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Franco Brienza, maestro di calcio

Brienza, mancino delizioso, classe sconfinata, umiltà d’altri tempi: mischiate questi tre ingredienti in uno stampino di dimensioni contenute, fatelo crescere qualche anno tra le onde dell’isola di Ischia e otterrete una piccola perla del nostro calcio, il mitico Ciccio Brienza.
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Franco Brienza – Illustrazione di Tacchetti di Provincia

Ci sono giocatori che per loro stessa intrinseca natura incarnano la quintessenza del nobile calcio di provincia. Non l’hanno chiesto e non l’hanno cercato, ma dalla prima volta che hanno toccato un pallone il Fato ha decretato che portassero per sempre qualità e una ventata di gioia nei campi dove il calcio si esprime nella sua forma più vera e genuina.

Con ogni probabilità non li vedremo mai alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie e non li vedremo postare sui social foto esagerate scattate in lussuosi alberghi di Montecarlo.

Eppure provate a chiedere a un anziano tifoso palermitano o a un giovane barese se si ricorda di Franco “Ciccio” Brienza.

Chiedetegli di descrivervi le sue conclusioni dalla distanza, le sue punizioni e le traiettorie che disegnava con quel sinistro che “poteva esse fero o poteva esse piuma”, come direbbe qualcuno.

Chiedeteglielo, e poi diteci che un Ciccio Brienza non vale esattamente tanto quanto uno dei tanti strapagati calciatori che si incontrano in certe squadre di alta classifica. Tanto non vi crederemo.

L’infanzia, le giovanili

Il nostro brevilineo fantasista nasce a Cantù nel 1979, ma la famiglia torna subito nella terra d’origine, la bellissima isola di Ischia, dove Franco comincia subito a muovere i primi passi nel mondo del pallone.
A 6 anni, il piccolo Brienza dà per la prima volta un calcio ad una palla indossando la casacca di una squadra, quella del borgo di Campagnano.

Il grosso delle giovanili però Ciccio Brienza lo trascorre nel Real Pithecusae, la squadra che prende il nome dal più antico insediamento greco in Italia, datato addirittura 700 a.C. Allenandosi all’ombra delle antiche rovine di Pithecusa, per un curioso caso di osmosi artistico-calcistica, il giovane calciatore sembra assorbire un po’ della leggendaria eleganza ellenica: il suo mancino comincia subito ad incantare gli abitanti di Ischia, tanto che a soli 15 anni Franco viene portato fuori dall’isola.

Isolotto, Imolese e poi Foggia: proprio con i rossoneri esordisce in Serie B all’età di 18 anni. Quella partita sarà per lui l’unica presenza nella stagione 1997/1998, per cui il giovane Ciccio non ha responsabilità sulla retrocessione dei Satanelli al termine del campionato. 

L’arrivo a Palermo e i prestiti

In serie C, e man mano che matura una certa esperienza calcistica, il ragazzo trova più spazio, e nell’estate del 2000 passa al Palermo, che milita anch’essa nella terza serie.

È l’inizio di quello che sarà un grande rapporto d’amore: si rende subito utile contribuendo al passaggio dalla C alla B, con un piccolo bottino di due gol e cinque assist. In rosanero si sono resi tutti conto del fatto che il ragazzo mostra un ottimo potenziale, ma viene forse giudicato ancora un po’ acerbo e viene quindi girato in prestito ad Ascoli e Perugia. Con il Perugia peraltro fa il suo esordio in Serie A e anche il suo primo gol nella massima serie, quando contro il Lecce si fionda con istinto rapace sulla ribattuta corta del portiere Sicignano. 

Il secondo gol, che rende giustizia alla sua classe, arriva appena una settimana dopo, contro la Lazio: palla servita dalla sinistra da Fabiano, Ciccio raccoglie sulla corsa bruciando lo sventurato Couto e trafigge Sereni con un tocco morbido che deposita la palla in fondo alla rete.

Ritorno in Sicilia

Terminato il prestito a Perugia fa rientro a Palermo: le sue prestazioni molto convincenti in Umbria convincono mister Guidolin a consegnargli il posto da titolare sulla trequarti, e il venticinquenne Brienza ne ripaga la fiducia. Insieme a Luca Toni forma una coppia strepitosa: sono addirittura dieci i gol segnati nella sua prima stagione in rosanero.

Ce n’è uno in particolare che merita di essere ricordato, quello segnato al Barbera contro la Juve di Ibra nel 2005: punizione dalla sinistra di Corini, respinta di Buffon che viene raccolta al limite dell’area dal nostro Ciccio, collo sinistro al volo che si infila nell’angolino basso di destra senza lasciare scampo al Gigi nazionale.
Tifosi in visibilio e rete che assicura la vittoria alle aquile, che la spuntano sulla Vecchia Signora proprio per una rete a zero.

