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Valerio Fiori, chiamatelo dottore

Dall’etichetta di Saponetta, affibbiatagli dalla fantasia della Gialappa’s Band, ai trionfi al Milan da terzo portiere. Storia di un estremo difensore dall’intelletto non comune.
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Valerio Fiori - Illustrazione Tacchetti di Provincia

Quante volte, nelle classiche e immancabili discussioni da bar, ci è capitato di sentire dire, in argomento “lavori che andrei a fare domani”, il Terzo Portiere?

“Vuoi mettere? Lauto stipendio assicurato, responsabilità zero, tutte in carico ad altri. Pagato praticamente per stare in forma”

Questo il luogo comune che più spesso si sente dire. Erroneamente.

Perché chi si immagina il ruolo di “terzo portiere” come una specie di isola felice, si sbaglia di grosso.

Ci vuole intelligenza, capacità di adattamento, costanza e forza mentale. Devi dare il massimo, ogni giorno, sapendo che poi oneri e gloria, la domenica, spetteranno ad altri.

Ma se hai queste qualità, se sai stare al tuo posto, e dare comunque il tuo contributo, poi ti viene riconosciuto. E questa riconoscenza non si misura in coppe, premi o medaglie.

Ci vuole intelligenza, come detto.

Il più fulgido esempio di terzo portiere che gli ultimi 20 anni ci hanno regalato si chiama Valerio Fiori. Per 9 anni al Milan, a fare da chioccia ai numeri 1 e 12. Lui si che è un ragazzo intelligente.

Non a caso, dal 12 luglio del 2007, bisogna anche chiamarlo “dottore”.

Il portiere del futuro

Nel raccontare la storia di Valerio Fiori spesso, chissà come mai, ci si dimentica di dire che, prima ancora di vincere tutto senza giocare quasi mai, da terzo portiere in maglia rossonera, è stato un eccellente numero 1.

Romano di nascita, e cresciuto nel Montesacro, passa poi alla Lodigiani, splendido bacino di talenti, che presto farà sbocciare fenomeni come Alessandro Nesta e Francesco Totti, e che gli dà la possibilità di esordire da professionista in serie C2.

Nel 1986 il passaggio alla Lazio, aggregato dapprima alla formazione Primavera, con cui si laurea Campione d’Italia, e poi in prima squadra. L’esordio in biancoceleste è piuttosto traumatizzante, perché l’8 gennaio 1989 Borgonovo, Salvatori e Roberto Baggio lo costringono per 3 volte a raccogliere il pallone da in fondo al sacco.

Ma 7 giorni dopo si riscatta, giocando da titolare uno straordinario derby vinto contro la Roma, e compiendo alcuni interventi prodigiosi, su Rudi Voller in particolare, prima che un altro giovane promettente, e laziale fino al midollo, come Paolo Di Canio, segni il gol della vittoria.

A tutti pare l’inizio di una carriera sfolgorante. La stagione successiva il portiere titolare, Nando Orsi, viene definitivamente scalzato da Valerio. E Cesare Maldini, convocandolo nella sua under 21, parla di lui come del “portiere del futuro”.

Il tutto riuscendo, per di più, ad alternare la vita da professionista allo studio. Con il percorso all’Università La Sapienza di Roma che lo porterà, diversi anni più tardi, ad ottenere una prestigiosa laurea in Giurisprudenza.

Saponetta Fiori

Come sempre accade, nelle nostre storie, ad un certo punto accade qualcosa, che stravolge il plot in maniera quasi totale.

Molto in voga, in quegli anni, la trasmissione Mai Dire Goal, condotta dalla Gialappa’s Band, che la domenica sera propone tutti i gol e gli episodi salienti della giornata di campionato (quando ancora si giocava tutti lo stesso giorno, tutti la stessa ora…).

Valerio, nel corso del campionato, qualche errore, soprattutto nelle uscite, lo commette. Errori di gioventù, che sono capitati da sempre anche ai migliori. La Gialappa’s, impietosa, lo etichetta come “Saponetta”.

E che ci crediate o no, il povero Valerio questa etichetta non se la toglierà praticamente più.

Gli sbagli commessi, che in altre occasioni verrebbero presto dimenticati, in favore di interventi prodigiosi, rimandano subito a quel soprannome. Anche inconsciamente, senza che per forza vi sia della cattiveria.

Così ad ogni errore si torna su “Saponetta Fiori”. Valerio perde sicurezza, dote fondamentale per un portiere. E si arriva fino, addirittura, alla contestazione dei tifosi.

L’allenatore, Dino Zoff, uno che, per così dire, del ruolo ne capisce parecchio, lo difende a spada tratta.

Ma un ulteriore errore, nella sentitissima gara contro il Pescara, su un tiro di Dunga, con conseguente tap-in facile facile di Max Allegri, fa traboccare il vaso.

Si arriva addirittura fino a un tentativo di aggressione da parte degli ultras, quasi come avessero individuato in Fiori il caprio espiatorio delle sventure biancocelesti.

