Luca Gotti, la penombra perduta
“Va bene presidente, accetto. Rileverò la guida tecnica della squadra. Farò del mio meglio per dare a questi ragazzi prima un’ anima e poi anche un’identità tattica. Accetto, ma ad una condizione, unica e inviolabile”
“Certo Mister, mi dica pure”
“Che appena possibile troviate qualcun altro da mettere al mio posto”
È il 1 novembre del 2019. Le due persone che stanno interloquendo sono: da una parte Giampaolo Pozzo, storico oramai e sempre lungimirante patron dell’Udinese, alla ricerca di un nuovo allenatore per la Prima Squadra, partita molto male in campionato; dall’altra Luca Gotti, arrivato da poco in Friuli come vice, e a cui ora, in assenza di alternativa, viene chiesto di traghettare il team, se non altro per qualche partita.
In un mondo di allenatori disposti a tutto pur di emergere, di mettere in mostra le proprie idee e, anche, di sentirsi costantemente sotto pressione, c’è chi dice no. Chi ha scelto di stare tre passi indietro, in penombra.
Purtroppo il destino sarà infausto con Luca Gotti. Perché in poco tempo dimostrerà, invece, di essere un allenatore con i fiocchi.
Un vice affidabile
Per capire come si arriva a tutto ciò, bisogna però tornare indietro di un paio di mesi.
All’inizio della stagione calcistica 2019/2020 l’Udinese, dopo una stagione a dir poco travagliata, decide di confermare sulla panchina del club bianconero Igor Tudor, terzo arrivato l’anno precedente tra gli allenatori succedutisi, e che ha avuto il merito di ancorare la squadra in quota salvezza.
Tudor, in quel momento, è un allenatore tornato in Italia, dove aveva già giocato con la maglia di Juventus e Siena, dopo una lunga rincorsa, trascorsa per lo più all’estero.
Al momento della composizione del proprio staff tecnico, il croato sceglie un collaboratore di lunga esperienza: Luca Gotti, appunto. Reduce dall’avventura al Chelsea, al fianco di Maurizio Sarri, apprezzatissimo dagli allenatori con cui ha collaborato per il suo carattere mite, per la sua conoscenza del calcio a 360°, per la sua competenza e per la sua versatilità a diversi sistemi di gioco.
Prima di Sarri, Gotti, adriese doc, ha collaborato per molti anni con Roberto Donadoni, conosciuto ai tempi delle giovanili del Milan, e del quale è poi diventato un vero e proprio braccio destro, seguendolo ovunque.
Prima ancora, da allenatore con portafoglio, lo si era visto quasi sempre esonerato. Prima a Treviso, poi a Trieste. Ma anche protagonista di un eccellente lavoro con l’Under 17 dell’Italia, squadra in cui ha avuto modo di crescere talenti destinati al grande palcoscenico: da Fabio Borini a Mattia Destro, da Matteo Politano a Davide Santon.
Accetta l’Udinese con la curiosità di confrontarsi con un calcio da sempre multiculturale, con il club friulano da sempre bravo a reperire giocatori di calcio in tutti i 208 paesi del mondo.
Un avvio non all’altezza
All’inizio delle gare ufficiali, però, qualcosa non va.
Tudor fatica a confermare le aspettative che il club ha riposto su di lui. La squadra stenta, appare fragile e con poche idee.
Il 27 ottobre l’Udinese prende una sonora scoppola da una splendida Atalanta. 7-1 il risultato finale.
La panchina traballa paurosamente, ma i Pozzo decidono di confermare la fiducia. “La reazione arriverà, già dalla prossima in casa contro la Roma”.
Niente da fare. 0-4 per i giallorossi. Da lì, la decisione inevitabile: Tudor esonerato. “A lui va il ringraziamento del club, nonché i migliori auguri… “ e bla bla bla.
Tocca trovare un altro mister. E in un club che ne ha avvicendati 6 nelle ultime 3 stagioni, capirete bene che di voglia di sbagliare ce n’è pochina.
Oltretutto il calendario è impietoso, e chiama i friulani alle armi solamente pochi giorni dopo, a Marassi contro il Genoa.
Si decide allora di optare per una soluzione interna: un traghettatore, che conosca la squadra e che permetta alla dirigenza di valutare tutte le opzioni e di scegliere dunque la miglior soluzione per la guida tecnica.
