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Beppe Signori, Il Re mancino

Attaccante completo, implacabile ed elegante, autentica macchina da gol. Beppe Signori con le maglie di Foggia, Lazio e Bologna si è consacrato tra i più grandi campioni degli anni 90’.
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Beppe Signori - Illustrazione di Tacchetti di Provincia

Viviamo in un mondo avaro di magia, in cui spesso il tecnicismo supera il talento. La società del ‘volere è potere’, che significa tutto e niente. Perché se da un lato il livello medio è in continua evoluzione, con la cura dei dettagli a regnare sovrana, il grande rischio è che le persone nate per fare una cosa specifica non riescano ad emergere. Perché, ormai, il talento non basta più. E questo comporta un fascino sempre minore, una fiamma che rischia di spegnersi. Siamo alla ricerca della perfezione, non più della bellezza. 

Bene, dimenticate questa digressione. 

Perché Beppe Signori è stato un attaccante senza tempo. Uno che sarebbe riuscito a imporsi e ad entrare nella storia di questo sport in qualsiasi epoca.

Perché il Re aveva tutto.

Potenza e classe cristallina. Era agile, veloce, combattivo, un fiuto del gol sopraffino e quel sinistro imparabile a incrociare sul secondo palo. Segnava in tutti i modi. Su punizione, scartando l’intera difesa avversaria, in acrobazia, di destro, di sinistro, persino di testa. Un attaccante completo.

E quei calci di rigore.. 

Si presenta Signori dal dischetto. Il piede destro di fianco al pallone…. Carica con il sinistro….. GOL! Era sempre gol. Una sentenza, con quel fascino indescrivibile suscitato dal tiro da fermo. Era l’unico, Beppe Signori, a calciarli così. 

Signori si nasce

Ad Alzano Lombardo, cullato dalla fiamma delle proteste dei sessantottini, nasce il nostro Beppegol.

Giovanili dell’Inter fino ai sedici anni e arriva subito un’occasione, a una ventina di chilometri da casa.  Stiamo parlando del Leffe, nella nostalgica serie C2, dove oltre a lavorare nello stabilimento tessile del presidente mostra subito di avere qualcosa di speciale. Il trequartista bergamasco, con la 10 sulle spalle, inizia così a scalare le categorie fino a diventare titolare nel Piacenza in serie B.
Poi, arriva l’incontro che cambia tutto.

Si, perché un certo Zdenek Zeman lo vuole al Foggia, e ha in serbo grandi sorprese per il talentuoso ventunenne. “Trequartista? Numero 10? No. Tu sei attaccante” 

E così, con quel numero 11 sulle spalle che lo accompagnerà per diversi anni, ha inizio la vera carriera di Beppe Signori.

La squadra pugliese viaggia a gonfie vele, con quel modulo decisamente votato all’attacco marchio di fabbrica del tecnico boemo, e il nostro protagonista si esalta segnando quindici reti nella prima stagione. La cadetteria è già troppo poco per lui, e l’anno seguente decide di trascinare il suo Foggia a una meritata promozione in Serie A. Nel 1991 arriva quindi il debutto nel massimo campionato, in cui ha bisogno di un po’ di tempo per dimostrare di essere pronto…Neanche per idea! Undici gol al primo anno, e la squadra del tridente delle meraviglie Signori-Baiano-Rambaudi guidata da Zeman chiude con un incredibile nono posto. “è stato un po’ maestro e un po’ papà. Mi ha dato fiducia e consapevolezza dei miei mezzi, il ritmo e i tempi del gioco. Poi è uno che ti fa lavorare in maniera pazzesca.” Signori su Zeman 

Signori è già il desiderio di diverse squadre, e il Foggia non può trattenerlo. 

Amore biancoceleste

Per 8 miliardi passa alla Lazio di Cragnotti, con Dino Zoff in panchina e quella maglia numero 11 con l’indimenticabile sponsor Cirio.  

Prima stagione, deve ambientarsi e infatti.. è subito capocannoniere, ne segna VENTISEI. Presentandosi così

Gol pazzesco di Beppe Signori in Lazio Inter 3-1 del 13 dicembre 1992

Stagione seguente? Capocannoniere, solo ventitrè gol tra i quali la storica tripletta su punizione (record condiviso con il solo Sinisa Mihajilovic)

La tripletta di Beppe Signori su punizione in Lazio Atalanta 3-1 del 10 giugno 1994

La convocazione a USA 94 è una diretta conseguenza (i mondiali a stelle e strisce.. leggete il nostro pezzo sul gigante biondo Andersson). Ma in nazionale viene sacrificato come ala di centrocampo, e per gli attriti con Arrigo Sacchi non giocherà neanche un minuto di quella maledetta finale contro il Brasile ... un rigorista come lui… ma cambiamo subito discorso e torniamo alla nostra storia.

Nel 1995 sulla panchina biancoceleste arriva il suo mentore Zeman, e la coppia vincente traghetta la squadra a uno storico secondo posto, anche se stavolta la classifica marcatori la vince Batistuta.

Niente paura, Signori la vincerà la stagione successiva per la terza volta in quattro anni.

" Cerco di fare il mio dovere. E il mio dovere è far gol "

Così dichiara il Re. Ah, siamo rimasti al secondo posto di Zeman … sì, perché a fine campionato Cragnotti decide di vendere Beppe Nazionale al Parma. 

Apriti cielo. La sede societaria viene letteralmente invasa dai tifosi che chiedono la testa del presidente. Il re non si esilia. L’idolo, capitano e simbolo della squadra deve rimanere nella capitale. 

