Il derby intercontinentale, Galatasaray - Fenerbahçe
Istanbul. Non esiste al mondo città più divisa.
Tagliata in due dal Bosforo, che la spacca nettamente in due tronconi. Punto di giuntura tra Europa e Asia, in un mix tanto strano quanto affascinante di culture diverse.
Un tempo conosciuta come Bisanzio, poi anche come Costantinopoli. All’epoca in cui controllare il mare voleva dire controllare il mondo conosciuto.
Non poteva perciò non essere spaccata in due anche la passione della gente del posto. Che si tratti di calcio, basket o altre discipline poco importa.
Da una parte gli europei: il Galatasary. Dall’altra gli asiatici: il Fenerbahce. Più un rumoroso terzo incomodo, chiamato Besiktas, pronto a fare da terzo soggetto che gode delle altrui liti.
Ma la vera rivalità è tra le due anime di Istanbul. Quello che, ormai, in tutto il mondo è conosciuto come “Intercontinental Derby”.
Dai Leoni…
Quantomeno grottesco il paragone tra i soprannomi delle due tifoserie, che non rende bene l’idea dell’equilibrio che invece regna tra le due realtà.
Da una parte i Leoni del Gala. Primi a nascere nella storia, quando il figlio di uno scrittore e filosofo albanese, tale Ali Sami Yen, insieme a dei compagni di università, decide di dare un’organizzazione al gruppo con il quale si divertivano a tirare calci ad un pallone, quando ancora da quelle parti si parlava di Impero Ottomano. Come colori sociali vengono scelti quelli della bandiera turca: il bianco e il rosso. Il giallo, infatti, arriverà solamente dopo.
Ben più titolati dei rivali, e detentori dell’unico trofeo europeo vinto da una squadra turca: la coppa Uefa alzata sotto il cielo di Copenaghen il 17 maggio del 2000, dopo aver sconfitto il terribile Arsenal di Arsene Wenger.
Un successo storico, che verrà bissato qualche mese più tardi, con la conquista della Supercoppa Uefa, vinta a spese nientepopòdimenoche del Real Madrid.
Il tutto nel segno di Fatih Terim. Un allenatore che, alla guida sia del Gala che della Nazionale, ha portato il calcio turco ai piani nobili del football europeo.
Da sempre più aperto di tutte le altre squadre connazionali al Vecchio Continente, il Galatasaray prende il suo nome dal quartiere Galata, del quale i primi giocatori della storia erano chiamati “i guerrieri”. Negli spalti, il gruppo più rappresentativo è quello degli UltrAslan, nato nel 2001 raggruppando a sé vari gruppi minori, e cercando di diffondere un certo tipo di mentalità.
… ai Canarini
Un paio d’anni dopo (1907) arriveranno quindi i Canarini del Fenerbahce. Nel primo logo ufficiale della squadra compariva un faro: da qui, appunto, il nome Fener, che in turco vuol dire proprio “faro”.
Come colori sociali vengono scelti quelli del narciso, un tipo di fiore molto frequente da quelle parti: il giallo e il blù.
Il Fener rappresenta la zona ricca e benestante di Istanbul, quella asiatica appunto. Che vede come il fumo negli occhi qualsiasi tipo di contaminazione provenga dal continente europeo.
Inevitabile che, con gli odiati vicini di casa, si accenda subito un’acerrima rivalità.
Una sfida tra due continenti
Il derby Intercontinentale rimane, tuttora, una delle partite più giocate della storia del pallone, non solo in Turchia, ma in senso globale.
Merito della costanza delle due squadre, che a dispetto anche di momenti bui, nonché di ingenti crisi economiche, hanno sempre saputo mantenersi nei piani nobili del calcio turco.
Nella partita secca, a dispetto di quanto non possa dire la bacheca alla voce “trofei vinti”, meglio il Fenerbahce. 148 le vittorie dei canarini, contro le 125 dei Leoni, se si considera solo il calcio. La rivalità, infatti, si è estesa negli anni anche ad altri sport, visto che entrambe le società sono polisportive, e oltre al calcio praticano anche il volley, il basket e il rowing.
