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Kennet Andersson, Il gigante biondo

Kennet Andersson senza apparenti doti tecniche, mai considerato dalle grandi squadre. Eppure..grazie ai tempi di gioco, lo stacco di testa portentoso e lo spirito di sacrificio è diventato l’incubo di qualsiasi difensore, entrando nella storia di questo sport.
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Kennet Andersson - Illustrazione di Tacchetti di Provincia
" Il calcio è un grande rito, che devi rispettar. L’Europa ne impazzisce e negli Stati Uniti lo vorrebbe popolare..ma fondamentalmente agli americani non interessano i mondiali di calcio, americani "
Elio e le Storie Tese - Nessuno allo stadio

USA 94. I mondiali a stelle e strisce. E al popolo italiano interessavano eccome…no! Un attimo! Non siamo qui per evocare ancora una volta il ricordo che mortifica il più grande calciatore azzurro di tutti i tempi.

Ricominciamo. USA 94. Un volto e una nazione si prendono le copertine di tutti i giornali (europei).
Roby travers….NO! AAARGH. Dicevamo. USA 94: KENNET ANDERSSON E LA SUA SVEZIA!

Proprio così. Il gigante biondo, vera e propria rivelazione del torneo, che ha trascinato gli scandinavi a uno storico terzo posto.

Kennet Andersson, l’atleta

193 centimetri, longilineo e con l’atletica nel sangue. Madre e fratelli nazionali svedesi, sembrava tutto scritto. Eppure quella tecnica Fosbury non lo convinceva… Kennet voleva volare oltre i difensori. E dopo la trafila nelle complicate serie minori di un mondo che non sembrava appartenergli, per il nostro gigante arriva la prima vera occasione. è il Göteborg, nel 1989, a decidere di puntare sull’ormai ventiquattrenne scandinavo.

Tutto sembra andare alla grande, con un paio di ottime stagioni in doppia cifra, poi il futuro giramondo si sposta in Belgio. Ma è ancora troppo presto per abbandonare la sua terra, e dopo aver tradito le aspettative fiamminghe, l’unica soluzione è il ritorno in Svezia per provare a rilanciarsi. Basta riassaporare l’aria di casa, con quei sei mesi di luce a scacciare i sei mesi depressivi di buio, per far tornare il sorriso e il gol.

Poi, nel 1993 arriva la vera svolta della sua carriera. Si presenta alla sua porta il Lille, squadra senza troppe ambizioni militante nel massimo campionato francese, e il buon Kennet ritenta l’emigrazione a sud approdando nel paese transalpino. Ed è finalmente pronto. Saranno undici i gol nella prima stagione, che basteranno a convincere mister Svensson ad affidargli le chiavi dell’attacco della nazionale.

USA ’94

E arriviamo quindi al fatidico mondiale a stelle e strisce.  La miglior vetrina internazionale possibile nel momento perfetto, e Andersson decide di mostrare al mondo le sue qualità. I tempi di gioco, il controllo orientato, l’anticipo costante su difensori e portieri, lo spirito di sacrificio e di squadra, e soprattutto, quello stacco portentoso. Di testa le prendeva tutte. 

E così, una Svezia data per spacciata nel girone della morte, estromette Russia e Camerun superando il girone insieme al Brasile. Vittoria contro i Leoni Indomabili, pareggio con sovietici e futuri campioni del mondo grazie al gol, bellissimo, del gigante biondo.

Gli ottavi di finale, impronosticabili, sono realtà. Il sorteggio fortunato decreta Arabia Saudita, e la pratica è archiviata con un sonoro 3-1. Che domande. Certo, Kennet ha segnato ancora e gli scandinavi si regalano la Romania.

I quarti di finale sono un’autentica sofferenza, trascinata fino ai tempi supplementari. La compagine rumena con la coppia HagiRaducioiu è avversario tosto, e trova il gol del vantaggio che sembra scrivere la parola fine. Ma, al 115’…ancora lui! Il colpo di testa di Kennet Andersson porta la sfida ai rigori. Svezia in semifinale. Clamoroso. La squadra di mister Svensson e della coppia di attaccanti formata da Kennet e da un giovanissimo Larsson aveva compiuto un’autentica impresa.  

