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The Dockers Derby: Millwall vs West Ham

Dedicare un episodio di questa rubrica ad una delle tante affascinanti rivalità inglesi prima o poi sarebbe stato doveroso. Dunque, perché non esordire immediatamente con uno dei tantissimi derby londinesi, forse non il più spettacolare, ma sicuramente il più sentito: Millwall VS West Ham. Il Dockers Derby. Il derby degli scaricatori di porto.
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Le origini del Millwall

Fondato nel 1885 dagli operai della fabbrica di conserve alimentari C. & E. Morton & Co. nell’Isle of Dogs (isola dei cani), penisola formata da un’ansa del Tamigi.

Padrone della fabbrica: Mr Morton, scozzese, così come scozzesi erano molti dei suoi dipendenti.

È  una delle 9 squadre fondatrici della Southern League nel 1894.

Dopo anni di peregrinazioni all’interno dell’Isle of Dogs in cerca di un luogo adatto ad ospitare i Lions ed i loro bollenti tifosi l’unica dolorosa soluzione è quella di abbandonare “l’isolotto” e spostarsi a sud. Poco male, dal 1910 nel distretto di New Cross, il The Den, creatura del celebre architetto Archibald Letich (Anfield Road, Goodison Park, Villa Park e Craven Cottage), diventa la nuova tana dei leoni e ne farà la loro storia.

Le origini del West Ham

I due martelli incrociati sono il simbolo degli Hammers, per l’appunto.  Ancora una volta, chiaramente,  squadra della classe operaia, nata in realtà con il nome di Thames Iron Works F.C.

Era la maniera più semplice per Arnold Hills, direttore del cantiere navale londinese Thames Ironworks, per placare le rivolte sindacali da parte dei suoi operai offrendo loro il miglior dopolavoro possibile: il pallone.

Successivamente la squadra diventa professionistica e, con il nome di West Ham United, si lega immediatamente ed indissolubilmente (almeno fino al 2016) al mitico Boleyn Ground: Upton Park.

La Rivalità

Proviamo ad immaginare l’atmosfera: i muri di mattoni rossi sono intrisi del fumo delle ciminiere, così come lo sono i polmoni dei lavoratori di questa parte iper industrializzata della Londra di fine ‘800/inizio ‘900. Capannoni, povertà, tanto alcool, bordelli, criminalità. Il tutto intriso di una voglia di rivalsa insalubre tanto quanto l’aria che si respira.

In quei luoghi e in quell’epoca il calcio è molto più che uno sport. È una ragione di vita, un modo di essere, una religione.

Da una parte gli scozzesi della Morton & Co., dall’altra gli inglesi della Thames Ironworks. Nel mezzo, a dividerli, serpeggia il Tamigi. La competizione è sportiva, ma anche professionale e culturale.

I veri vecchi londinesi cresciuti nel disagio della East End di Londra (gli hammers), contro gli scozzesi arrivati su quelle sponde -disperati- in cerca di fortuna (i lions).

È il derby dei Dockers, degli scaricatori di porto. Sono ad un tiro di schioppo, ma non è River Boca, o Real Atletico. Non è ricchi contro poveri, o borghesia contro classe proletaria, bensì working class contro working class. Presupposto da brividi.

Le tifoserie

 
" No one likes us, we don’t care! "

Non piacciamo a nessuno,  ma non ci interessa. È il motto dei tifosi del Millwall.

Beh, per descrivere il Millwall Bushwackers (la firm, ovvero tifoseria organizzata) servirebbe un capitolo a parte, dedicato esclusivamente. Diciamo solo che è probabilmente la tifoseria più agguerrita e famosa del mondo, basata su principi e regole rigidissime e comandata da una sola idea:

" F**k you, I’m Millwall! "

Dal canto suo, la firm del West Ham (la Inter City Firm) non è da meno. Forse meno iconica di quella del Millwall, probabilmente perché quest’ultima supera in celebrità la squadra di calcio stessa, mentre gli Hammers, pur non avendo mai vinto il titolo, sono tradizionalmente una compagine che ha da dire la sua in Premier League.

Doverosa precisazione:

così come è interessante raccontare le origini della rivalità del Dockers derby – quelle ambientate nei quartieri malfamati della Londra vittoriana -, tanto è triste e sgradevole dover riportare l’odio violento tra le due tifoserie nel corso dei più di cento anni della loro storia. Odio, purtroppo, costantemente tradotto in innumerevoli scontri, guerriglie efferate e devastazioni barbariche.

A partire dalla strumentalizzazione politica negli anni ’20, l’intrusione nelle firm di clan rivali della criminalità organizzata, per arrivare alla pura follia degli anni ’70 e ’80, apice del fenomeno degli Hooligans in tutta Inghilterra.

A fare le spese di questa spirale di violenza più di tutti è il tifoso dei lions: Ian Pratt, morto sotto un treno durante uno scontro nel 1976.

" West Ham boys, we’ve got brains, we throw Millwall under trains. "

I ragazzi del West Ham, abbiamo cervello, gettiamo il Millwall sotto in treni.

Coro intonato dai tifosi degli Hammers

Cervello…? Pare ce ne sia gran poco!

" A West Ham fan must die to avenge him. "

Letteralmente: Un tifoso del West Ham deve morire per vendicarlo.

Recitano i volantini che tappezzano Londra prima del derby del ’78; purtroppo…profeticamente, dato che  otto anni più tardi Terry Burns (tifoso WHU) verrà accoltellato a morte dai rivali.

Evoluzione vs Tradizione

Nella speranza che questa rivalità possa perdurare nel tempo senza perdersi, l’augurio è, in un calcio che sta drasticamente cambiando prostrandosi sempre più alle logiche di businnes, che possa anche la maniera di vivere un antagonismo come questo evolversi e maturare.

Cerchiamo di essere franchi, nel 2022 l’inimicizia tra due tifoserie non può basarsi sulla competizione che accendeva i portuali nella Londra vittoriana, ma è anche vero però che la competizione stessa è un fattore portante dello sport e in particolar modo di uno così “nazional popolare” come il calcio.

Evolversi e allo stesso tempo conservare le tradizioni è un lavoro delicatissimo, come quello di restauro di un’opera d’arte. L’auspicio è che i due club in questione si dedichino a tal fine con serietà, magari salvaguardando le proprie origini popolari, quindi – per esempio – contrastando la politica globale del rincaro dei biglietti per lo stadio, oppure evitando  la demolizione di impianti come il mitico Upton Park e lo spostamento del WHU allo Stadio Olimpico, come accaduto dal 2016.

In altre parole, viva il calcio puro e romantico, la rivalità sportiva, le gradinate del Den Stadium che tremano o quelle di qualsiasi altro stadio inondato di passione, l’odore dell’erba del prato calpestato dai tacchetti dei giocatori e quel senso di fratellanza che si prova con chi soffre e gioisce per i nostri stessi colori.

Abbasso la violenza e chi segue il calcio senza amarlo veramente.

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