Bobby Zamora, that's amore
Nel 1953 esce, al cinema, il film “Occhio alla palla”, diretto dallo statunitense Norman Taurog.
La pellicola, che sicuramente non passerà alla storia come un capolavoro cinematografico, narra le vicende di Harvey Miller Junior, timido e introverso ragazzo con la passione per il golf, che però non riesce a praticare in presenza di pubblico per paura.
La cosa che renderà immortale quel film è la canzone cantata da Dean Martin, co-protagonista lui stesso, nei panni di Joe Anthony. Si chiama That’s Amore, e tuttora esistono poche persone che non la conoscano e non la canticchino, magari anche storpiandone il testo.
Come spesso accade, quella melodia viene ripresa dalle tifoserie inglesi, sempre due-tre passi avanti da un punto di vista musicale. In particolare dai fans del Brighton and Hove Albion, che decidono di dedicarla al loro centravanti, che con i suoi gol sta tenendo a galla il club, vessato dai problemi economici.
Si chiama Bobby Zamora. E, ripercorrendo la sua carriera, ci si accorge che è proprio il caso di dirlo: that’s amore.
È chiaramente difficile mettere a paragone Bobby Zamora con due mostri sacri della Premier League, come il cannibale Alan Shearer, tuttora miglior goleador del campionato inglese da quando ha assunto questa nuova conformazione, e come Andy Cole, che in coppia con Dwight Yorke formava i Calypso Boys e ha terrorizzato, per anni, le difese del Regno e dell’Europa.
Ma il paragone, tutto sommato, può trovare quartiere. Zamora non si è mai laureato capocannoniere del massimo campionato britannico, e i suoi gol non sono risultati decisivi per vincere questo o quel trofeo (la sua bacheca personale si compone di appena due titoli: un campionato inglese di quarta divisione e un titolo della Second Division, entrambi vinti con il Brighton).
Ma di gol ne ha sempre fatti tanti, fin dai primi anni della sua carriera. E il modo viscerale in cui si è legato alle squadre per cui ha militato lo hanno fatto entrare nel cuore dei tifosi più appassionati.
Il bomber dei gabbiani
Sono stati 3 i grandi amori nella carriera di Zamora: Brighton, West Ham e Fulham.
Tre momenti diversi, con differenti livelli di maturità, ma vissuti tutti con estrema passione e senso di appartenenza.
I Seagulls del Brighton sono i primi a credere nelle sue potenzialità. Lo prelevano molto giovane dal Bristol Rovers, e se lo tengono per 4 stagioni fino al 2003. Grazie ai suoi gol (76 in totale) una squadra con gravi problemi economici e priva di un impianto degno di essere chiamato tale (con il Withdean ancora provvisto della odiosissima pista d’atletica) conquista due promozioni di fila, giungendo fino alla Championship (la nostra serie B).
Un amore talmente grande da far ricongiungere Bobby con la squadra del sud del Regno anche al tramonto della propria carriera, in una stagione, quella 2015-2016, l’ultima per il bomber da professionista, da 7 gol in 26 gare. Giusto per chiudere lì, dove tutto era iniziato.
Esiste solo il West Ham
L’infatuazione con il West Ham nasce, invece, quasi per caso.
Gli Hammers lo notano mentre Bobby gioca con il Tottenham, unica vera grande occasione della carriera, sfruttata piuttosto male. È lui infatti, grazie al suo unico gol segnato nell’esperienza con gli Spurs, a estromettere la squadra, all’epoca allenata da Alan Pardew, dalla Coppa di Lega.
In pratica, i londinesi si innamorano del proprio carnefice. Un particolare caso di Sindrome di Stoccolma. E decidono di portarlo ad Upton Park in cambio di Jermain Defoe. Non se ne pentiranno affatto.
In maglia bordeaux-azzurra Zamora giocherà più partite di tutte le altre squadre in cui ha militato. Segnerà meno rispetto ai tempi di Brighton, appena 30 gol in 4 stagioni. Ma lo spirito Hammers lo pervaderà fin nelle più segrete viscere.
Tanto da rifiutare la convocazione per i Mondiali del 2006 per giocare, non con la nazionale dei Tre Leoni, ma con quella di Trinidad e Tobago, che il c.t. olandese Beenhakker ha clamorosamente portato alla rassegna tedesca.
Zamora, il cui papà è nato proprio nell’isola caraibica, dice no, troppo concentrato sulle sorti del West Ham per poter pensare ad altro. Beenhakker proverà anche a parlarne con Pardew, per provare a convincerlo. Ma niente da fare.
Un treno che, per di più, non transiterà una seconda volta. Zamora esordisce con l’Inghilterra nell’amichevole dell’11 agosto del 2010 contro l’Ungheria. Altri 90 minuti contro la Svezia, l’anno successivo. Poi più niente.
Con il c.t. Fabio Capello che, nonostante l’insistente pressione dei media, farà sempre finta di non vedere le prestazioni del bomber londinese, trasferitosi nel frattempo al Fulham.
Zamora al Fulham, il terzo amore
Già, il Fulham. Il terzo amore della vita professionale di Bobby.
A Craven Cottage torna a sentirsi la canzone di Dean Martin, lievemente rimodulata:
Con i bianconeri Bobby segna ancora, in Premier e in Europa. Ne sa qualcosa la Vecchia Signora della Juventus, che nell’Europa League 2009-2010 finisce fuori, nonostante la vittoria per 3-1 ottenuta all’andata, proprio contro il Fulham, trascinato dallo scatenato bomber.
Gol in apertura, per rinvigorire il coraggio. Espulsione procurata a Fabio Cannavaro e rigore guadagnato, trasformato poi con freddezza dall’ungherese Gera.
E pensare che sarebbe dovuto andarsene dopo solo un anno, con un trasferimento all’Hull City che attendeva solo i crismi dell’ufficialità. E invece ha voluto rimanere, per dimostrare a tutti chi è Robert Lester Zamora.
Un bomber che magari non passerà alla storia del football. Magari non sarà il giocatore più vincente di sempre. Magari avrà pure sbagliato delle scelte nel proprio percorso.
Ma un giocatore che ne ha sempre fatto una questione di cuore.
That’s amore. That’s Zamora.