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Second City Derby, il derby di Birmingham

Dentro una delle più acerrime rivalità del football inglese: quella tra l’Aston Villa e il Birmingham City. Il Second City derby, frutto di una storia profonda, che scava nelle radici del gioco più bello del mondo
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Second city derby - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Benvenuti a Birmingham, signore e signori!

The Second City, come la chiamano gli inglesi. Per far notare l’importanza di questo centro, posto nel bel mezzo del Regno, non distante dal confine col Galles, secondo solo alla capitale londinese.

Terra di industria (prima) e di terziario (soprattutto ora). In un mix di culture così diverse e così vicine tra loro.

Terra, però, anche di calcio. Una città che custodisce una delle rivalità più accese e infiammate di tutta l’Inghilterra.

Quella tra l’Aston Villa e il Birmingham City. Un confronto che divide gli abitanti e che ferma tutto il paese, ogni qual volta le due squadre si contrappongono.

Andiamo allora a scavare e a scoprire la storia di quello che, manco a dirlo, viene da sempre chiamato “The Second City Derby”.

A.A.A. cercasi avversario per derby infuocato

I primi a nascere sono i Villans. Un po’ come accade a Roma, dove la prima a nascere fu la Lazio, anche qui la prima squadra della città non prende il nome proprio della stessa, ma di un suo rione. Aston.

L’idea in realtà viene a un manipolo di ragazzi della Chiesa metodista di Wesleyan. Giocano a rugby, ma hanno bisogno di uno sport che gli possa impiegare l’inverno. Da qualche parte, a Sheffield, pochi anni prima era sorta la prima società di calcio della storia. Si prende spunto da quell’idea e si fonda quello che ancora oggi è l’Aston Villa Football Club, il 21 novembre del 1874.

Si cercano avversari per giocare una partita, ma, come comprensibile, a quel tempo non se ne trovano. Decidono allora di sfidare i vicini dell’Aston Brook St. Mary’s. Ma c’è un problema: sono una squadra di rugby!

Come fare? Nessun problema: il primo tempo si giocherà con le regole del calcio, e si cercherà dunque di fare gol; il secondo invece si andrà a meta, secondo quello che impone il più anziano gioco della palla ovale. Non è dato sapere chi abbia vinto, ma siamo sicuri che lo spettacolo è stato assicurato.

Non bisogna aspettare poi molto, appena un anno, affinché i ragazzi di Aston riescano a trovare un avversario in città con cui disputare una vera partita di football. Qualche isolato più a sud, infatti, viene fondato lo Small Heath Alliance, e anche qui il nome è preso in prestito dal quartiere di origine (diverrà Birmingham City solo a inizio ‘900).

Ora gli ingredienti ci sono tutti. Prima partita nel 1879, un’amichevole in casa dello Small Heat, a Muntz Street. Vittoria dei padroni di casa e subito polemiche, con i Villans che definiscono il campo dei rivali una “enorme e gigantesca buca”.

Il campionato inglese non ha ancora preso forma, ma il 2nd City Derby è già cominciato!

Due storie diverse

In una città uscita sconquassata da entrambi i conflitti mondiali (nel secondo viene praticamente rasa al suolo dalla Luftwaffe, attirata dai poli industriali che qui si trovano), i due club si impongono subito come due tra i migliori del paese.

Il palmares delle due squadre si potrebbe riassumere così: all’Aston Villa coppe e denari, al Birmingham City spade e bastoni.

I Villans infatti sono una delle prime squadre a centrare il double (campionato e coppa), nel 1897. Oltre a ciò, vantano 7 successi in campionato altrettanti in Coppa d’Inghilterra e 5 in Coppa di Lega. Ma soprattutto, sono una delle 5 squadre inglesi (insieme a Liverpool, Manchester United, Nottingham Forrest e Chelsea) a poter vantare nella propria bacheca una Coppa dei Campioni.

L’impresa avviene nel 1982, anno di passioni e magie (e noi italiani ne sappiamo qualcosa). L’anno prima Ron Saunders porta la squadra sul tetto del paese, l’anno successivo stenta e decide di dimettersi, nonostante il club sia qualificato ai quarti di finale in Europa. Gli subentra il suo assistente, Tony Barton, che completa l’opera, eliminando prima la Dinamo Kiev, poi l’Anderlecht e infine, all’ultimo atto a Rotterdam, il più quotato Bayern Monaco di Rummenigge, grazie a una rete di Peter White, l’”uomo del destino”.