La sconfitta in semifinale contro il Brasile campione del mondo non cambierà la storia di un mondiale da autentici protagonisti, che si chiuderà al terzo posto grazie alla roboante vittoria per 4-0 sulla Bulgaria (non serve che vi racconti chi compare tra i marcatori…).

I gol per il nostro campione stilisticamente “bruttino” ma tremendamente efficace saranno cinque, uno più pesante dell’altro, e la sua carriera sembra pronta a spiccare il volo.

I migliori gol di Kennet Andersson

Il campionato con la C maiuscola

Ma, inspiegabilmente, le grandi squadre non sono interessate. Non arriva nessuna offerta. “Scoordinato” “Tecnicamente carente”. L’effetto mondiale che acceca gli addetti ai lavori da decenni (portando spesso autentiche delusioni), non prende vita. Così, senza far rumore, Kennet si sposta pochi chilometri a ovest di Lille per vestire la maglia del Caen. La musica non cambia: altra stagione da assoluto protagonista in Ligue 1 e, finalmente, arriva l’occasione nel campionato all’epoca con la C maiuscola, la Serie A.  Milan? Inter? Roma? Napoli? Figuriamoci.

Il Bari, che allestisce la coppia di attaccanti più affascinante del torneo: Igor Protti – Kennet Andersson. 36 gol, in due, che incredibilmente non bastano a salvare la cittadina pugliese dalla retrocessione.

Ma la sua storia non cambia: ha dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, di essere pronto per il grande calcio. Nel 1996 il neopromosso Bologna lo regala a mister Renzo Ulivieri. Il tecnico toscano prima, e il mitico Carletto Mazzone poi, esaltano a pieno tutti i suoi punti di forza, costruendo una squadra ricordata ancora oggi da qualsiasi tifoso rossoblù che si rispetti. Lo scandinavo, negli anni passati nella città di Piazza Maggiore, condivide il terreno di gioco con fenomeni del calibro di Roberto Baggio e Beppe Signori, affinando sempre più le abilità di uomo al servizio del campione. E Il Bologna vola fino alla conquista dell’Intertoto grazie alla coppia di giganti, il buono (Ingelsson) a centrocampo e il biondo in attacco, e alle reti del futuro idolo cittadino Signori. L’entrata dalla porta principale nella coppa Uefa 1998-99 è realtà. Già, quella Coppa Uefa con la finale tutta italiana soltanto sfiorata. Perchè dopo aver eliminato Sporting, Slavia Praga e Olympique Lione, ci penserà il Marsiglia a spegnere i sogni dei felsinei con la regola dei gol in trasferta (0-0 al Velodrome, 1-1 al Dall’Ara), e il Parma solleverà il trofeo sconfiggendo i francesi in finale.  

Poi, per il biondone, arriva la chiamata della Lazio di Sven-Goran Eriksson.

“Era l’unico che mi avrebbe potuto far lasciare Bologna. Uno svedese, alla guida di una squadra così forte e ambiziosa”

E che Lazio, un’occasione troppo grande per rifiutare. Ma per lui la squadra di Mihajlovic, Simeone, Veron, Mancini, Nedved e Nesta che diventerà campione d’Italia, era davvero troppo. Due misere presenze e tanti saluti. Cosa fare? Un passo indietro. Quello che era successo a inizio carriera con il ritorno in patria, stavolta avviene con la sua seconda casa, la città che tanto lo aveva amato e che era disposta a riabbracciarlo, con il grande Francesco Guidolin alla guida. Una buona stagione chiusa all’undicesimo posto, poi il trasferimento in Turchia dove vince il campionato con il Fenerbahce e la fine della carriera in Svezia.

Oggi, attuale DS del Göteborg, trasmette i suoi valori agli aspiranti calciatori.  “Ai ragazzi dico che bisogna sempre avere rispetto del mister, perché anche dall’allenatore più scarso si possono imparare tante cose.”

Kennet Andersson, semplicemente un grande attaccante. Definito da Fabio Cannavaro, il “nostro” ultimo pallone d’oro, il giocatore più difficile da marcare della sua carriera.

Dichiarazione di Fabio Cannavaro su Kennet Andersson
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