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1985: l'anno nero del calcio inglese

Dal caos di Luton all’Heysel, fino alla rinascita post-Hillsborough: il 1985 trasformò il calcio inglese e diede origine alla modernità della Premier League.
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Quarant’anni fa si chiudeva l’annata più buia del calcio inglese. Dopo i successi europei dei primi anni Ottanta, disordini, tragedie e stadi insicuri misero a nudo un sistema fragile. La politica provò a reagire con durezza ma fu il popolo del calcio a costringere il movimento a cambiare pelle con coscienza e consapevolezza.

E mentre Freddie Mercury e i Queen incantavano Wembley al Live Aid, il 1985 arrivò come un fiume in piena. Sconvolse il calcio e presentò il conto a un sistema che tentò invano di nascondere i propri fantasmi.

Il dominio europeo alla vigilia delle tragedie

All’inizio degli ‘80 il calcio inglese vive un periodo di splendore. Il Liverpool domina in Europa, il Nottingham Forest di Brian Clough chiude un periodo epico con due Coppe dei Campioni consecutive. L’Aston Villa completa un ciclo irripetibile, mentre l’Everton vince titoli nazionali e una Coppa delle Coppe. Anche Tottenham e Ipswich Town conquistano una Coppa Uefa a testa.

Le vecchie terraces sono tra le più rumorose del continente mentre i giornali parlano di dominio pronto a durare decenni. Dietro la facciata, però, le crepe sono già visibili. Le splendide strutture progettate da Archibald Leitch – il “Michelangelo del calcio”, come lo definisce Carlo Cartacci in Londra e i suoi stadi (Urbone Publishing) – iniziano a mostrare il peso degli anni. 
Le prime avvisaglie non trovano risposte concrete. La cultura della prevenzione è debole, nel frattempo gli hooligans si prendono la scena

13 marzo 1985 La battaglia di Kenilworth Road

La prima resa dei conti arriva a Luton, nei quarti di finale di FA Cup. La BBC trasmette in diretta il match tra i padroni di casa degli hatters e il Millwall. La polizia fatica a contenere i tifosi ospiti e la partita parte con quasi 25 minuti di ritardo. E’ il preludio del caos.

All’80°, con il Luton Town avanti 1–0, un gruppo di hooligan dei Lions invade il campo. Lo stadio diventa un campo di battaglia. Gli scontri coinvolgono polizia, tifosi e persino giornalisti. L’arbitro chiude la gara in anticipo. La violenza prosegue fuori, con case e auto danneggiate. Il Millwall diventa ospite sgradito in tutti gli stadi. 

Il governo interviene, e Margaret Thatcher avvia il pugno duro contro la violenza negli stadi.  Luton è solo l’inizio, il sintomo di un anno destinato a cambiare il calcio inglese.

11 maggio 1985 La morte del 15enne Ian Hambridge

Al St. Andrew’s Stadium, nell’ultima giornata di Division Two, il Birmingham può guadagnare la promozione ospitando il Leeds United. La rivalità è forte e i gruppi ostili si fronteggiano con lanci e provocazioni, fin dal prepartita. La polizia a cavallo tenta di respingere i disordini, ma la situazione precipita in fretta.

Quando i locali segnano l’1–0, i tifosi invadono il campo e gli hooligan delle due squadre si affrontano senza sosta. Un muretto del settore ospiti cede e travolge tutti. Il quindicenne Ian Hambridge, tifoso del Leeds, muore per le ferite alla testa. 

Il dolore colpisce l’intera comunità calcistica, ma la giornata sta per diventare ancora più drammatica. A poco più di cento miglia un’altra tragedia sta per consumarsi.

11 maggio 1985 Bradford: il fuoco al Valley Parade

Lo stesso pomeriggio Bradford vive uno dei momenti più tragici della storia del calcio. Una scintilla scatta sotto la tribuna in legno. Le fiamme divampano in pochi secondi. I tifosi cercano di fuggire, ma molte uscite restano bloccate. Cinquantasei persone muoiono in un dramma che sconvolge il Paese. Non ci sono scontri, non ci sono hooligan: c’è solo un impianto vecchio, materiali altamente infiammabili e norme di sicurezza ignorate per anni. 

