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Pierluigi Brivio, il guardiano delle favole

Le imprese del Palazzolo, del Vicenza e del Mantova hanno come comune denominatore la presenza di Pierluigi Brivio tra i pali. Il “bello di notte”, che oggi con Stankovic prova a scrivere un’altra favola.
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Pierluigi Brivio - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Enego, estate 1996. Al fresco dell’Altopiano dei Sette Comuni il Vicenza di Guidolin sta preparando la seconda stagione consecutiva in serie A. In quella precedente, terminata appena un paio di mesi prima, i biancorossi sono stati l’autentica rivelazione del campionato, classificandosi, da neopromossi, al nono posto.

Al netto delle tante novità apportate in rosa dal ds Vignoni (da Iannuzzi a Beghetto, da Wome a Cornacchini), uno dei crucci che maggiormente assilla la mente dell’allenatore riguarda il ruolo del portiere.

L’anno precedente, con ottimi risultati, il titolare è stato Luca Mondini, bravo a rilevare, nella città del Palladio, la pesante eredità di Giorgio “Gino” Sterchele. Ma c’è un però: il secondo portiere, Pierluigi Brivio, si è già fatto 2 stagioni con il sedere incollato alla panchina, e il buon Ernesto Galli, non solo leggenda biancorossa e assistente di Guidolin, ma anche, appunto, preparatore dei portieri, avverte il mister di non sapere quanto il buon Pierluigi sia effettivamente disposto a fare un altro anno da riserva.

L’allenatore a un certo punto una decisione la prende: Mondini sarà il titolare in campionato, Brivio in Coppa Italia. “Quando poi verremo eliminati, tireremo le somme e capiremo”.

I suoi ragazzi in realtà faranno un grande favore, non solo a Guidolin, ma pure a Brivio stesso. Perché da quella Coppa Italia non verranno eliminati mai, lanciando come una fionda la carriera del portiere nato a Milano, e scrivendo una delle più belle favole del calcio moderno.

Una delle tante, oltretutto, in cui Brivio ha dovuto mettere le mani.

I migliori anni del Palazzolo

La prima la vive poco distante da casa, a Palazzolo sull’Oglio. Paese di 20mila abitanti della provincia di Brescia, dove da sempre si produce un ottimo Franciacorta. E che riesce, in una delle rare volte della propria storia, a portare la propria squadra di calcio a livelli professionistici, in serie C, grazie anche ad una fusione con il Telgate e la Grumellese.

Brivio, uscito dal florido vivaio dell’Atalanta, diventa uno dei pilasti di quella squadra, condotta non solo quasi sempre alla salvezza, dal 1989 al 1994, ma addirittura a sfiorare la clamorosa promozione in serie B.

La classica triste storia, purtroppo, di chi ha però provato a fare il passo ben più lungo della propria gamba. Dal 1995 inizierà un inesorabile declino per il club bianco-azzurro, che riprecipiterà nelle categorie più basse, fino a frantumare il record dei campionati italiani di reti subite in una singola stagione, ben 191, perdendo tutte e 34 le partite, nel 1996/97.

Ma nell’estate del 96, come abbiamo visto, Brivio è a Enego.

Già, perché le sue parate non sono passate inosservate. E il Vicenza lo ha chiamato a sé, per fare da secondo a Giorgio Sterchele, che all’ombra di Monte Berico è oramai una specie di istituzione.

Il Magico Vicenza

La seconda favola, sicuramente la più bella, Pierluigi la vive proprio con la maglia del Vicenza, con cui esordisce al Menti contro il Cesena, nel giorno in cui la truppa di Guidolin regala ai propri tifosi il ritorno in serie A.

Come detto, l’anno successivo Brivio lo trascorre di nuovo in panchina, scavalcato nelle gerarchie dal nuovo arrivato Luca Mondini. Tocca fare il tifo, per una squadra che in campo pare volare, masticando amaro. Ma Ernesto Galli lo convince a fidarsi della bontà del proprio lavoro: “Vedrai Gigi che il tuo momento arriverà”.

La stagione 96-97 è quella della Storia per il Vicenza, non a caso con la S maiuscola. I veneti riescono là dove nemmeno Paolo Rossi, Vinicio e Roberto Baggio erano mai riusciti, conquistando la Coppa Italia al termine di una spettacolare cavalcata.

Brivio in Coppa le gioca tutte, e rosicchia pure al collega Mondini qualche presenza in campionato. Meravigliosa, in particolare, la sua prestazione nel quarto di finale giocato al Menti contro il Milan, in cui Pierluigi vola a dire di no a tutti gli avanti del Diavolo (Baggio, Weah, Boban, Savicevic, Davids..) blindando lo 0-0 che vale al Lane il passaggio in semifinale.

