Oronzo Pugliese, il mago di Turi
I più accaniti lo hanno intravisto tra le pagine dei libri di calcio romantico; altri, passeggeri curiosi del gioco del pallone lo hanno conosciuto grazie al cinematografo. Pasquale Zagaria, in arte Lino Banfi, ne ha fatto magistrale caricatura, colorita controfigura.
Il film, ad onor del vero esagera il personaggio, lo simula anzi maldestramente; ma al contempo lo esalta nelle movenze, nelle fattezze da provinciale prestato al calcio da teatrante dalle mille mosse ad esagitato per natura dove appare come un pesce fuor d'acqua, una mosca bianca che vaga inerme dentro un mondo che sembra non appartenergli.
Oronzo Pugliese è stato per Foggia ciò che Herrera e Rocco sono stati all'ombra della Madonnina: niente più che un mago che il mondo del pallone cinico e indifferente alla tradizione ha presto dimenticato.
Pugliese viene dalle terre dove si coltivano vigne e si suda duro fino a notte fonda; è contadino nell'animo, nel sangue, nella forza che sprigiona dalla panchina dove siede la domenica pomeriggio, scaldando i seggiolini di mezza Italia sudista, da Messina a Benevento, passando da Siracusa, Lentini, Reggio Calabria e Caltanissetta e finendo per risalire lo stivale, prima a Siena poi a Foggia.
"Tu ti ste io mi sto che me la cerchi non te la do"
Qui spinto forse dal bisogno e dalla voglia di apparire profeta in casa sua genera quello che si può definire un miracolo: una stramba filastrocca tutta in dialetto che spiega in quattro mosse come farsi beffe degli avversari. Tu ti ste io mi sto che me la cerchi non te la do: sembra la folle tiritera di un paesano squilibrato che cerca a tutti i costi a svantaggio del buon senso l'urgenza di una rima baciata; in realtà essa nasconde la spietata tattica dello stratega meridionale capace di attendere le mosse degli avversari fino a colpirli all'improvviso.
Pugliese nel calcio è una sorta di Quinto Fabio Massimo del 900, è il doppione sportivo del furbo stratega di Roma caput mundi, quello capace a divenire frutto di storia studiata dentro i libri di scuola, il giovane sperto che elucubra le mosse d'attesa studiate a tavolino e messe in pratica da Scipione per distruggere Cartagine nemica di sempre.
Pugliese batte due volte l'Inter e la seconda volta lo fa con la Roma dove andrà ad allenare successivamente per diventare così il mago di Turi o mago del Sud in contrapposizione ad Herrera mago dell’Italia grassa e nordista. Viene inoltre paragonato all'altra pietra miliare del calcio mondiale, Nereo Rocco per l'impiego del dialetto barese in campo in contrapposizione a quello triestino dell’allenatore rossonero.
Il Seminatore d'oro
Le gesta malandate di calcio, stufe di raccontare solite inermi storie di eroi troppo noti, sono andate a recuperare le tracce di questo stregone del pallone strampalato e bravo, eccentrico e convincente, esagerato e divertente. Lo hanno fatto ufficialmente quarant'anni fa con la consegna del premio calcistico il Seminatore d'oro, degna gloria di ogni allenatore, giusto riconoscimento per i sedentari delle panchine.
I fantastici anni ’80 ci hanno ridato la sua romantica figura: e questo grazie a Pasquale Zagaria in arte Lino Banfi attore meridionale bravo, squisitamente comico mai scurrile, assolutamente mai banale.
Il calcio ricco sfondato si era perso Oronzo Pugliese: lui lo ha ritrovato e noi maniaci del gioco del pallone gli siamo eternamente grati.
Racconto a cura di Vincenzo Di Salvo