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Francesco Antonioli, la porta accanto

Un protagonista spesso dimenticato, nei successi ottenuti nelle squadre in cui ha militato. Dal periodo d’oro al Milan, allo scudetto storico con la Roma. Fino a essere quasi campione d’Europa con l’Italia.
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Francesco Antonioli - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Ci capita spesso di notare la bellezza delle cose quando queste si trovano lontanissime dalla nostra disponibilità. E c’è una particolare legge non scritta, secondo la quale l’essere umano è portato ad accorgersi dell’affetto che lo lega ad un’altra persona, e di quanto la presenza di essa stessa sia necessaria nei corridoi della nostra esistenza, solo quando l’abbiamo inevitabilmente persa.

È la particolare propensione a vedere l’erba del vicino sempre più verde della nostra. Che ci porta spesso, inevitabilmente, a dover fare i conti con sensazioni di insoddisfazione e frustrazione, a volte quasi di invidia.

Senza scomodare le numerose pellicole cinematografiche, che hanno perfettamente trattato questa sindrome, insita nell’essere umano, basta riavvolgere il nastro della serie A di qualche anno, e soffermarci sulla carriera di uno, senza dubbio, dei portieri più vincenti della storia del nostro calcio.

Francesco Antonioli.

Che spesso tendiamo a non considerare come meriterebbe, dall’alto delle sue quasi 750 presenze tra i professionisti. Per il semplice fatto che il conto dei propri errori, a differenza di altri colleghi, lui l’ha sempre pagato salatissimo.

A guardare il Milan vincere tutto

Terzo portiere nello stellare Milan di Arrigo Sacchi, e prima ancora sfolgorante esordiente in un Monza di ragazzini terribili (ci sono anche giovani come Casiraghi e Costacurta), la prima occasione di dire la propria, in rossonero, per Francesco arriva nell’estate del 1990. Proprio quando, a Milanello, si chiude l’era-Giovanni Galli a guardia della porta del Diavolo.

Sacchi decide, in precampionato, di dare una chance ad Antonioli, salvo poi virare clamorosamente verso il ritorno sul mercato a causa di alcune certezze dello stesso durante la pre-season. Che sarebbero pure comprensibili, se si pensa ad un portiere di appena 21 anni, di cui gli ultimi 3 trascorsi solo ad allenarsi e a guardare gli altri giocare.

Ma si sa, al Milan non ti aspetta nemmeno il magazziniere che deve fissarti i 6 tacchetti alle scarpe. E allora è scambio con il Cesena: Sebastiano Rossi finisce in rossonero (e da titolare di una squadra stellare scriverà poi, con Capello, parecchi record), Antonioli và in Riviera. Dove tuttavia mister Marcello Lippi ha già parlato con Alberto Fontana, assegnandogli i galloni da “numero 1”. E al nostro eroe tocca nuovamente fare la muffa.

Ci pensa Renzo Ulivieri a lanciargli un salvagente da Modena, scambiandolo con Marco Ballotta e chiamandolo a difesa della porta dei canarini. Con i quali può finalmente disputare una stagione da titolare, dopo 3 anni da spettatore non pagante.

La defenestrazione di Don Fabio

Sembra il classico turning-point, in cui la carriera di uno sportivo, dopo anni difficili, prende nuovamente la rincorsa verso nuovi voli, nuove destinazioni.

E invece no. Perché, evidentemente, a Francesco, la faccenda-Milan dev’essere rimasta un po’ qua. E così, quando i rossoneri, l’anno successivo, lo richiamano per fare da numero 12 lui accetta, pur consapevole che Sebastiano Rossi, nel frattempo, ha saputo imporsi e prendersi il posto.

Cocciutaggine allo stato puro. Oppure una visione dell’orizzonte che non ci è concessa, e propria solo dei campioni, in storie come questa. Chi lo sa?

Sta di fatto che il giudice supremo, il campo, sembra dare ragione ad Antonioli. Perché il 18 aprile, quando a calendario c’è Milan-Inter, Rossi non c’è, infortunato, e tocca quindi a lui difendere il clean-sheet dei rossoneri, che vinceranno grazie a un gol di Massaro, nel finale.

Giocherà altre partite, durante il periodo di sede vacante. Oltre a vincere, da titolare, un europeo under 21, in estate. Convincendo così Fabio Capello (mettetelo via il suo nome, perché lo ritroveremo) a schierarlo da titolare la stagione successiva.

Il Milan, un super Milan, parte bene. Anche a Firenze, alla quarta giornata, dal momento che, all’intervallo, vince già 3-1. In cui quell’”1” è un gol di Ciccio Baiano, causato da un errore proprio di Antonioli.