Cambia la pratica sportiva, ma non il calore che da sempre avvolge questa sfida.
E pensare che la prima volta che le due compagini si sono trovate contro è stata per un amichevole, nel lontanissimo 1909, disputata nello spiazzo d’erba dove oggi sorge il Sukru Saracoglu Stadium, l’impianto del Fener, e vinta dal Gala per 2 a 0.
La bandiera di Souness
Tra le partite storiche, impossibile non menzionarne tre in particolare.
La prima risale al 1911, ed è un tristissimo ricordo, per quanto molto remoto, per i tifosi gialloblu. All’Union Club Field di Istanbul, infatti, il Fenerbahce crolla miserabilmente al cospetto degli eterni rivali, per un 7 a 0 che rimarrà per decenni un marchio a fuoco nella carne viva dei propri tifosi.
Si sa che la vendetta è un piatto che va servito freddo. Di certo però sarà stato gelido, quando la rivincita dei canarini si consuma, il 6 novembre del 2002. Una gara terminata in 10 contro 10 (espulsi Ortega per il gialloblu e Emre Asik nei giallorossi), ma mai in discussione. Il risultato è un clamoroso 6 a 0 per i padroni di casa. Che quasi portano alle dimissioni Fatih Terim, talmente grande risulta l’onta subita.
Ma il match più iconico, probabilmente, rimane la finale della Coppa di Turchia del 1996. Fener super favorito, già avviato a conquistare lo scudetto e alla ricerca del bis. All’andata però i Leoni del Gala si impongono, in casa propria, per 1 a 0 grazie a un gol messo a segno dal gallese Dean Saunders, già visto in Premier con le maglie di Liverpool e Aston Villa.
Al ritorno, al Sukru Saracoglu di Istanbul, Aykut Kocaman segna la rete che pare inviare il match verso il delicato epilogo dei calci di rigore. Ma a pochi secondi dal triplice fischio è ancora Saunders a bucare Rustu e a consegnare il titolo al Galatasaray, in faccia ai propri rivali di sempre.
Dopo il triplice fischio, l’allenatore dei Leoni Graeme Souness perde la testa. Prende dagli spalti una bandiera del Gala e la conficca al centro del campo, scatenando un vero e proprio putiferio, sugli spalti e fuori. Finirà sotto scorta, e sarà costretto, per proteggere la propria incolumità, ad abbandonare per sempre la città.
Il bronzo ai Mondiali del 2002
C’è tanto di questa sfida anche nel clamoroso terzo posto che la Turchia raggiunge ai mondiali di Corea e Giappone del 2002, sconfitta in semifinale solo per mano del Brasile di Ronaldo Il Fenomeno, e impostasi nella “finalina” ai danni dall’aiutatissima padrona di casa Corea del Sud.
Resta tuttora un mistero capire come abbiano potuto giocatori che, nei vari derby, non si risparmiavano legnate e stilettate, creare un gruppo così unito. Tanto da sfiorare l’impresa.
Ben 10 dei 23 giocatori convocati dal c.t. Senol Gunes, infatti, militano o da una parte o dall’altra del Bosforo.
Non figura tra questi Belozoglu Emre, all’epoca tesserato per l’Inter di Hector Raul Cuper. Ma che, tuttavia, rimane ancora oggi un caso più unico che raro nella storia di questa stracittadina.
Cresciuto nel Galatasaray, con cui ha fatto tutta la trafila delle giovanili, prima di tentare la fortuna (poca, a dire la verità) nel calcio europeo. E diventato poi, qualche anno più tardi, bandiera del Fenerbahce, che lo tessera nel 2008 tra lo scetticismo generale.
Diventerà, nelle stagioni successive, capitano e bandiera dei canarini, e per una stagione svolgerà anche il doppio ruolo di direttore sportivo e allenatore, dopo l’esonero prematuro di Erol Bulut.
Rimane forse l’unico abitante di Istanbul a non aver dovuto scegliere, una volta nella vita, se essere canarino o leone. A potersi vantare di essere stato entrambe le cose.
Ma lo ripetiamo: un caso più unico che raro.