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Guillermo Ochoa, l'ora di Memo

Scatta ogni 4 anni, in coincidenza con l’inizio della Coppa Del Mondo. È l’ora in cui il calcio si accorge di quanto sia forte Guillermo Ochoa, il messicano che ora para per la Salernitana.
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Guillermo Ochoa - Illustrazione Tacchetti di Provincia

In principio fu Jorge Campos. Il portiere diventato famoso più per le sue orribili tutine che non per le, seppur discrete, qualità da portiere.

Poi il consueto buio. Come se ad ogni paese dal centro America in giù, diverso da Brasile e Argentina, sia consentito avere un solo portiere destinato, in un modo o nell’altro, ad entrare nella leggenda, e a far parlare di sé anche nel vecchio continente.

Come il Paraguay e Chilavert, il portiere goleador. O la Colombia e Renè Higuita, con la famosa “parata dello scorpione”.

Guillermo Ochoa, detto Memo, ha cambiato questa regola. Ci ha insegnato che si può essere portieri, provenire dal continente americano, e passare agli onori della cronaca solo per ciò che si fa in campo.

Se non fosse per la Salernitana, che 38enne lo ha portato in serie A, ci saremo nuovamente dimenticati di lui. Come accaduto puntualmente al termine di ogni Mondiale, dove Memo si mette l’abito elegante, quello da portiere di calibro internazionale.

E che in Messico ormai chiamano “l’ora di Memo”.

A 19 anni all'Azteca

Se, spalle al muro, al momento dell’incrocio con il cuoio capelluto, la cordicella segna 183 centimetri, puoi già depennare dalla lista delle tue possibili professioni un po' di cose: pivot di pallacanestro, corazziere, portiere di calcio.

Se non hai centimetri, quantomeno devi avere una straordinaria agilità. Ecco, Guillermo Ochoa ce l’ha (per quanto riguarda i centimetri, basterà forse tenere i ricci capelli sempre lunghi, anche in tarda età, per rosicchiarne 4-5 ai meno attenti).

Ne ha talmente tanta che a 19 anni è già l’estremo difensore di una delle porte del leggendario stadio Azteca, con la maglia del glorioso America.

Dopo un avvio non propriamente incoraggiante, pian piano prende fiducia. Fino a far innamorare un certo Diego Armando Maradona, durante una finale di Sudamericano tra il suo Azteca e l’Arsenal de Sarandì.

Nel 2006 viene pure convocato per la prima volta ad una Coppa del Mondo dal c.t. La Volpe come terzo portiere, dietro il titolare Perez e il secondo Corona.

Durante quel magico Mondiale, vinto poi dall’Italia, Memo non mette mai piede in campo. Ma gli basta essere lì per innamorarsi di quel clima particolare che aleggia intorno alla kermesse, per fargli venire voglia di tornarci da protagonista assoluto.

Il Messico esce agli ottavi, dopo essere riuscito a trascinare l’Argentina fino ai tempi supplementari.

Nel 2010 identica sorte, sia per lui che per il Tricolor. Ochoa secondo portiere, con zero minuti giocati, e Messico fuori agli ottavi. Contro chi? Argentina, ovviamente. Ctrl+c ctrl+v dell’anno precedente.

Ochoa mette un circoletto rosso sui successivi mondiali in Brasile, e dice, tra sé e sé: “mia cara Coppa del Mondo, ci rivediamo nel 2014”

Alla prova dell'Europa

Ma c’è un solo modo per essere sicuri di poter essere a livello delle grandi, ad un Mondiale (se ovviamente non giochi per Brasile o Argentina): andare a giocare il calcio continentale più competitivo, quello europeo.

Solo che, come si può immaginare, non è da queste parti si faccia la bava alla bocca al pensiero di prendere un portiere messicano di 183 centimetri, il cui talento, in campionati di un certo spessore, è ancora tutto da valutare.

A credere in lui è l’Ajaccio, club corso in costante saliscendi tra Ligue 1 e Ligue 2. 3 anni in biancorosso prima di finire in un campionato più latino, e di conseguenza un po' più adatto alle sue skills: la Liga, per vestire la maglia del Malaga.

Ma prima arriva finalmente “l’ora di Memo”. L’ora in cui Guillermo si mette lo smoking per andare a farsi vedere in tutto il mondo.

Al momento delle convocazioni, il c.t. Herrera non ha dubbi: al Mondiale in Brasile il titolare sarà lui.

Il primo Mondiale da protagonista

Il girone è di quelli che oseremo definire “alquanto proibitivi”: oltre al Tricolor ci sono Brasile (ahia), Croazia (ri-ahia) e Camerun (beh dai…). La vittoria iniziale, firmata Oribe Peralta, proprio contro i Leoni d’Africa, dà coraggio alla truppa biancoverde.