Bradford scuote l’opinione pubblica e la gente non accetta più compromessi sulla sicurezza. E mentre si piangono i morti del Valley Parade, nessuno immagina che, di lì a pochi giorni, un’altra ferita ancora più profonda sta per aprirsi. Stavolta sotto gli occhi di tutta l’Europa.

29 maggio 1985 Bruxelles: la notte dell’Heysel

La finale di Coppa dei Campioni oppone Juventus e Liverpool, simboli del calcio europeo anni Ottanta. L’Heysel, vecchio e logoro, accoglie migliaia di tifosi. L’assegnazione assurda della UEFA di quello stadio e l’incompetenza del servizio d’ordine belga preparano la tragedia.

Alcuni biglietti del settore Z finiscono ai tifosi juventini, proprio accanto alla frangia più estrema dei Reds. Prima della gara, alcuni inglesi abbattano la recinzione tra i due settori, scatenando una fuga improvvisa. La pressione sulla folla fa cedere un muro di contenimento. Gli spalti si trasformano in un inferno di calca e terrore. Trentanove persone muoiono, decine restano ferite. 

Bruno Pizzul, in collegamento televisivo, annuncia con voce incredula: «Una notizia che mi lascia sconcertato: è che la partita si giocherà.» La partita procede comunque, ma il clima resta irreale. Le immagini fanno il giro del mondo.  

E’ il punto di rottura definitivo. Organizzazioni calcistiche, Corona reale e governo inglese sono costretti a decisioni epocali.

Giugno 1985 L’autoesclusione dalle Coppe

L’Heysel segna il momento spartiacque del calcio d’oltremanica moderno. La UEFA esclude tutte le società inglesi dalle coppe europee per cinque anni, spinta dalla pressione del governo britannico. È, di fatto, un’autoesclusione.  

Nelle settimane successive cresce la sensazione che l’intero movimento affronti un sacrificio storico. Il calcio inglese resta fermo davanti allo specchio e deve ancora pagare un prezzo altissimo.

1989 - Il Taylor Act dopo Hillsborough

Quattro anni dopo, un’altra tragedia colpisce l’Inghilterra. Si gioca la semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest allo stadio Hillsborough di Sheffield.

E’ un’apocalisse: 96 morti e centinaia di feriti. Tutti schiacciati dalla folla che prova a salvarsi invadendo il terreno in gioco. In un primo momento le autorità accusano i tifosi. Le indagini successive dimostrano che la responsabilità ricade interamente sulla polizia e sul servizio d’ordine.

Hillsborough impone al calcio britannico una riforma radicale e porta all’introduzione del Taylor Act. Gli stadi diventano all-seater, con posti a sedere numerati. Sulle gradinate scatta il divieto di consumare alcolici. Abbattimento delle vecchie recinzioni perimetrali, quelle che per anni hanno imprigionato i tifosi. Si prova a cambiare volto al calcio in terra d’albione.

«La Premier che vediamo adesso, con quei campi stupendi e quegli stadi avvolgenti, è figlia del Taylor Act.» Così Federico Buffa, nel suo Storie Mondiali – 1990 Notti Magiche, fotografa l’evoluzione del calcio inglese, capace di trasformare un anno buio in un nuovo punto di partenza.

Cosa resta del 1985?

Il 1985 segnò nella memoria del calcio inglese l’anno in cui dolore e lutto squarciarono ogni illusione.  Stadi dal fascino unico ma con strutture obsolete, hooligans e scelte miopi delle autorità mostrarono un sistema al collasso. Fu la gente, con tenacia e orgoglio, a costringere i poteri forti a cambiare volto.

Dai nefasti di Luton, Birmingham, Bradford e Heysel nacque una nuova consapevolezza. E quell’anno sventurato, segnato dalla morte tra le terraces, vide il popolo che aveva inventato il foot-ball rialzarsi. Fiero e indomito, si preparò a scrivere un nuovo destino, rinascendo dalle proprie ceneri.

Racconto a cura di Giuseppe Vassallo

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