Shay Given, something special
"Qualcosa di speciale!"
È la risposta che dà Thierry Henry a un giornalista, che gli ha appena chiesto cosa bisogna fare per buttare la palla alle spalle di Shay Given.
E se a dirlo è, nell’ordine, uno dei migliori cannonieri nella storia della Premier League, nonché, con tutta probabilità, il giocatore straniero più forte che abbia mai militato nel campionato inglese (prossime stagioni di Momo Salah permettendo), allora possiamo prendere per assioma assoluto ciò che afferma.
Anche Giovanni Trapattoni, dopo averlo allenato con l’Irlanda, concorda, e lo paragona addirittura a Gianluigi Buffon. “Per carattere e qualità”.
La verità è che Shay Given è stato, effettivamente, qualcosa di speciale.
Per longevità, con una carriera lunga più di due decenni. Per reattività e agilità, senza le quali non avrebbe potuto spingere con successo i suoi 84 chili, distribuiti lungo “soli” 185 centimetri di altezza.
Il miglior portiere della Premier nella prima decade degli anni 2000, secondo quanto sancito poi dal Daily Telegraph.
Un amore chiamato Newcastle
Due decenni di carriera, dicevamo. Dagli inizi, da panchinaro, al Celtic prima e al Blackburn di Kenny Dalglish poi (l’amore, con il manager scozzese, esploderà solamente qualche anno più tardi). Fino al gelido vento di Stoke-on-Trent, ultima tappa di una mirabile carriera che vede refertate 618 presenze ufficiali. A cui vanno aggiunte le 134 con la maglia verde della nazionale irlandese.
Con il Newcastle United l’unico, vero amore. Di quelli pazzi, un po’ litigarelli. Che ti lasci e ti riprendi.
Subito titolare fin dal suo approdo, nell’estate del 1997. All’improvviso perde il posto, complice un infortunio alla coscia e le buone prestazioni del suo sostituto dell’epoca, il ragazzo di bottega Steve Harper.
Lui chiede la cessione, il club dice di no. Se lo tiene. E lui si riprende il posto da numero 1, che terrà fino al 2009, diventando il terzo più presente nella storia dei Magpies, dietro due colonne portanti come James Lawrence e Frank Hudspeth.
Nel 2009 conosce anche il sapore dei soldi. Quelli sborsati dal neo-arrivato sceicco Mansour, che lo sceglie per difendere la porta della sua creatura, al momento ancora allo stato embrionale: il Manchester City.
Due anni all’Etihad prima di lasciare il posto all’emergente Joe Hart e passare a difendere i pali dell’Aston Villa.
Where is Dublin?
Un percorso molto lungo,nella cui curva si distinguono benissimo i due picchi: quello positivo e quello negativo.
Shay Given, infatti, è protagonista, in rigoroso ordine cronologico, del: errore più comico mai commesso da un portiere nella storia della Premier; uno degli interventi più prodigiosi mai visti su un campo inglese compiuti da un portiere.
Il primo episodio avviene nel 1997, durante un match di campionato contro il Coventry. Given, in presa alta, spegne il pericolo di un cross dalla trequarti. Mette palla a terra, per cominciare l’azione dal basso (cosa oggigiorno molto in voga), senza tuttavia accorgersi a sfera, andando a segnare il più facile dei gol e lasciando ipnotizzato il povero Shay.
Per anni verrà deriso in tutto il regno, come “l’unico irlandese a non sapere dove si trovasse Dublin” (con chiaro riferimento alla capitale dell’Irlanda repubblicana).
Il miracolo su Phillips
Il secondo episodio avviene invece tra le mura amiche del St. James’s Park, durante un sentitissimo derby tra eterni rivali, Newcastle contro Sunderland.
Kevin Phillips, fenomenale uomo gol dei Black Cats, si avvicina al limite dell’area e prova un tiro a giro verso il secondo palo, il quale, oltre ad avere traiettoria, è dotato anche di una discreta potenza.
Spettacolare, a quel punto, il volo di Given, che con un colpo di reni va a disinnescare la conclusione dell’avversario, facendo sì che la sfera si perda sul fondo.
Una parata da manuale, da far vedere alle scuole calcio. Per spiegare, ai ragazzini, che non serve per forza essere sopra il metro e 90 per volare in quel modo tra i pali.
Un prodigio che lo inserirà nella top 10 delle 2 migliori parate del decennio, contest dove poi a trionfare sarà Peter Schemichel.
La paura
Non sono mancati i momenti di paura. Quegli attimi in cui è sembrato che tutto dovesse finire, per non tornare mai più.
Perché alla fine, se vuoi essere speciale, devi spostare i tuoi limiti un po’ più in là, forzare la mano. A costo di rimetterci qualche osso del corpo.
Spaventoso lo scontro con il colosso d’ebano Marlon Harewood, nel settembre 2006. Arrivato all’ospedale i sanitari, se non fosse per la divisa da gioco che ancora indossava, avrebbero pensato che il ragazzo avesse fatto un incidente d’auto.
Contro l’Arsenal, invece, nell’aprile 2010 pone fine alla sua carriera, se non altro quella giocata ad altissimo livello. Spalla spappolata in più punti, dentro Joe Hart che non uscirà mai più, e che costringerà Shay a cambiare inevitabilmente aria.
Given contro i migliori
Tanti gli attaccanti arginati, fino al giorno del suo ritiro. Dal già citato Henry a Michael Owen. Da Alan Shearer a Ruud Van Nistelrooy. Uomini gol, solitamente implacabili, che almeno una volta, nella loro esperienza oltremanica, si sono trovati di fronte a questo tozzo ragazzo.
E magari per un momento hanno pure pensato che “il grosso è già stato fatto, infilare questo qua davanti non dovrebbe essere un problema”.
Invece è lì che i guai iniziano davvero. Perché Given è agile, sa modificare in un amen il proprio intervento. E proprio quando credi di avercela fatta, lui è lì, pronto a dirti che “non è qui e non è ora il momento in cui mi batterai”.
Non sarà Buffon, magari (no Giovanni, ci dispiace, questa proprio non te la possiamo far passare). Non sarà nemmeno il miglior portiere che la Premier abbia mai visto.
Ma qualcosa di speciale, something special, quello sì. Lo è stato veramente.
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