Alla seconda partita del girone ecco il Brasile: padrone di casa e pluri-favorito.

È vero, ai verdeoro manca probabilmente una prima punta. Ma manca SOLO una prima punta, perché poi ci sono Neymar, Oscar, Willian, Hulk e compagnia cantante.

Ma quella è l’ora di Memo. E grazie alle super parate del proprio portiere, i ragazzi di Herrera strappano un preziosissimo 0-0, che unito alla vittoria finale contro la Croazia vale un primo posto ex-aequo nel girone, e il conseguente passaggio ai soliti ottavi di finale.

Tutti gli osservatori cominciano ad appuntarsi il nome di Ochoa. A maggior ragione lo faranno dopo la successiva gara contro l’Olanda, in cui il Tricolor va in vantaggio con Giovanni Dos Santos e resiste poi strenuamente, mentre il proprio folletto con la numero 13 vola da un palo all’altro.

Alla fine sarà festa orange, per via dei gol di Sneijder prima e Huntelaar poi, rispettivamente al minuto 88 e 90.

Il sogno del Messico finisce, ma quello di Memo è appena cominciato.

Russia 2018

Nel 2018 si gioca in Russia, e Ochoa arriva alla rassegna con un bagaglio tecnico ben più consistente, dopo anni trascorsi, tra Malaga e Granada, in una Liga Spagnola dove c’è da parare i tiri di Cristiano Ronaldo e Messi.

Dopo una qualificazione in carrozza, al girone i ragazzi dell’ennesimo c.t. Osorio battono subito la Germania campione in carica, e subito dopo anche la temuta Corea Del Sud. In entrambe le gare, ovviamente, è Memo Ochoa l’MVP, tornato supereroe con l’inizio della rassegna. La sconfitta finale con la Svezia non leva il passaggio del turno ai biancoverdi, che poi cozzeranno nuovamente contro l’iceberg degli ottavi di finale, perché il Brasile ha sete di rivincita.

Guillermo è stato di nuovo strepitoso, e c’è chi si domanda come mai, ogni 4 anni, ci si debba chiedere “dove giochi?” perché pochi lo sanno. Nel 2018 è il portiere dello Standard Liegi. Ma ancor più poche persone sanno che, se non fosse stato per una strana squalifica per doping, anni prima il Psg avrebbe scelto lui, prima di Sirigu, come numero uno.

Poco importa. Hakuna matata. Ochoa ha 33 anni, ce la farà per il prossimo mondiale del 2022?

Finito a chi?

Certo che ce la fa, eccome. Tornato a difendere i pali dell’America, il titolare è ancora lui. Perché in Messico uno forte come lui non lo hanno ancora trovato.

Si vola verso lo strano Mondiale del Qatar dunque, ma è un Tricolor molto molto diverso. I tempi dei Carlos Vela, dei Giovanni e Jonathan Dos Santos, dei Chicharito Hernandez sono finiti da un pezzo. Ora la squadra del Tata Martino è più giovane e inesperta, con qualche raro sprazzo di talento dei vari Lozano e Jimenez.

Nessuno pensa che possano andare molto avanti, e infatti non raggiungeranno nemmeno gli ottavi di finale.

Anche perché si pensa che Ochoa non potrà mai essere lo stesso delle ultime due edizioni.

Ah no?

Pronti via, prima partita. Pareggio 0a0 contro la Polonia, e rigore parato a Robert Lewandowski. La Scarpa d’Oro, nonché il Pallone d’Oro in pectore, quello che il popolo avrebbe voluto.

Il Mondiale termina con l’inizio del mercato di riparazione, in Serie A ma non solo.

A Salerno c’è un crucciatissimo direttore sportivo, che deve rimpiazzare il titolare Sepe, infortunato. Di portieri se ne intende, perché portiere lo è stato lui prima degli altri. È Morgan De Sanctis, e a lui viene l’intuizione fondamentale: “e se prendessimo il Messicano?”

Ha capito che stavolta non si possono aspettare altri 4 anni, perché allora Memo sarà già, probabilmente a fare altro. Bisogna muoversi subito, quando il ricordo del Mondiale è più fresco e vivo.

Guillermo Memo Ochoa il 23 dicembre 2022 firma per la Salernitana. Con lui i campani si salvano, senza nemmeno grossi patemi.

E le sue parate sono decisive per conquistare l’agognato obiettivo.

Anche in Serie A, seppur con netto ritardo, è arrivata “l’ora di Memo”.

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