Orsi torna titolare, e a Valerio non resta che andarsene, firmando per il Cagliari, nell’estate del 1993.

Nella storia del Cagliari

Anni meravigliosi, quelli in Sardegna. Da un punto di vista personale, che regalano a Valerio due figli, Emanuele e Daniele.

Ma anche da un punto di vista sportivo. Con il Cagliari di Bruno Giorgi che scala la classifica, finanche ad arrivare alle semifinali di Coppa UEFA, eliminati dall’Inter. Ai tempi in cui l’odierna Europa League era terreno di caccia per le squadre del nostro football (in precedenza il Casteddu aveva eliminato anche la Juventus).

Fiori è protagonista assoluto, entrando nella storia dei rossoblu, con 99 presenze complessive. Fino all’ultimo anno, in cui si deve alternare con Beniamino Abate, al termine del quale viene ceduto in serie B, all’ambizioso Cesena.

In Romagna tornano le incertezze che non si vedevano dai tempi della Lazio. I bianconeri retrocedono in C1, e Valerio finisce alla Fiorentina, a fare il vice di un promettentissimo primo portiere come Francesco Toldo.

Nel 1998, infine, va al Piacenza. A giocare la sua ultima, vera, stagione da titolare. Per lo meno fino a che non gli viene preferito Sergio Marcon.

A quel punto per Valerio Fiori si aprono le porte della storia del calcio. Proprio nel momento in cui anche le ultime certezze sembrano essere saltate in aria.

Nell’universo Milan

Il Milan di Zaccheroni è alla ricerca di un terzo portiere affidabile. In rosa c’è Sebastiano Rossi, sopravvissuto alla precedente gestione-Capello. C’è pure Christian Abbiati, che nell’anno del clamoroso scudetto vinto a Perugia, con Rossi che becca diverse giornate di squalifica per una manata gratuita a Bucchi, si impone come giovanissimo titolare rossonero. E lo sarà anche negli anni a venire.

Zac sceglie Fiori. Affidandogli quel ruolo che ai più, come detto, appare comodissimo. In realtà, nel suo intrinseco, richiede tante tante doti. Il Terzo.

Ne passeranno altri, di portieri, dopo Rossi e Abbiati. Ci sarà Dida, su cui il club crede dopo gli imbarazzi iniziali, e che sarà il titolare delle vittorie europee in Champions League con in panchina Carletto Ancelotti. Ci saranno il lungagnone australiano Kalac, l’impronunciabile greco Elefterhopoulos. Poi anche Marco Storari. L’unica costante, in anni di indubbia gloria, rimane Valerio.

Che da terzo, e chioccia degli estremi sovracitati difensori, vince due Coppe dei Campioni, uno Scudetto, una Coppa Italia, un Mondiale per club e diverse Supercoppe.

Pochi possono invidiare un simile palmares. Il tutto collezionando sole 2 presenze. Un’ultima di campionato, da ex, a Piacenza, con il Milan che, in vista della finale di Champions, tiene a riposo i suoi big; e qualche decina di minuti in Coppa Italia contro la Sampdoria, per sostituire l’infortunato Abbiati.

Eppure, a detta di tutti, Valerio Fiori è indispensabile per i trionfi del Diavolo. In campo e nello spogliatoio, con il suo ruolo, come detto, da “chioccia”, a protezione dei compagni, sempre pronto a coprirgli le spalle.

Con molti di loro il rapporto di fiducia, umano e professionale, proseguirà. Dal momento che Valerio Fiori, appesi i guanti al chiodo, figurerà nello staff tecnico di molti ex compagni dediti ora fare i mister, come Seedorf, Shevchenko e Gattuso (con cui tuttora collabora, nel Valencia).

Amico dei “nemici”

Il perché è dettato sicuramente dalla già citata intelligenza, di questo ragazzo. Che gli ha permesso di comprendere perfettamente ogni singolo passaggio della propria carriera. Ha sempre saputo quando è stato il momento di essere protagonista, e quando invece è ora di fare un passettino indietro.

Doti di intelletto non comuni,a chi per anni ha vissuto in un immenso calderone come quello del mondo del calcio.

Certificate anche dal fatto che ha conservato ottimi rapporti anche con i colleghi che, in passato, gli hanno soffiato il posto. È il padrino di uno dei figli di Nando Orsi, che alla Lazio tarpò le ali al volo di Valerio, suo malgrado. E ha pure invitato, alla festa per i suoi 40 anni, uno dei membri della Gialappa’s Band.

Quelli che, con quell’appellativo, gli hanno affibbiato un etichetta di difficile gestione. Ma che poi lui ha saputo sconfiggere, usando la testa e non le parole.

Non chiamatelo Saponetta, allora. Ma chiamatelo Dottor Valerio Fiori.

Scopri un altro portiere leggendario: Massimo Taibi, il figlio della provincia

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