Viene scelto Luca Gotti, uno dei pochi collaboratori di Tudor a non saltare insieme al croato. E l’avventura ha così inizio.
Fuori dalla comfort-zone
Proprio in questo istante avviene la discussione di cui sopra.
Mister Gotti, infatti, dopo le esperienze precedenti, il primo allenatore proprio non lo vuole fare. Non è questione di poca fiducia nelle proprie capacità, quanto piuttosto di equilibri: dentro e fuori dal campo.
L’adriese non è fatto per le telecamere e i riflettori puntati. La pressione e lo stress quotidiano di chi deve provare a rendere felici e motivate 25 teste pensanti, sapendo già che non ci riuscirà, non fa per lui.
Da vice-allenatore ha trovato la propria dimensione. Quel ruolo gli consente di stare sì nel mondo che più ama, ma senza tuttavia esserne divorato. Con il tempo per coltivare i propri interessi e di girare il globo per aggiornarsi e imparare continuamente.
La sua professionalità, nonchè il contratto in essere, gli impediscono di rifiutare la chiamata. Ma quello che chiede a patron Pozzo è più che altro una supplica, un favore: “non me lo faccia fare, la prego”.
Pozzo accetta, e si rimette alla ricerca di un nuovo mister.
Ma c’è un problema. Un grosso problema.
Con Gotti l’Udinese cambia faccia. Vince e convince.
L’idea di Luca
All’esordio di Marassi è già chiaro il piano tattico del mister. 3-5-2, nel segno, ovviamente, di un minimo di continuità con la precedente gestione.
Stavolta però le chiavi della squadra verranno affidate a un singolo giocatore, il più talentuoso: Rodrigo De Paul. A lui Gotti chiederà sì di giocare parecchi metri indietro, per uno abituato a fare l’attaccante o l’ala, ma anche di calamitare tutti i palloni giocati dai compagni. Sarà lui il faro, incaricato di accendere la luce della squadra.
La risposta del campo è a dir poco incoraggiante. Vantaggio Genoa con Pandev, che avrebbe ammazzato un toro, ma Udinese che reagisce e rimonta. Proprio con De Paul, prima, poi con Sema e Kevin Lasagna.
Dopo un paio di gare di assestamento, la squadra schianta in casa il Bologna (4-0) e impone poi lo stop anche al quotatissimo Napoli (1-1). Infila quindi un bel filotto di vittorie, contro Cagliari, Lecce e Sassuolo, che levano i bianconeri dalla zona calda.
E il nuovo mister? In società tutto tace.
In realtà, forse, la selezione non è mai davvero cominciata. A poche settimane dal suo insediamento, Pozzo torna a colloquio col suo “traghettatore” ipotetico: “Mister ho deciso, punto tutto su di te”
“… e sia Pres. Se è questo il mio destino, che si compia e vaffanculo”
Calcio e università
La storia più recente parlerà di un Udinese solida, strutturata e organizzata. Che in entrambi i travagliatissimi campionati seguenti si tiene ben alla larga della zona retrocessione.
Merito soprattutto suo, dell’Adriese formatosi nelle giovanili del Milan. Che in una carriera da onesto giocatore di provincia, trascorsa tra il Contarina, il Sandonà e il Caerano, ha saputo sempre trovare il tempo per studiare, fino alla laurea in Pedagogia e Scienze Motorie, e fino addirittura alla cattedra, alla Cattolica di Milano.
Non solo Udine, ma l’intera Serie A scopre di avere a che fare non più solo con un assistente preparato e bravo. Ma con un allenatore vero. Pure lui si auto-convince di ciò, e decide di continuare.
Nonostante l’esonero del dicembre 2021, resta tra i più apprezzati allenatori, con molte squadre a seguirlo.
Nell’estate del 2022 decide di accettare la scommessa dello Spezia. Una squadra giovane, talentuosa, ma destinata sempre a faticare per mantenere la categoria.
A lui il compito di far crescere i talenti in seno al club ligure: Kiwior, Bastoni, Verde e Maldini Daniel.
A lui anche il compito di rigenerare giocatori che paiono aver perso la bussola. Da Nzola a Ekdal, passando per Dragowski e Kovalenko.
Facciamo ballare una moneta, e ce la sentiamo di scommettere. Il mister farà bene. Ora che si è convinto di saperlo fare eccome, l’allenatore