi).

I granata col colbacco

Ma com’è il Torino della stagione 1971/72? Sembra sbucato dal nulla, in questo campionato che pareva già segnato e tinto di bianconero. In realtà, il Toro si sta riprendendo già da qualche anno, con uno zoccolo duro ben collaudato composto da Natalino Fossati, Angelo Cereser, Aldo Agroppi, il capitano di mille battaglie Giorgio Ferrini, l’affermazione di nuove leve, come Claudio Sala, e qualche esperto anziano ancora utile alla causa, come Giorgio Puia. 

Anzitutto, i granata sono freschi della loro quarta coccarda tricolore; la Coppa Italia torna dopo tre anni nelle mani toriniste, che però vengono da un campionato anonimo, chiuso all’ottavo posto, l’esonero di Giancarlo Cadè e l’arrivo ad interim di Beniamino Cancian. Gustavo Giagnoni appare subito come una ventata di aria fresca e dà una carica diversa, specie ai nuovi acquisti della scorsa stagione, del calibro di Luciano Castellini e Zecchini, insieme anche a Gianni Bui, che metterà a referto nove marcature, il migliore dei suoi. 

Inizia a consacrarsi un certo Paolino Pulici, ventunenne, autore di cinque segnature, come ottiene più continuità un altro giovane, Roberto Mozzini, futura colonna portante della difesa. Una squadra gagliarda e battagliera, che può raccogliere il testimone del carattere di Cuore Toro, che sta incalzando le grandi della Serie A. 

Il Torino parte in sordina, ha un ritmo altalenante, tra la decima e la tredicesima giornata ottiene addirittura quattro pareggi di fila, ma dopo la successiva sconfitta in casa della Roma, comincia a carburare e inanella cinque vittorie e un pareggio che lo riportano in alto, sfruttando il calo delle milanesi. 

Rincorsa bloccata

E si arriva al 12 marzo 1972, ventunesima giornata, la partita della svolta nella stagione. I granata vanno a far visita alla Sampdoria di Lodetti e Luisito Suarez. Passano in vantaggio già al sesto, a timbrare è il futuro Puliciclone. Ma i blucerchiati, sfruttando due calci piazzati, ribaltano la situazione con Cristin e Salvi tra il 18’ e il 21’ del primo tempo. 

Marassi più che un campo di calcio, sembra una piscina per la pioggia battente, i giocatori lottano anche contro il fango e di conseguenza ne fa le spese lo spettacolo. Gli uomini di Giagnoni non mollano e cingono d’assedio la porta doriana nel secondo tempo. 

All’85’ dalla sinistra parte un cross di Claudio Sala, al centro c’è un nugolo di giocatori, sul quale si erge Agroppi, che tenta una sorta di pallonetto di testa. La palla cade verso la porta, con il portiere Battara che tenta di allontanarla di pugno, ma non tocca bene e la sfera continua la sua corsa verso la rete, quando sulla linea di porta e nell’area piccola si è formato un altro grappolo di uomini. Fra di loro, Marcello Lippi, libero della Samp, si ritrova in traiettoria, la fronte al pallone, col proprio corpo già al di là della linea. Il pallone rimane a mezza altezza, rimbalza sul ventre del difensore, poi scivola verso il basso e viene infine spazzato dal difensore di collo destro.                                                                                                      

A questo punto, veementi le proteste dei giocatori del Toro, certi che il pallone sia stato ricacciato fuori dalla rete quando questo aveva già oltrepassato interamente la linea. L’arbitro Barbaresco di Cormons, anche coperto dal traffico, con ogni probabilità non ha visto bene, e va a consultarsi col suo assistente, Cozzolino. Dopo qualche secondo, il direttore di gara si gira e sembra indicare il centrocampo, quindi la convalida del gol. I calciatori della Sampdoria, però, non ci stanno e vanno a lamentarsi con guardalinee e arbitro, che incredibilmente fa dietrofront. O almeno questa è l’impressione dalle immagini, perché sulla Gazzetta dello Sport Barbaresco e Cozzolino diranno di non aver mai convalidato la segnatura, che il fischio e il gesto con la mano erano volti a indicare la ripresa del gioco con rimessa dal fondo, e non il centrocampo con rete concessa. 

Dove sta la verità? E perché fu cambiata idea?

Lippi dirà sempre che non fosse gol, Agroppi e torinisti si sentiranno invece vittime di una rapina a mano armata. 

Il Torino prova ancora, nonostante rimanga anche in dieci per l’espulsione di Ferrini, ma non riesce a pareggiare e scivola a meno quattro dalla vetta, con la Juventus che ottiene bottino pieno in casa col Bologna. Arriveranno altre cinque vittorie di fila, inclusa quella nel derby di ritorno già menzionata, che rilanciano i granata, in vetta dopo la ventiseiesima giornata (Torino-Atalanta 1-0). 

Sembra il momento del riscatto, quando arriva un’ulteriore beffa, a San Siro contro il Milan il 23 aprile. Benetti su rigore porta avanti i rossoneri al tramonto della prima frazione, nella ripresa Toschi avrebbe pareggiato i conti, ma il signor Toselli, curiosamente anche lui di Cormons, annulla per presunto fallo di Agroppi sul portiere Cudicini, ai più parso in verità ostacolato da un compagno. 

Altro punto perso, pesantissimo, perché a fine campionato la classifica recita Juventus 43, Torino e Milan 42. Coi due punti sfumati contro Sampdoria e Milan, Giagnoni avrebbe riportato i suoi allo Scudetto che mancava dagli Invincibili del 1949. I cinque punti conquistati nelle ultime tre partite e l’imbattibilità in casa non bastano. E in questi scherzi del destino il mediano di Piombino ha sempre recitato un ruolo da protagonista che non scorderà mai.

L'amarezza di una vita

Aldo Agroppi, col piede caldo in quell’annata (sei realizzazioni, mai nella sua lunga carriera), ha sempre sentito il rimpianto per questo gol fantasma; riteneva quel Toro una squadra forte e che avrebbe meritato il tricolore, se le due sviste non ci fossero state, si sentiva defraudato profondamente: “Un uomo leva il diritto a un altro uomo di vincere, ma per quale motivo? Noi avevamo costruito la nostra storia, senza regali, con Giagnoni, col suo impeto e la sua volontà. Lo meritavamo tutti”.

Soprattutto ha avuto da allora motivo di collera contro Marcello Lippi, per non aver mai ammesso che quella palla l’aveva respinta quando era già oltre. L’arbitro Barbaresco, molti anni dopo, smentirà sé stesso, affermando che Agroppi aveva ragione e scusandosi col mondo granata.

Racconto a cura di Carmelo Bisucci

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