E così sarà, e per la prima volta nella storia del calcio un presidente viene costretto dai tifosi a trattenere un calciatore.

Come dicevamo, si rende protagonista di un’altra stagione scoppiettante da capocannoniere, con la Lazio al terzo posto in campionato. Poi, improvvisamente, cambia tutto.

Arrivano infatti Sven Goran Eriksson e Roberto Mancini dalla Sampdoria. L’uno, in panchina, l’altro nella difficile coesistenza con il numero 11. Tra incomprensioni ed esclusioni l’addio diventa realtà, con Signori a fare il percorso inverso e approdare a Genova sponda blucerchiata.

" Ero il capitano, avevo segnato 127 gol, sognavo di raggiungere il record di Piola, non potevo accettare di essere trattato così. Quella notte girai da solo in macchina la città fino alle 6 del mattino, con le lacrime agli occhi "

E così, il secondo marcatore della storia della Lazio, 17esimo nella classifica del pallone d’oro ’94, tra i più grandi attaccanti al mondo e idolo dei tifosi, lascia la città eterna.

La dotta, la rossa, la grassa

Alla Samp le cose però non vanno bene. I problemi fisici lo tormentano, e, soprattutto, gli anni migliori sembrano passati lasciando spazio al lento e inesorabile declino. 

Ma ecco che arriva in soccorso la realtà ormai specializzata nel recupero campioni. La città a cui un nome non basta, ne servono tre: la dotta, la rossa, la grassa. 

Già, perché l’anno in cui il nostro eroe veniva etichettato come giocatore finito nel capoluogo ligure, a Bologna arrivava il grande Roberto Baggio in cerca di riscatto. Rivitalizzato il campione numero uno in procinto di passare all’Inter, la squadra di Carletto Mazzone si prepara ad accogliere il suo nuovo Re.

E il tecnico felsineo, nuova figura paterna per Beppegol, con l’aiuto del medico di squadra dottor Nanni, rimette in forze il nuovo numero 10.

La seconda giovinezza del campione è servita. Neanche il tempo di presentarsi ai tifosi, e arrivano le finali di Coppa Intertoto disputate in agosto. Ma ormai l’abbiamo capito, a Beppe non servono che pochi minuti sul prato verde per calarsi alla perfezione in qualsiasi realtà. E così, il 25 agosto 1998, il Re mancino trova il gol contro il Ruch Chorzow che decreta vittoria della competizione e qualificazione alla Coppa Uefa. 

La classe, l’esperienza, il fuoco tornato ad ardere e la solita quantità industriale di gol sanciscono un legame profondo tra Signori e i colori rossoblù.

La cavalcata da trascinatore in Coppa Uefa a un passo dalla finale tutta italiana è storia, con i felsinei che 

escono in semifinale contro il Marsiglia per la regola dei gol in trasferta dopo aver sconfitto Sporting Lisbona, Slavia Praga e Lione.

Così come è impresso nei ricordi dei tifosi il suo gol decisivo nello spareggio di San Siro contro l’Inter, che permette al Bologna di qualificarsi nuovamente alla prestigiosa coppa europea.

Saranno addirittura sei le stagioni all’ombra delle due torri, in cui la città si innamora perdutamente del suo leader. Del resto, pensate di andare allo stadio e ammirare un 36enne che segna un gol così. 

Il capolavoro di Beppe Signori contro l’Udinese

I gol saranno 84 prima di abbandonare la sua Bologna e tentare l’avventura greca nell’Iraclis, per poi chiudere una grande carriera in Ungheria. 

Signori e quei maledetti dieci anni

Certo, Beppe amava scommettere. Su qualsiasi cosa. “Lo sanno anche i muri” 

E, in quel primo giugno 2011, alla maggior parte degli appassionati sarà sembrato quasi normale leggere il titolo ‘arrestato Giuseppe Signori per calcioscommesse’.

Una vita rovinata, in cui il Re del pallone si vergognava anche a uscire di casa. Ma, come ha sempre fatto in campo, non ha mai mollato e alla fine ha avuto ragione.

Il suo nome non compariva mai nelle intercettazioni. Il fatto non sussiste, assoluzione da tutte le accuse. 

“E poi uno non dovrebbe essere scaramantico. Oggi venivo arrestato. Oggi, proprio oggi. Il primo giugno 2011 mi accompagnavano in questura a Bologna, il primo giugno 2021 è finito tutto.”

Ho pagato, ho pagato tutto e troppo. Io ludopatico? Ludopatico, no. Già da ragazzino vivevo di sfide, ho sempre considerato il mio modo di scommettere un incentivo a migliorare. Ricordo che alla Lazio feci una scommessa con Maurizio Neri. Era un periodo in un cui non riuscivo a segnare, mi trovavo in grande difficoltà. Scommisi che a fine stagione avrebbe giocato meno minuti lui rispetto ai gol che avrei segnato io. La vinsi, naturalmente. È un esempio stupido, se vuoi, ma la sfida del Buondì Motta e altre ancora come le vuoi catalogare? Per come sono fatto di carattere, non esiste che io vada da un calciatore per dirgli ‘ascolta, ti do i soldi se perdi la partita. 

Volevo fare l’allenatore. Dietro una scrivania non mi ci vedevo. Oggi mi piacerebbe rimettermi in gioco, faccio la battuta: vorrei scommettere su me stesso”.

In un mondo in cui contano solo risultati e trofei, la bacheca vuota del nostro Beppe lo rende ancor più un eroe popolare. Uno dei più grandi attaccanti della storia del calcio e nono marcatore di sempre della Seria A. Un campione indimenticabile. 

E quei calci di rigore…

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