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L'uscita di Zenga e il sogno dell'Italia svanisce ai rigori

Sono belli gli amarcord dei trionfi e delle vittorie. Quelle memorabili per una giocata, per una rete o per un risultato inaspettato. Ogni tanto, purtroppo, ci sono i ricordi amari, quelli che hanno fatto piangere, soffrire, imprecare.

Il 3 luglio 1990 rievoca una data che ogni sportivo italiano vorrebbe cancellare. Ma farlo è impossibile. E' l’Italia delle "Notti Magiche" scandite dalle parole della canzone di Edoardo Bennato e Gianna Nannini e trascinata in campo dalle reti di Totò Schillaci. E' un'intera Nazione convinta di vincere la sua quarta Coppa del Mondo in casa, consapevole di avere una Nazionale fortissima. Zenga, Baresi, Maldini, Donadoni, Vialli, Giannini, Baggio: una generazione di fenomeni.

Infatti, allo stadio Olimpico di Roma, l'Italia fa fuori agevolmente Austria, USA, Cecoslovacchia, Uruguay, Irlanda. Poi, inspiegabilmente, per la semifinale gli Azzurri si spostano a Napoli per affrontare l'Argentina di Maradona che, poche settimane prima, ha portato alla città il secondo scudetto della storia. Al San Paolo, il tifo è diviso. Chi per senso patriottico sostiene l'Italia e chi per amore e riconoscenza sostiene l'Argentina de El Pibe de Oro. 

Bastano 17' minuti agli Azzurri per segnare. Il tiro di Vialli non viene bloccato da Goycochea, Schillaci si fionda e butta dentro il suo quinto gol Mondiale. Ma quando un'intera popolazione vede la Finale ad un passo, al 68′ arriva la mazzata. Il cross di Olarticoechea è alto, perfetto per il portiere da prendere al volo. Anche Ferri, che è alle spalle di Caniggia, sa che arriverà Zenga. Invece il cross si abbassa, Zenga è in ritardo, Caniggia ci mette la nuca e la palla va in porta. 1-1.

Le squadre vanno ai supplementari, poi ai rigori. E dagli undici metri passano gli argentini ma di quella serata sportivamente tragica non passano alla storia gli errori fatali di Donadoni e Serena ma l’uscita folle di Walter Zenga. 

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