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Marco Negri, ho visto William Wallace

La storia di quel pomeriggio in cui metà città di Glasgow si innamorò di Marco Negri.
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Marco Negri - Illustrazione di Tacchetti di Provincia

Se sabato 23 agosto del 1997 vi foste ritrovati nella Copland Stand dell’Ibrox Stadium, cuore pulsante del tifo di fede Rangers, al minuto 86 della sfida tra i Gers e il Dundee United vi sareste ritrovati probabilmente a terra, o coperti di birra. Intorno a voi, una baraonda di supporter in maglia blu che si abbraccia e che grida, in un italiano chiaramente anglofono, “Mamma Mia” e che giura di aver visto in campo William Wallace.

Ma il ragazzo con la maglia numero 9 che ha appena scatenato il delirio sopra descritto, nonostante il capello lungo e castano e lo sguardo da guerriero lascino immaginare che possa in effetti realmente trattarsi del condottiero scozzese, o al massimo di Mel Gibson sul set di Braveheart, è in realtà un ragazzotto milanese di 180 centimetri per 78 chili.

Si chiama Marco Negri e ha appena segnato il 5 a 1, concludendo con un destro velenoso dritto alle spalle dell’incolpevole Sieb Dijsktra un uno-due volante con Jonas Thern.

Il delirio di Ibrox per il suo 9 deriva dal fatto che Marco, in quella partita, ha segnato anche il primo, il secondo, il terzo e il quarto gol di quella partita. Cinquina. Solo Paul Sturrock come lui in Scottish Premier League.

I primi passi e l’approdo in Scozia

Marco Negri arriva in Scozia dopo due stagioni fatte a cannone, prima in A e poi in B, con la maglia del Perugia. Si ha l’impressione che in Italia stia emergendo un altro dei possenti numeri 9 che in quegli anni popolano il campionato italiano. Arriva a Glasgow desideroso di un esperienza all’estero. E la Scozia, quando hai voglia di andare lontano, assomiglia sempre al posto ideale. Nei Rangers trova i connazionali Sergio Porrini e Gennaro Ivan Gattuso.

Nel Calcio Britannico, oltre il vallo di Adriano le aspettative verso gli attaccanti stranieri sono sempre molto alte. Ci si aspetta che facciano la differenza, molto di più di quanto non sappiano fare gli attaccanti locali. Ma qualcuno nutre dubbi che questo tenebroso italiano riesca a rispettare cotante attese.

Negri risponde sul campo con un avvio devastante, folgorante. 23 gol nelle prime 10 partite, nessuno in Europa come lui. A fine stagione saranno  32 su 29. E la prima cifra sono le reti, la seconda le partite giocate. OH MY GOD!

La chance azzurra

Il ct della Nazionale Cesare Maldini si annota il suo nome, nella ricerca di un vice-Vieri in vista dei Mondiali del ’98. Pare che nessuno possa fermare un uragano del genere, e la convocazione per una delle amichevoli di avvicinamento alla rassegna francese sembra imminente.

Ma il dio pallonaro ci si mette, come al solito, di mezzo. Durante una partita di squash con Porrini una pallina vagante lo centra in un occhio danneggiandogli la retina. E che ci crediate o no, questo infortunio, banale all’apparenza, gli comprometterà inevitabilmente la carriera.

Mai più lo stesso Negri

Ai Rangers perde il posto, gioca McCoist. Poi torna in Italia, in un Vicenza dove sembra un lontanissimo parente dell’ariete ammirato ad Ibrox. Torna a Glasgow, dove nel frattempo però il nuovo manager Dick Advocaat ha deciso di assegnare al lungagnone norvegese Tore Andre Flo le chiavi dell’attacco.

E allora di nuovo in Italia. Prima a Bologna, poi a Cagliari, quindi a Livorno. Ma al di là di una tripletta coi labronici contro il Cosenza, il ragazzo sembra essersi perso. In ultimo torna a Perugia a chiudere una carriera il cui bilancio, al netto delle gioie, lascia comunque molto amaro in bocca.

Ma a noi nostalgici del calcio rimane impresso nella mente quel sabato di fine agosto. Quando tutti si aspettavano i lampi di Gascoigne. E invece la scena se la prese lui. Con i lunghi capelli al vento, lo sguardo tenebroso e la maglia numero 9.

E per un attimo ha fatto credere a tutti che davvero, William Wallace avesse deciso di giocare a pallone.

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