Quell’anno Brivio diventa, per i tifosi biancorossi, “il Bello di Notte”. E si guadagna i galloni da titolare anche per l’anno successivo, che vedrà la banda-Guidolin misurarsi con il calcio europeo, giungendo fino alla semifinale di Coppa delle Coppe contro il Chelsea.

In realtà Brivio non abbandonerà i pali del Vicenza fino all’estate del 2000, venendo riconfermato dai successori di Guidolin, Colomba prima e Reja poi. Il ritorno di Gino Sterchele lo costringe a fare i bagagli, con la consapevolezza di aver lasciato un segno indelebile nella città del Palladio. Dove lui stesso, anche ora che fa l’allenatore dei portieri, sogna “un giorno di tornare”.

Su e giù per lo Stivale

A Venezia Brivio, insieme a tutti i lagunari, prende l’ascensore, nella discesa/risalita tra A e B, vissute non da protagonista assoluto, come probabilmente avrebbe auspicato, ma alternandosi con Generoso Rossi nel ruolo di portiere titolare.

Il 10 giugno 2001, in maglia arancioneroverde, riesce comunque a entrare in maniera indelebile nella storia del calcio. Nel match al Penzo contro l’Empoli, con i lagunari di Prandelli già ampiamente promossi in serie A, realizza un calcio di rigore, spedendolo alle spalle del collega Bini. Ed entrando perciò nella ristrettissima cerchia dei portieri-goleador (Rampulla, Brignoli, Taibi, Manitta e pochissimi altri).

Al Genoa torna titolare, per una stagione all’ombra della Lanterna. A Napoli invece gioca pochissimo, ed è costretto ad andarsene quasi subito, a causa dei pesanti problemi economici del club partenopeo.

Quando a Pescara si ritrova a fare il secondo di Saul Santarelli, che era stato suo vice a Vicenza, probabilmente comincia a pensare che gli anni stanno passando, e che non riuscirà più a ritagliarsi un ruolo da protagonista assoluto. Che sia finito il tempo delle favole?

Affatto. Perché in soccorso arriva un caro, vecchio amico.

Gigi e Mimmo vanno a Mantova

Domenico Di Carlo, che è stato capitano di Brivio a Vicenza, nonché leader dello spogliatoio biancorosso, e che ha da poco iniziato a fare l’allenatore, lo vuole con sé a Mantova, in serie C1.

Conosce le qualità tecniche ed umane del portiere milanese, e sa che a Mantova, in un club che ha appena trascinato al ritorno in serie B, c’è bisogno di uno così.

Il primo anno, tuttavia, mister Di Carlo non se la sente di panchinare di primo acchito il titolarissimo Bellodi. Quell’anno i virgiliani sfioreranno un’impresa straordinaria, arrivando quarti in campionato, e poi più su, fino alla finale playoff, persa nientemeno che contro il Torino.

Anche qui, come a Vicenza, Brivio si guadagna i galloni di portiere titolare con il duro lavoro quotidiano. E l’anno successivo è lui il numero 1 del Mantova, che termina con un dignitosissimo ottavo posto in campionato.

Alla soglia dei 37 anni, una volta toltosi l’ultima soddisfazione, il Bello di Notte decide di aver dato abbastanza al calcio che conta, quantomeno da giocatore. E sceglie di avvicinarsi a casa per le sue ultime 3 stagioni da professionista: prima a Monza, poi a Pergocrema. Fino alla decisione di appendere i guanti al chiodo.

Altra gloria a Belgrado

Ma il tempo delle favole, quello no. Non è finito.

Una volta smessi i panni di giocatore, Brivio inizia subito a tramandare l’arte, aiutando un altro vecchio amico, e un altro leader di quel magico Vicenza: Fabio Viviani, che lo vuole con sé a Portogruaro per allenare i portieri.

Dopo qualche altra esperienza, al Monza e all’Albinoleffe, finisce alla Primavera dell’Inter, dove conosce mister Stefano Vecchi, che se lo porterà anche a Bolzano, per guidare gli estremi difensori del Sud Tirol.

In nerazzurro diventa fondamentale il suo apporto, per la crescita di giovani portieri, che oggi recitano ruoli da protagonisti in serie A, come Ionut Radu e Michele Di Gregorio.

All’Inter conosce anche Dejan Stankovic, che seguirà a Belgrado, quando Deki diventerà l’allenatore della Stella Rossa, conquistando 3 campionati serbi consecutivi, tra il 2019 e il 2022.

Con Dejan oggi Brivio è alla Sampdoria, nel disperato tentativo di salvare la squadra da una delle stagioni forse più buie dell’intera storia blucerchiata.

Non sappiamo al momento se la Samp riuscirà nell’impresa di rimanere in serie A. Quel che è certo è che, se vuole scrivere una favola, si è sicuramente affidata all’uomo giusto.

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