Oltre a ciò è uno dei club più longevi nel massimo campionato inglese in quanto a partecipazioni ed è oltretutto il club che, nella storia, ha fornito più giocatori in assoluto alla Nazionale.

Praticamente l’opposto la storia dei Blues, che, sebbene se la giochino in quanto a partecipazioni in Premier League, nonostante un ventennio di crisi tra gli anni ’80 e l’inizio del 2000, non ha mai visto il campionato né tantomeno la Coppa D’Inghilterra.

A riempire però il cuore dei tifosi del Birmingham rimane la Coppa di Lega del 1962-63.

In pompa magna il cammino dei ragazzi di Gil Merrick, che, entrando in scena dal Secondo Turno, rifilano 5 reti al malcapitato Doncaster, 5 al modesto Barrow (che però, pareggiando all’andata, costringe i Blues al replay), 3 al Notts County, addirittura 6 al Manchester City e 4 pappine al Bury in semifinale.

L’ultimo atto, la finale, la disputeranno proprio a Birmingham. E nemmeno il più ispirato scrittore di libri gialli avrebbe potuto prevedere un epilogo così.

Birmingham City contro Aston Villa.

Andata al St’Andrews con dominio blues, e vittoria finale per 3 a 1 con rete di Bloomfield e doppietta del gallese Leek. Ritorno al Villa Park, 0 a 0 strappato con i denti e Birmingham campione ai danni degli odiati cugini. A Gil Merrick verrà inevitabilmente intitolata una tribuna dello stadio.

Perché vittorie così, in faccia al nemico, valgono di più. E permettono ancora oggi di guardare faccia a faccia gli odiati cugini azzurri e bordeaux, che dal canto loro si divertono a ricordare le due finali di Coppa delle Fiere (antesignana delle più moderne Coppa Uefa ed Europa League), perse dai Blues contro Barcellona e Roma.

Le tifoserie: il popolo Villans e gli Zulu Warriors

Dire che le due tifoserie non si sopportino vuol dire eccedere di eufemismo.

In un football, soprattutto quello britannico, sempre più colmo di restrizioni per i fans, basti guardare le immagini del derby disputato in Coppa di Lega nel 2011, con una serie di massicce invasioni di campo di entrambe le tifoserie, alle quali, da un certo punto in poi, non è evidentemente più bastato sfidarsi da un punto di vista vocale.

Oppure basti pensare al folle che nel 2019 pensò bene di entrare nel terreno di gioco semplicemente per sferrare un pugno, per lo più vigliaccamente da tergo, al capitano e simbolo dell’Aston Villa Jack Grealish (che poi si vendicherà siglando il gol della vittoria).

In generale possiamo definire come più globale ed eterogenea la tifoseria dell’Aston Villa, che tuttora risulta essere la squadra più tifata delle Midlands; più esagitato e focoso il pubblico del Birmingham, che ha dovuto sbarazzarsi di uno dei gruppi di sostenitori più rappresentativi, gli Zulu Warriors, che già da qualche anno al St. Andrews non sono più i benvenuti.

Ma sono risvolti in parte inevitabili, in una città di radici operaie, e data l’acerrima rivalità che scava il solco tra le due realtà, che si insinua serpeggiante tra i vicoli della città dei Duran Duran.

Il presente: specchio del passato

Al momento la situazione rispecchia abbastanza fedelmente l’itinere dei due club nel corso della rispettiva storia.

Aston Villa che, nella Premier League recentemente conclusasi, si è salvato senza alcun patema e che ora sogna lo step over, tentando di inserirsi tra le big six per strappare un pass per le coppe Europee.

Birmingham City impanato nei bassifondi della Championship, alla ricerca di una nuova, ennesima ripartenza. Alla rincorsa di un futuro migliore, e nella speranza di tornare a confrontarsi, ad armi pari, contro i cugini.

Nell’attesa di rivedere di nuovo il Second City Derby, vi consigliamo la visione del bivio che segue, che prova a spiegare perché, se sei nato a Birmingham, non hai grosse alternative: o sei Blues o sei Villans.

La storia del derby di Birmingham
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