Incredibilmente, quando le squadre al Franchi riemergono dal tunnel sotto la Fiesole, Francesco non c’è. C’è Sebastiano Rossi, di nuovo.

L’indulgente Capello concederà una seconda chance ad Antonioli. In un derby contro l’Inter, per di più.

Ma quando al portiere casca la catena, su un tiro di De Agostini dal parcheggio dello stadio, la misura è colma anche per l’allenatore friulano. Che defenestra il povero Francesco, il quale ancora una volta si ritrova a dover pagare a carissimo prezzo, più di altri, i propri errori.

La memoria di Capello

Passeranno poi anni di treni sbagliati, con squadre al collasso come Pisa e Reggiana. Prima della chiamata di Renzaccio Ulivieri da Bologna, che non si è scordato delle qualità del suo numero 1 ai tempi di Modena, e vuole capire se si sia trattato di un abbaglio o cosa.

Dopo 3 stagioni da protagonista, a difendere i pali della propria porta, in attesa che là davanti ci pensi Roberto Baggio, ecco che il grande cerchio della vita sembra chiudersi di nuovo.

Riecco Capello, infatti. Che ha da poco accettato l’insidiosissima missione-Roma, e che deve mettere qualcuno tra i pali, al posto del deludente Chimenti.

È davvero incredibile come le infinite pieghe nel grande libro della vita portino Francesco Antonioli a lavorare nuovamente con Don Fabio. È la meraviglia dello sport, del calcio in particolare.

Prima bistrattato, gettato via come una vecchia pantofola bucata. Ora rimesso al centro del progetto.

Inutile dire che a Roma, probabilmente, Antonioli vivrà gli anni più belli della sua carriera. È la storia che lo dice. Con uno Scudetto, quello della stagione 2000-2001, che l’ombra giallorossa del Colosseo non ha ancora dimenticato. Due stagioni che gli consentono oltretutto di finire in Nazionale, sfiorando l’impresa di divenire Campione d’Europa senza mai esordire. Ma quello, d’altronde, è l’Europeo di San Francesco Toldo. E, ahinoi, anche di Wiltord e Trezeguet.

Eppure, anche qui, c’è una macchia. A crepare il rapporto tra “Batman”, come il mitico Carlo Zampa, voce della As Roma lo ha oramai soprannominato, e i tifosi della Maggica.

E il tutto è riconducibile a un preciso momento. Con una Roma, non più cosi travolgente, che sta dilapidando il vantaggio sulle seconde,e che all’Olimpico quasi se la fa addosso, ricevendo il Perugia.

Finirà 2-2, grazie al pareggio dell’Areoplanino Montella. Ma l’errore di Antonioli sul gol di Saudati, lo rimetterà al centro del ciclone. Con una fortissima contestazione, sedata addirittura dal giovane capitano Francesco Totti, che si prodiga per ricordare a tutti che, fino a prova contraria, Francesco è ancora il portiere della Roma.

Il nuovo che (non) avanza

La vittoria finale di un memorabile scudetto non servirà da colpo di spugna per cancellare tutto.

All’inizio della stagione successiva l’idea di tutti, a Roma, sia società che tifosi (impietosi i sondaggi lanciati dalle radio romane, a tema “in che ruolo la società dovrebbe investire per migliorare la rosa?”), è quella di cambiare portiere.

Il nome c’è: Ivan Pelizzoli. Un giovane bergamasco che all’Atalanta, con Vavassori, pare volare.

Viene effettuato un investimento serio, importante, oneroso. 27 miliardi delle vecchie lire. Che il patron Sensi si troverà costretto a difendere poco dopo, nonostante le incertezze e le sbavature del nuovo estremo difensore.

Antonioli finisce nuovamente in panchina. Ma 32 anni sono troppi per stare a guardare. E allora via, a Genova prima, in blucerchiato, e a Cesena poi, dove si toglie le ultime soddisfazioni sul campo, prima di dichiarare terminata la propria carriera.

Il portiere della porta accanto

E che carriera. Al netto dei trofei vinti, non solo scudetti ma pure Coppe dei Campioni, la pervadente sensazione, dettata da chissà cosa, che di certi trionfi lui non sia stato un protagonista assoluto.

Del tipo che “se non c’era lui poteva benissimo esserci qualcun altro”.

Beffardo destino di chi è bello, ma non viene visto. Importante senza essere valorizzato.

L’eterna storia delle cosiddette “ragazze della porta accanto”.

Nel suo caso si può tranquillamente parlare di “portiere della porta accanto”.

Leggi anche la storia del dottore dei portieri, Valerio Fiori.

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