Com’è naturale che sia, la qualità del calcio espresso da Ciccio porta la piazza palermitana ad innamorarsi di questo brevilineo campione di provincia. L’anno successivo, il giovane lascia la maglia numero 90 per caricarsi sulle spalle la 10, ma si tratta di una semplice formalità: che sia ormai il paradigma tecnico della squadra è già chiaro a tutti a Palermo.
Quell’anno viene addirittura convocato in Nazionale da mister Lippi, e anche se con gli Azzurri collezionerà solo un paio di presenze potrà aggiungere un’altra importante spunta alla lista dei traguardi raggiunti nella sua carriera da calciatore. E del resto, la Nazionale del 2005 (dobbiamo ricordare cosa succederà appena un anno dopo?) può permettersi di rinunciare così a cuor leggero a Ciccio solo in virtù della straordinaria abbondanza di campioni italiani presenti in quegli anni…

Reggina, Siena e di nuovo Palermo

Complessivamente, Brienza al Palermo ci resterà per otto anni, al netto dei brevi intervalli per i due già menzionati prestiti in Centro Italia. Lo lascerà (temporaneamente) nel 2008 per trasferirsi alla Reggina, ma si sa che amori così profondi lasciano inevitabilmente delle tracce.
E così, nel corso di Palermo-Reggina, Ciccio si rende protagonista di un episodio di fair-play come se ne vedono pochi: in apertura del secondo tempo, Brienza riceve palla sulla linea dei difensori avversari, si presenta a tu per tu con Amelia e, tra lo stupore generale, si ferma.


Nessun fuorigioco, nessun fallo, nessun fischio arbitrale: Brienza si è fermato perché l’amaranto Corradi e il rosanero Balzaretti sono rimasti a terra doloranti dopo che le teste dei due si erano scontrate con violenza. Il gesto di Ciccio è apprezzatissimo dall’arbitro, che gli fa i complimenti, e dal pubblico palermitano – forse un po’ meno dai tifosi della Reggina. Forse avrebbe fatto lo stesso anche se la squadra avversaria non avesse rappresentato nulla per lui, ma è probabile che di mezzo ci sia stato lo zampino di un amore mai sopito.

Dopo la Reggina, Brienza conquista la promozione in A con il Siena e l’anno dopo aiuta la squadra a mantenere la categoria. Nella stagione successiva, il 2012-13, Mister Sannino se lo porta da Siena a Palermo, dove Franco fa il suo grande ritorno per la gioia dei tifosi. Un’ultima stagione in rosanero per ringraziare tutti, con una rete e quattro assist in 17 presenze, e finalmente Ciccio è pronto a salutare la Sicilia per l’ultima volta.

Brienza va al Nord: Atalanta, Cesena e Bologna

Dopo la sua ultima stagione palermitana, Brienza vaga ramingo tra alterne fortune per diverse squadre di serie A.

Inizialmente approda a Bergamo, dove con l’Atalanta segna un unico, magnifico gol.
Se lo ricorderanno bene i milanisti, che al 96’ hanno visto la propria squadra del cuore eliminata dalle coppe europee per la prima volta dopo quindici anni: ultimi secondi di gara, Migliaccio fornisce un appoggio morbido a Brienza che da circa 30 metri lascia partire un interno sinistro chirurgico che toglie le ragnatele dall’incrocio dei pali alla destra di un incolpevole Amelia.

Le due tappe successive del viaggio di Ciccio saranno Cesena e Bologna: in Romagna, nonostante i suoi 8 gol in 30 presenze, non riuscirà ad evitare la retrocessione dei bianconeri, mentre coi rossoblù conquisterà un buon 14esimo posto contribuendo con tre reti.

A questo punto, Brienza è pronto a dire addio al calcio in grande stile con un ultimo, emozionante capitolo della sua romantica carriera calcistica.

Brienza e il Bari

È in Puglia, più precisamente a Bari, che Brienza decide di chiudere in bellezza il suo viaggio tra i campi da calcio della Penisola.

Arriva tra i Galletti nell’estate del 2016: in quell’anno la squadra milita in serie B, e Franco comincia subito a darsi da fare, illuminando il San Nicola con le sue punizioni, le sue conclusioni dalla distanza e le sue magie sulla trequarti. Chiude la prima stagione con 5 gol e 6 assist e un piazzamento al dodicesimo posto.

Ma è nella stagione 17/18, o meglio al termine di quella stagione, che Brienza diventa veramente un idolo per i tifosi baresi: prima conduce i Biancorossi ai playoff (persi contro il Cittadella) e poi, dopo l’esclusione del Bari dalla Serie B dovuta al fallimento della squadra, decide di restare al suo posto e ripartire dalla Serie D insieme ai suoi compagni.

Considerata l’età (Brienza ha ormai 38 anni), il gesto è a dir poco onorevole: per di più Ciccio non è un giocatore da Serie D, i tifosi ne sono ben consapevoli, e infatti contribuisce all’immediata promozione dei Galletti in Serie C prima di dare il suo personale addio al mondo del calcio giocato.

La permanenza di Brienza a Bari ha significato moltissimo per i tifosi biancorossi, che gli hanno addirittura “dedicato” ufficiosamente una piccola piazza.

In una mattina come le altre dell’ottobre 2018, infatti, accade che in una via del quartiere di Poggiofranco compare improvvisamente una targa, messa lì da un gruppo di tifosi baresi, dedicata al talentuoso centrocampista cresciuto a Ischia. 

Il cartello recita così:

" Piazza Franco Brienza, detto Ciccio, Maestro di calcio. "

Segue la data di nascita, 19/03/79, mentre nello spazio riservato alla data di morte è riportato un lapidario commento, epico ed ironico allo stesso tempo:

" Lo decide lui "
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